Il contratto è pronto, i soldi sono in arrivo
Martedì l'incontro con il sindacato
MIinistra Valeria Fedeli, lei un anno fa fu l'unica novità del governo Gentiloni. Centomila nuove assunzioni e tanti soldi, anche per l'edilizia scolastica, mentre la scuola era tutta in piazza contro il governo e la ministra Giannini. Pensa di essere riuscita a recuperare un rapporto o è stata una missione impossibile?
«Non c'è dubbio che sono stati fatti molti errori nella modalità con la quale si è arrivati a proporre la Buona scuola. Soprattutto sul lato del confronto e del dialogo sia con le parti sociali che con i docenti e gli studenti. Ho cercato di lavorare per rimettere al centro tutta la filiera della conoscenza come elemento importante non per uno schieramento ma per tutto il Paese».
Pensa d'esserci riuscita?
«La parte qualitativamente importante della Buona Scuola erano le otto deleghe. Ho proceduto per evitare che scadessero e le abbiamo riempite di contenuti. Quell'impianto qualifica la scuola italiana con obiettivi e visioni molto innovative. A cominciare dall'armonizzazione con l'Europa».
Quanti voti pensa di aver recuperato per il Pd?
«Non ho mai lavorato per il consenso, ma certamente una sinistra riformista che va al governo sa che le innovazioni e i cambiamenti non si fanno mai senza i soggetti che poi devono realizzarli. E non è una questione di metodo ma di contenuto. Senza questo le otto deleghe avrebbero visto, al momento della loro attuazione, manifestazioni di piazza che non ci sono state»
Non le è mai venuto il dubbio di occuparsi più di coloro che dalla scuola traggono uno stipendio e non di chi dovrebbe avere un servizio?
«Guardi, soltanto noi potevamo fare centomila assunzioni e poi averli contro. A suo tempo è mancata la capacità di dare una prospettiva e un senso ad alcune scelte. Noi non abbiamo messo al centro chi deve trovare occupazione, ma abbiamo recuperato il valore sociale ed economico della funzione docente che è decisivo per il futuro del Paese».
Però nella sua riforma è scomparsa tutta la parte valutativa dei docenti
«Hanno provato a farla saltare, ma c'è ed è solo accompagnata a tempi diversi».
Cioè?
«L'affrontiamo il prossimo anno. Come non sono saltati gli Invalsi. Sostanzialmente non si è perso tutto ciò che ci armonizza con la migliore tradizione europea».
Gli statali hanno avuto l'aumento con il rinnovo del contratto mentre per scuola e università?
«Ci vedremo martedì e lavoriamo per un rinnovo in tempi i più rapidi possibile».
Compresi i presidi?
«Certamente, lavoriamo per trovare una soluzione per tutto il comparto. La scuola, come tutto il settore del pubblico impiego, ha un contratto fermo da nove anni e dopo gli statali ora tocca a tutta la filiera della conoscenza. Nella legge di stabilità, come ha detto la ministra Madia, ci sono i soldi per i contratti e lo chiuderemo presto. Inoltre, per la valorizzazione del personale docente abbiamo costituito un fondo da 10 milioni per il 2018, venti per il 2019 e trenta per il 2020. Così come per i dirigenti scolastici l'armonizzazione con la retribuzione dei dirigenti della pubblica amministrazione grazie ad uno stanziamento di 90 milioni di euro».
Gentiloni ha detto che governerete sino marzo e forse anche dopo. Che farà?
«Oltre al contratto c'è il problema delle maestre diplomate. Tema antico che tocca a noi risolvere dopo la recente sentenza del Consiglio di Stato. Il 4 abbiamo una riunione e vedremo».
Che cosa pensa si possa fare?
«La sentenza del Consiglio di Stato, assunta in adunanza plenaria, non ha effetti immediati sulle situazioni giuridiche soggettive dei docenti diplomati. La decisione serve per uniformare i giudizi dei vari Consigli in vista delle future sentenze».
Quindi ora ogni singola maestra non laureata dovrà attendere una pronuncia che di fatto la metterà fuori?
«Ci saranno giudizi di merito su ogni singolo caso che dovranno uniformarsi alla recente pronuncia. Nell'attesa il mio ministero il 27 dicembre, attraverso la Direzione Generale della Scuola, ha istruito una nota per l'Avvocatura dello Stato per avere un'interpretazione sulla sentenza del Consiglio di Stato che si esprima anche sulle situazioni già consolidate. Vogliamo sapere come agisce sul pregresso e come agisce su tutti gli effetti dei singoli».
Ma non crede che sia un po' assurdo che decidano i tribunali chi può insegnare nella scuola?
«Condivido. La politica aveva deciso e scelto. E' dal 90 che è previsto che solo con il diploma di laurea si può accedere ai concorsi. Poi, attraverso sentenze, alcune contraddittorie, si è creato il caos ed un pregresso difficile da sistemare».
Il futuro?
«Un concorso per gli abilitati della scuola secondaria è stato già indetto. Un secondo bando verrà emanato a fine febbraio e riguarda chi esercita nella scuola da almeno tre anni. E poi partiranno quelli ordinari per laureati con la prova finale di accesso e mirati per esigenze territoriali e di competenze. In questo modo il nuovo sistema di reclutamento va a regime nel giro di un triennio e si interrompe, finalmente, la strada del precariato che ora era l'unica per entrare nella scuola».
Una delusione?
«La mancata approvazione dello ius soli per me è un vero rammarico per gli 800 mila giovani che sono nelle scuole e attendevano la legge sulla cittadinanza. L'8 gennaio porteremo nelle scuole la Costituzione italiana e ai ragazzi figli di immigrati che seguono un percorso scolastico, parlano italiano, giocano e studiano come tutti, dovremmo continuare a dire voi non siete cittadini italiani! Un vero dolore».
Marco Conti