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I nuovi prof un anno in prova. E il preside diventa sindaco

Selezione, risorse, materie: tutti i nodi della riforma della scuola

07/01/2015
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Corriere della sera

Orsola Riva

Di rinvio in rinvio, la grande riforma della scuola di Matteo Renzi dovrebbe finalmente vedere la luce alla fine di febbraio. Lo ha annunciato il premier due giorni fa. Gli ingredienti sono noti. Primo: assunzione in blocco di quasi 150 mila «precari storici». Secondo: introduzione del merito: a essere valutati non saranno più solo gli studenti ma anche i prof e il loro stipendio varierà di conseguenza (ma su quali basi e chi darà loro le pagelle è ancora tutto da chiarire). Terzo: potenziamento di alcune materie — arte, musica, informatica, inglese — e più ore per laboratori e stage in azienda. Ultimo ma non ultimo — Renzi ci ha messo la faccia fin dal suo insediamento — l’edilizia scolastica. Tutti ingredienti più che «buoni» sulla carta, ma basteranno a mettere davvero in sicurezza la scuola italiana e i nostri figli? I nodi da sciogliere sono ancora tanti. Vediamo i principali.
Stabilizzazione dei prof
I 150 mila neo assunti saranno tutti all’altezza del ruolo? Molti di loro (uno su cinque) non insegnano più da anni, altri hanno abilitazioni per materie ormai uscite dai programmi. L’allarme lanciato dagli esperti è stato raccolto anche dal governo. «Forse dal piano di assunzioni — ammette il sottosegretario Davide Faraone — si potrebbero escludere i docenti di materie non più utili come la dattilografia». E tutti gli altri? Bisognerebbe formarli. Sì, ma con quali soldi? E allora ecco che si profila una soluzione più drastica: il cosiddetto anno di prova previsto per legge ma finora solo sulla carta. «Quell’anno deve diventare decisivo per la permanenza dei neoassunti», taglia corto Faraone. Più facile a dirsi che a farsi: come non immaginare la valanga di ricorsi da cui sarebbe sommerso il ministero?
Gli esclusi
Se è vero che l’assunzione dei precari storici è stata pensata per sanare un’ingiustizia, in realtà ne apre un’altra. Ci sono infatti decine di migliaia di prof (circa centomila) che prestano servizio nelle nostre scuole ma sono rimasti tagliati fuori. Loro dovranno aspettare il concorso del 2016. Unica concessione al vaglio del governo: una «quota riservata» dei 40 mila posti in palio.
Il merito
È la vera incognita della riforma. Nel testo della Buona Scuola si era ipotizzata l’eliminazione tout court degli scatti di anzianità per un sistema in teoria incentrato appunto sul merito in realtà alquanto arbitrario: scatti ogni tre anni a due prof su tre, i «migliori» di ciascuna scuola. La norma è saltata, gli scatti di anzianità sono tornati al loro posto (anche se Faraone precisa che sullo stipendio peserà molto di più la quota premiale legata al merito) e soprattutto non è chiaro chi valuterà cosa. Su tutto il sistema, però, dovrebbe vigilare il preside, nuovo «sindaco della scuola».
Nuove materie
Va bene puntare su musica, storia dell’arte ed educazione fisica (20 mila nuove cattedre) e pure sul «coding» (la programmazione informatica tanto sbandierata anche se ammonta ad appena un’ora di lezione all’anno) ma com’è che nessuno si preoccupa dei pessimi risultati dei nostri figli in italiano e in matematica? «I dati Invalsi e Ocse dicono che i ragazzi italiani non sanno leggere: dovrebbero maneggiare non solo testi letterari ma anche scientifici, mentre noi continuiamo a insegnare loro a contemplare i libri, non a capirli. Molti dei problemi in matematica hanno origine nella difficoltà di lettura: spesso i risultati peggiori i ragazzi li danno non sulle domande più ostiche ma su quelle che hanno una forma meno scolastica», dice il professor Matteo Viale, docente di linguistica italiana all’Università di Bologna. Bisognerebbe adottare una nuova didattica trasversale, ma di didattica nella Buona Scuola di Renzi non si parla proprio.
Scuola-lavoro
Altro mantra del governo che più volte ha detto di volersi ispirare al cosiddetto «sistema duale» tedesco, anche se nella legge di Stabilità sono saltati i 10 milioni che dovevano servire a raddoppiare le ore di alternanza. Vedremo nel decreto di fine febbraio. Con una avvertenza: l’Italia non è la Germania ed è bene che il governo vigili sulle storture già in atto (vedi i 2.700 studenti del Centro-Sud che venivano sfruttati come manodopera a basso costo da alberghi e ristoranti del Nord proprio dietro lo schermo dell’alternanza scuola-lavoro).
Edilizia scolastica
Infine i muri, la grande scommessa lanciata da Renzi: un miliardo per 21 mila scuole. Tre i capitoli: #scuolenuove (rifacimento o costruzione di nuovi plessi), #scuolebelle (piccola manutenzione) e #scuolesicure (messa a norma e in sicurezza). Il più critico, al momento, è anche quello più importante: ovvero la sicurezza. A dicembre 500 sindaci hanno marciato su Roma perché, pur avendo già effettuato i lavori, non erano ancora riusciti a riscuotere i fondi della prima tranche. Il governo conta di far partire entro la fine di quest’anno 1.600 cantieri di #scuolesicure ed altrettanti di #scuolenuove ed altri 15.000 per #scuolebelle entro primavera 2016. I conti, li faremo alla fine.