I precari della ricerca
Al Crea – la più grande struttura di sperimentazione sull'agroalimentare del Paese – si sperimenta anche grazie a lavoratori agricoli altamente specializzati. Molti sono a tempo determinato da oltre dieci anni. Per la Flc vanno stabilizzati al più presto
Stefano Iucci
Una storia che affonda le sue radici addirittura a fine Ottocento – con le stazioni agrarie – e che nel tempo l’ha portato a diventare la più grande struttura di ricerca sull'agroalimentare del paese. Stiamo parlando del Crea (il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria): dodici centri sparsi in tutta la Penisola, più di 2.000 dipendenti di cui circa 1.500 tra ricercatori e tecnici. Con una "dotazione" molto particolare: ben 60 aziende agrarie sperimentali collocate in tutto il territorio nazionale dove vicino ai ricercatori lavorano operai altamente specializzati.
Guarda il video a cura di Collettiva.it
Si tratta di una caratteristica molto originale nel sistema ricerca del nostro paese: in questi settori, infatti, non si può sperimentare e innovare senza il contributo sostanzioso e altamente specializzato di chi lavora nei campi e si prende cura degli animali, tra cui alcune specie di razza pregiatissima come i cavalli Lipizzani dell’allevamento di Montelibretti, vicino a Roma. E qui arrivano le note dolenti: mentre negli anni attraverso alcuni provvedimenti legislativi molti ricercatori sono stati stabilizzati, lo stesso non è avvenuto – come documentiamo in questo video – per tanti operai, quasi fossero una sorta di “figli di un dio minore” e non un anello insostituibile della catena di una ricerca all’avanguardia. Il contratto di questi lavoratori scade ogni anno: sono quindi costretti a partecipare ogni volta a un bando per essere riassunti, ma sempre con le stesse modalità. Alcuni hanno un'anzianità di servizio di dieci anni e oltre.
Si tratta di mungitori, carristi, operatori che devono gestire animali anche allo stato brado, semine di precisione, messa in campo di fitofarmaci e avere la capacità di usare macchine agricole anche complesse e così via.
Ma gli operai non sono solo in parte precari. Sono anche pochi: la loro quota negli ultimi anni si è dimezzata, nonostante che il lavoro sia rimasto lo stesso. Per questo i sindacati chiedono, utilizzando le risorse stanziate nella legge di bilancio 2021, di iniziare un primo, parziale, reclutamento di 100 unità.