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Il Campanile.La sfida: scommettere sull'autonomia scolastica

20/05/2005 LA SFIDA, SCOMMETTERE SULL'AUTONOMIA SCOLASTICA IL COMMENTO/ La giornata della scuola alla fabbrica del programma: la strategia sul tavolo dell'Unione di Daniela Silvestri* Dallo...

20/05/2005
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Il Campanile

20/05/2005
LA SFIDA, SCOMMETTERE SULL'AUTONOMIA SCOLASTICA
IL COMMENTO/ La giornata della scuola alla fabbrica del programma: la strategia sul tavolo dell'Unione
di Daniela Silvestri*
Dallo scorso febbraio, Romano Prodi ha insediato in un ex stabilimento industriale, alle porte di Bologna, il quartiere generale dell'Unione e l'ha chiamato "Fabbrica del Programma", spazio che, dal nome stesso, si qualifica come azienda "incubatrice" e produttiva di idee e di progetti, volta alla raccolta e alla discussione di spunti e di esigenze avanzate da movimenti o singole persone, particolarmente "vocata" all'ascolto delle principali categorie del Paese. Tutti, infatti, sono chiamati a dare una mano alla stesura di quello che sarà il programma elettorale per le elezioni 2006 e, in caso di vittoria, di governo. E' noto l' interesse che questo esperimento politico suscita perché coniuga l'idea antica dell'"agorà" democratica con un progetto architettonico e grafico di grande innovazione comunicativa, mirato al coinvolgimento e al contatto diretto con la gente: una buona idea al punto che Clemente Mastella chiede l'apertura di una sede della "fabbrica"a Napoli perché estenda la sua valenza di luogo simbolico che è dappertutto, focalizzandosi sull'attenzione vera portata dall'Unione alla realtà quotidiana della gente del Mezzogiorno. Sabato quattordici maggio scorso, la giornata dedicata alla scuola ha fatto registrare tutte le più significative presenze associative e sindacali del mondo scolastico, ma anche tanti docenti, genitori, studenti, parlamentari dell'Unione, rappresentanti del mondo accademico e del lavoro. Arrivati da tutto il Paese, molti dal Sud, proprio da Napoli. La comunicazione di Prodi è fin dall'inizio leggera, costruita veramente dal basso, un'attenzione mirata a ciascuno ed a tutti, davanti al computer portatile in cui annota, in sintesi, idee e richieste. Disarmante appare la sua semplicità ed umiltà nell'interrompere per chiedere chiarimenti, stupisce e coinvolge la sua sicurezza e la leggerezza nel dare le prime risposte e nel prendere impegni non contrattabili. Dalle dieci e trenta alle sedici, i presenti nel capannone centrale della fabbrica hanno lo stesso respiro, intervengono con tempi uguali per tutti, lasciano contributi scritti. Il coordinamento è affidato alla bravura di Albertina Soliani. La politica ascolta, in silenzio: primi tra tutti i responsabili scuola dei partiti. E' tempo di domande; le risposte verranno. Per tutti (anche coloro che all'inizio della legislatura erano di differente avviso) l'Unione diviene l'interlocutore della speranza. La Moratti continua a sbagliare, questo Governo sta facendo retrocedere la Scuola dalle conquiste degli ultimi anni e soprattutto sta diffondendo una concezione selettiva e mercantile dell'istruzione. Nell'arco della giornata si affrontano i temi salienti della vita scolastica: la didattica, il profilo professionale degli insegnanti, il continuo e fatale taglio progressivo delle risorse finanziarie destinate alla scuola, dall'edilizia scolastica agli organici, dal mancato supporto all'autonomia e all'offerta formativa, dall'assurdo smantellamento degli investimenti culturali, materiali e tecnologici alla riduzione del tempo pieno e delle attività di sostegno. Ma le critiche sostanziali si appuntano su tutto l'operato del Ministro Moratti. Rilevanti le preoccupazioni espresse sulla Riforma costituzionale e sui conseguenti rischi in campo scolastico. Numerose le richieste di abrogazione della legge 53 e dei decreti applicativi. Forte l'opposizione espressa sui decreti di abolizione dell'obbligo scolastico, in nome di un ambiguo diritto-dovere, privo delle garanzie di una solida cultura di base e di omogeneità sul piano nazionale. Molti docenti degli istituti professionali e dei tecnici rappresentano la situazione estrema precarietà di queste tipologie scolastiche penalizzate dalla legge 53. Molti docenti lamentano il neocentralismo, la burocratizzazione e la gerarchizzazione progressiva della figura docente degli ultimi quattro anni. Qualcuno, acutamente, rivendica con forza le riforme dei Governi di Centro-Sinistra, tutte le riforme della scuola ma in particolare la madre di tutte le riforme, il conferimento dell'autonomia agli istituti scolastici, e stigmatizzando alcuni "pentitismi" sulle riforme della scuola e sui leader che per esse si sono esposti, primi tra tutti il Ministro Berlinguer, chiede al Professore di impegnarsi per il pieno sostegno ed il rafforzamento dell'autonomia della scuola, puntando sulla qualità dell'insegnamento. Ricorda che la categoria stava metabolizzando lo stress dell'innovazione e ritrovando tutte le sue migliori energie, quando il cammino è stato bruscamente interrotto, prima per colpa dello stesso centro-sinistra, poi per l'azione subdola di sottofinanziamento e di ostracismo neppure troppo latente della destra. E fa richieste molto precise a Romano Prodi: "Tolga di mezzo le aberrazioni della Moratti e dia piena attuazione all'autonomia scolastica: non vogliamo aderire all'ennesima riforma caduta dall'alto"; "Serve il senso di una discontinuità"; "Dobbiamo ripartire dalla legge sull'autonomia e dotarla di risorse". Qualcun altro chiede invece di andare oltre e propone che "bisogna stanziare un punto in più di Pil per la scuola, che serve un piano pluriennale, almeno decennale: una riforma che così vivrebbero tutti, alunni, insegnanti e genitori". Ma ci sono anche voci discordanti. "Attenzione a non bruciarci subito, siamo stressati da troppo anni, compresi quelli di Berlinguer". L'autonomia è faticosa, implica responsabilità, autovalutazione, rendicontazione dei risultati, sana competizione sulla qualità, un nuovo profilo dell'insegnante meno cattedratico e più abile nella gestione delle tecniche di insegnamento-apprendimento. Meglio tornare al buon tempo antico, prima della riforma di Berlinguer, meglio abolire l'autonomia, quando alla scuola e agli insegnanti si chiedeva molto meno, c'era meno stress, nessuna progettualità, una scuola senza l'ansia della modernità, del collegamento al territorio, al mondo del lavoro. E questa asserzione conservatrice e reazionaria coincide con le rivendicazioni dell'estrema sinistra, quella stessa sinistra che intanto a Roma, in piazza Navona, lo stesso pomeriggio del 14, sancisce il divorzio nella manifestazione congiunta tra CGIL e Cobas. Questi ultimi, infatti, invocano battaglia all'interno del centro sinistra proprio sull'autonomia della scuola, per decostruirla, annullarla. Non la vogliono, non l'hanno mai voluta, ne temono le richieste di innalzamento degli obiettivi, affermando, e neanche troppo sotterraneamente, una vera e propria ideologia di rimessa, che giudica addirittura velleitaria la sfida per la qualità, l'ammodernamento e l'autodeterminazione della scuola pubblica. Ma Prodi non ci sta. Crede nell'autonomia della scuola. Ne sottolinea le potenzialità per l'evoluzione dell'istruzione e della cultura del Paese, intero. Ricorda che solo l'autonomia scolastica può essere perno di una riforma di sistema che permetta, tra gli altri, di superare annosi problemi. Fa presente che è necessario rilanciare i valori ed i saperi. Che, per far questo, sono necessarie parole d'ordine quali responsabilità, valutazione e rendicontazione dei risultati. Afferma che se l'Unione vuole davvero vincere, oltre la crisi quasi ormai scontata del centrodestra, non basta dire dei no, governare significa scegliere, prendersi delle responsabilità, rischiare che non tutti siano d'accordo, ma cercare di seguire una via di progresso e miglioramento. Ribadisce che serve un deciso aumento delle risorse a sostegno dell'autonomia e della scuola, ma non nasconde la sua preoccupazione sulla realtà del Paese. Tutto qui, niente di più e niente di meno. Ma è tanto. Serve un programma di governo alternativo per la scuola. Ci vuole una riforma, vera, giusta ed indirizzata nella direzione giusta. Non c'è un terzo sistema, e noi scegliamo quello dell'alto livello delle garanzie e della difesa dei diritti. L'atmosfera è di fiducia e di speranza. Adesso il Professore dovrà compiere il passo successivo con i partiti della coalizione. E lo sa bene. Bisogna lavorare a programmi di governo alternativi, ma soprattutto rinserrare le fila dell'Unione. Non sarà facile. Ma lavorando bene, con ragione e moderazione, si potrà fare, si farà.
*Responsabile Nazionale Scuola Università Ricerca dei Popolari Udeur