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Il “maestro unico” é un corpo estraneo all’ordinamento della scuola primaria

di Osvaldo Roman

17/10/2008
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L’articolo 4 del decreto legge n. 137/08 stabilisce che nei regolamenti, di cui all’art, 64, comma 4, della legge 133/08, si preveda che ”le istituzioni scolastiche costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di 24 ore settimanali”. I medesimi regolamenti dovranno prevedere una più ampia articolazione del tempo scuola correlata alla domanda delle famiglie.

In queste formulazioni si nascondono una notevole quantità di contraddizioni che diventeranno via via evidenti nelle successive fasi di applicazione della normativa. Queste però possono essere fin d’ora sufficientemente delineate.

La norma in questione è stata formulata per dare una maggiore definizione e legittimità programmatica alla disposizione delegificante contenuta in materia nel citato articolo 4. Questo infatti prevedeva, per la scuola primaria, al fine di conseguire l’obiettivo di riduzione della spesa indicato nell’articolo 64 della legge 133/08 “ la rimodulazione dell’attuale organizzazione didattica”.

Le leggi che regolano l’attuale organizzazione didattica della scuola primaria risalgono al T.U. del 1994, alla legge 59/2004 e alla legge n. 176 del 2007 che ha reintrodotto il tempo pieno nella scuola primaria. Il piano programmatico previsto dall’articolo 64, comma 3 della legge 133/2008, e i successivi regolamenti possono modificare tali disposizioni di legge solo ed unicamente con riferimento a quanto indicato nelle norme generali regolatrici della materia presenti nel suddetto articolo 64 e nella fattispecie nell’art. 4 del D.L. 137/2008.

Tali norme generali si riducono a due indicazioni: la prima relativa alla riduzione dell’organico(un punto di più nel rapporto alunni docenti) la secondache aggiunge il maestro unico(con 24 ore settimanali di lezione) all’ordinamento esistente.

E’ un po’ poco invero per modificare la legislazione esistente in materia delegificandola ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge23 agosto 1997, n.281. Infatti questo articolo prevede che la legge che autorizza la potestà regolamentare del Governodetermini ”le norme generali regolatrici della materia”e disponga “l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari”.

L’articolo 17 che regola la delegificazione sembrerebbe dunque abbastanza chiaro. Ma nel nostro caso, come in casi consimili nel passato, la legge che prospetta la delegificazione non è in alcun modo chiara ed esauriente. Infatti le disposizioni legislative che regolano l’orario annuale delle lezioni, il team di tre insegnanti su due classi e il tempo pieno non vengono mai citate ne esplicitamente modificate o abrogate e la norma sul maestro unico, per come è stata proposta, si presenta unicamente come un modello aggiuntivo da perseguirsi per una riduzione del numero degli insegnanti.

Con un susseguirsi di decisioni del Consiglio di Stato e della stessa Corte costituzionale l’equilibrio, al momento raggiunto nell’applicazione della citata normativa sulla delegificazione, prevede che “le norme generaliregolatrici della materia” siano sufficientemente chiare e dettagliate e che “l’individuazione dell’abrogazione o della modifica delle norme vigenti”, superate dalla normativa delegificata, sia stabilita, non necessariamente nella legge di “delega delegificante”, quanto nei regolamenti che determinano anche la data dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Ovviamente tale individuazione dovrà riguardare solo le materie indicate dalle norme generali.

Nel caso della scuola primaria dunque solo con il relativo regolamento si potrà apprendere come si intende modificare la legislazione che attualmente regola tale comparto dell’istruzione.

Quello che attualmente è certo è che la normativa vigente sul tempo pieno non risulta in alcun modo oggetto della delegificazione e che quindi non potrà essere sostituita dallo spezzatino morattiangelminiano correlato ad una presunta domanda delle famiglie.

E’ evidente che tutto ciò dovrà verificarsi entro le norme generali regolatrici della materia ai fini della delegificazione che, allo stato della legislazione vigente, come si è visto, si riduconoa quanto stabilito nei commi 1 e 4 dell’articolo 64 della legge n. 133 e al comma 4 dell’articolo 4 del D.L. n. 137.

Il sentiero su cui si dovranno muovere i regolamenti, anche per le altre materie trattate nell’articolo 4 del DL 137, è dunque molto stretto e suscettibile di stravolgimenti del mandato delegificanteedelle conseguenti azioni legali.

Dico questo perché sarebbe assurdo ritenere che, considerata come norma generale regolatrice della materia quella di ridurre di un punto il rapporto alunni insegnanti, da questa possa discendere ogni e qualsivoglia modifica dell’ordinamento scolastico della scuola primaria.

Il Piano programmatico presentato già opera interventi su materie non previste dalla legge n.133: orario annuale delle lezioni, tempo pieno e moduli ed è prevedibile che i regolamenti sviluppino ulteriormente questa tendenza di applicare in maniera illegittima la delegificazione. Si tratta di una linea che occorre contrastare in tutte le sedi non esclusa quella legale.

Ma sussistono sull’argomento del “maestro unico”, oltre alle implicazioni di carattere generale ampiamente note e denunciate, molti ulteriori motivi di incertezza nell’ applicazione della normao di certa determinazione di effetti imprevisti.

Se ne possono elencare diversi. Innanzitutto quello relativo alla copertura finanziaria che non è stata quantificata in Parlamento e che a decorrere dal 2010-2011 sarà a carico delle risorse economiche ricavate con i tagli all’organico del personale della scuola( le spoglie degli ATA rifocilleranno i docenti?). Nell’anno scolastico 2009- 2010 i “maestri unici”, qualora istituiti, costeranno circa 200 euro al mese a carico dei fondi di Istituto delle singole scuole. Si tratta di somme sottratte alla “premialità” delle prestazioni stabilite dal contratto vigente per il personale docente e ATA. Si tenga presente, per comprendere l’enormità dell’evento,che il Ministro Gelmini aveva strombazzato ai quattro venti che con i tagli si sarebbe realizzata una non meglio precisata premialità. Invece accadrà probabilmente che con le premialità attualmente esistenti, per un anno almeno, saranno pagate le due ore di completamento (da 22 a 24 ore) dell’orario settimanale di lezione dei docenti e, come vedremo, spesso le due ore di insegnamento della RC o delle materie alternative. Successivamentele spoglie dei precari non saranno trasformate nelle fantomatichepremialità gelminiane ma serviranno esclusivamente a garantire i suddetti completamenti di orario. E’ molto significativo al riguardo che alla Commissione Bilancio della Camera non si siano voluti richiedere al governo tali costi.

Infatti la normativa contrattuale vigente prevede che “nella scuola primaria l’attività di insegnamento si svolga 22 in ore settimanali. Alle 22 ore settimanali di insegnamento vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l'orario delle lezioni. Nell'ambito delle 22 ore d'insegnamento, la quota oraria eventualmente eccedente l'attività frontale e di assistenza alla mensa viene destinata, previa programmazione, ad attività di arricchimento dell'offerta formativa e di recupero individualizzato o per gruppi ristretti di alunni con ritardo nei processi di apprendimento, anche con riferimento ad alunni stranieri, in particolare provenienti da Paesi extracomunitari. Nel caso in cui il collegio dei docenti non abbia effettuato tale programmazione o non abbia impegnato totalmente la quota oraria eccedente l’attività frontale di assistenza alla mensa, tali ore saranno destinate per supplenze in sostituzione di docenti assenti fino ad un massimo di cinque giorni nell’ambito del plesso di servizio”.

Una apposita trattativa sindacale dovrà integrare tale testo contrattuale.

Quello che sembra assolutamente certo, anche perché in tal modo si è voluta sino ad oggi interpretare la normativa concordataria, è che le due ore settimanali di insegnamento della religione cattolica devono essere collocate all’interno delle 24 ore. E’ anche certo che in molti casi si avranno per una classe solo due docenti quello unico e l’insegnante di RC. Questa circostanza pone ulteriori problemi che esamineremo in seguito. Con riguardo alle prestazioni e al relativo trattamento economico si presentano due possibilità prima non esistenti perche tali prestazioni orarie erano coperte dall’orario del Team.

Se il maestro di classe svolgerà, con la relativa idoneità, l’IRCegli svolgerà tutte le 24 ore di lezione e le due di IRC devono essere retribuite come aggiuntive con il fondo di istituto prima(2009-2010) e con le economie risultanti dai tagli dopo. Una premialità straordinaria!

Se il maestro non svolge l’IRC al suo posto interviene il docente di religione e il maestro può completare l’orario delle ventiquattro ore con l’insegnamento di materie alternative per gli alunni che non si avvalgono dell’IRC e che le hanno richieste, nella sua o in classi diverse. In questo caso per la prima volta dall’entrata in vigore del nuovo Concordato, nella scuola italiana, sarà possibile esercitare un diritto previsto ma fino ad oggi quasi mai garantito. Si tratta di un effetto collaterale, quanto mai positivo e sicuramente imprevisto, derivante da una normativa per ogni altro aspetto detestabile e rovinosa. Una premialità in questo caso veramente straordinaria!

Infine vale la pena di ricordare che il D.P.R. 16 dicembre 1985, n. 751 che, come modificato dal Decreto Presidente Repubblica 23 giugno 1990, n. 202 , regolamenta l’e secuzione dell'Intesa tra l'autorità scolastica italiana e la Conferenza episcopale italiana per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche al punto 2.7 prevede che “gli insegnanti incaricati di religione cattolica fanno parte della componente docente negli organi scolastici con gli stessi diritti e doveri degli altri insegnanti ma partecipano alle valutazioni periodiche e finali solo per gli alunni che si sono avvalsi dell'insegnamento della religione cattolica, fermo quanto previsto dalla normativa statale in ordine al profitto e alla valutazione per tale insegnamento. Nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall'insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale.”

Nel corso della conversione in Aula del decreto n. 137 i parlamentari celtici, raccogliendo le proteste che da ogni dove accompagnavano l’assurda regolamentazione della bocciatura per una insufficienza degli alunni della scuola elementare e secondaria di primo grado, ma ignorando sicuramente le conseguenze concordatarie della loro iniziativa, hanno richiesto e ottenuto dal PDL che per la scuola primaria la bocciatura dovrà essere decisa dall’unanimità dei docenti (si presume della classe).

Ora si porrà il caso, sicuramente non frequentissimo, del “maestro unico” accompagnato dal solo docente di religione cattolica. In tale caso la generosità del docente religioso potrà condonare l’alunno a rischio. Se costui non vi avvale dell’insegnamento di R.C. la bocciaturà sarà assicurata. Poiché il voto unanime non è previsto dalla norma concordataria la discriminazione di trattamento è evidente.

Nelle scuole secondarie invece, ove tale decisione deve essere presa a maggioranza, varrà la disposizione citata che prevede la trasformazione, in giudizio verbalizzato, del voto, qualora determinante, del docente di RC.

Ma quello che è decisamente più grave e che segna e conferma l’orientamento autoritario e antiparlamentare di questa maggioranza (anche per il federalismo i decreti delegati dovrebbero essere una esclusiva del governo) èil rifiuto di sottoporre all’esame del Parlamento i Regolamenti che attueranno la delegificazione in attuazione del piano dei tagli. L’assurdo risiede nel fatto che il Piano che contiene solo gli obiettivi generali derivanti dalla legge viene sottoposto alla Conferenza unificata e alle Commissioni parlamentari competenti i Regolamenti che modificano la legislazione vigente no!

Per fortuna almeno per la scuola secondaria superiore ci dovranno passare perché cosi lo prevedeva la legge n. 40/2007(Bersani) forse proprio su richiesta dell’allora casa della libertà.


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