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Il Centro-Scuola mortificata

di Paola Bonifaci * Scuola mortificata Dopo la manifestazione del 15 maggio a Rom...

19/05/2004
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Il Centro

di Paola Bonifaci *
Scuola mortificata


Dopo la manifestazione del 15 maggio a Roma indetta dai comitati dei genitori, si prepara un altro importante appuntamento: lo sciopero nazionale per il rinnovo del contratto, previsto il 21 maggio. Tutte iniziative su un argomento, la scuola, cruciale evidentemente anche per il governo, che interviene con uno spot rassicurante ("La scuola sta crescendo") nel quale usa parole come aggiungere, moltiplicare, incrementare. Il problema è che dalle parole e dai principi si dovrebbe passare ai fatti, alle azioni congruenti.
Come possono, i bambini e le bambine di questo Paese, imparare di più andando a scuola di meno? Come fare se il tempo scolastico passa da 30 a 27 ore settimanali? Il nostro è l'unico Paese al mondo che ha ridotto l'obbligo scolastico, passando dai 15 anni ai 13 e mezzo. Mi pare inoltre di capire che i Tecnici e i Professionali diventeranno il ricettacolo degli studenti che non hanno voglia di impegnarsi nello studio, perciò ci si iscrive in massa ai Licei Classici e Scientifici, per essere poi, naturalmente selezionati con calma e finire doppiamente umiliati nel limbo del niente.
Anche in Abruzzo molti genitori cominciano a farsi qualche domanda su come orientarsi ed iniziano ad organizzarsi in coordinamenti, alcuni forse (per mancanza di fiducia nella scuola pubblica e per provre da subito quella privata) cominciano ad accedere mutui con le banche.
Altro ritornello ricorrente della Moratti, che riguarda gli insegnanti, è la valorizzazione della professionalità e della continuità didattica. E allora perchè ci rubano l'anima della corresponsabilità (nell'orientamento e nella valutazione degli alunni) con l'introduzione delle funzioni tutoriali per chi sì e chi no? Quel che si legge è un'organizzazione gerarchica del lavoro, accanto a divisioni nella funzione docente. Naturalmente di soldi in più neanche a parlarne. Per il ministro soltanto la "lezione frontale" ha la dignità di un lavoro vero, mentre una maggiore considerazione meriterebbe anche la flessibilità di un tempo, da dedicare a gruppi ristretti di alunni (per recuperi e approfondimenti) o alla sostituzione di colleghi assenti per brevi periodi. Peccato che le cattedre a 18 ore frontali interrompono proprio i rapporti di continuità didattica.
Da non dimenticare poi le carenze di organico. In Abruzzo, negli ultimi tre anni, si sono persi 808 docenti. In soli due anni il personale amministrativo, tecnico e ausiliario è sceso di 569 unità. Sono dati impressionanti che si commentano da soli. Meno ovvie, invece, sono le conseguenze sulla diffusione del servizio, sulla sua qualità e sulla garanzia del tempo scuola. In particolare, le aree interne dell'Abruzzo hanno sofferto di una significativa scomparsa sia di plessi per la scuola di base, sia di indirizzi di studio nella secondaria superiore. Aumenta però il numero degli alunni per classe, e in alcuni casi si superano i 30 studenti.
Molte scuole dell'infanzia e delle elementari, aperte per 8-10 ore al giorno, hanno un unico collaboratore scolastico in servizio, con pericolo anche per l'incolumità fisica dei bambini. Chi di noi, infatti, non abbasserebbe la soglia di sorveglianza dopo sei ore di lavoro passate con 25 bambini dai 3 ai 6 anni, da accudire anche nei servizi igienici e durante la mensa? Pratiche, giacenti dal 1990 negli uffici provinciali, vengono scaricate senza criterio sulle segreterie delle scuole, con meno addetti e già oberate di nuovi compiti.
Per concludere vorrei ricordare altre due vicende sulle vertenze territoriali: una riguarda l'insegnamento di strumento musicale nella scuola media, l'altra i numerosi alunni portatori di handicap. Nel primo caso abbiamo promosso una campagna per diffondere i corsi ad indirizzo musicale e in maniera più omogenea sul territorio (a Chieti l'insegnamento è presente in dieci scuole, mentre all'Aquila è presente in cinque scuole e a Pescara e Teramo in quattro), come pure non si hanno certezze che le prossime prime classi avranno l'indirizzo specifico, o se al contrario il servizio si interromperà (ne abbiamo già interessato le autorità locali e il ministero).
Sulla questione dell'handicap abbiamo una situazione esplosiva. Su una popolazione scolastica di circa 187 mila alunni, 4.000 sono bambini e ragazzi portatori di handicap: ovvero un alunno ogni 47, in una classe su due. Più aumenta il numero degli alunni per classe, più aumentano i portatori di handicap nella stessa classe e più si viola la regola che vorrebbe, tendenzialmente, le classi con ragazzi portatori di handicap formate da non più di 20 alunni. Lo sdoppiamento delle clasi, con la conseguente riduzione degli alunni per singola classe, diventa così un fattore imprescindibile per un'accoglienza dignitosa e civile, sia dell'alunno con handicap, sia degli altri studenti, nonché per la qualità del servizio e dell'insegnamento. Ma per questo occorrerebbero più insegnanti.
Troppe poche volte ho usato la parola "più", nè ho osato ripetere la parola "moltiplicazione". Temo invece che ci si trovi di fronte alla "controriforma delle sottrazioni e delle divisioni". Mi auguro che ai lettori venga qualche dubbio in più sulla bontà degli spot della Moratti.

* Segretaria regionale Cgil-Scuola