Il Manifesto La maturità di stato
La maturità di stato Con un solo articolo della legge finanziaria la maggioranza di governo si appresta alla riforma dell'esame di stato, che la ministra preferisce chiamare "di maturità". La par...
La maturità di stato
Con un solo articolo della legge finanziaria la maggioranza di governo si appresta alla riforma dell'esame di stato, che la ministra preferisce chiamare "di maturità". La parte governativa si è limitata a informare le organizzazioni sindacali di categoria, che hanno portato a casa unicamente il magro compenso che verrà corrisposto ai professori che dovranno esaminare candidate/i delle classi "terminali" (per ricorrere alla dicitura in voga nel gergo trasteverino). Prima dell'incontro con il sindacato, neppure questo. Il governo si era limitato a fare qualche conto, e aveva constatato che basta anticipare di qualche giorno l'inizio delle prove di esame per ottenere un doppio effetto: garantire i giorni di ferie annuali spettanti ai professori e far svolgere le sessioni di esame in attività di servizio. In questo modo gli esami sarebbero rientrati nel lavoro ordinario.
I critici considerano evidente che il primo effetto della riforma morattiana sarà quello di agevolare oltre ogni limite gli esamifici. Dal momento che i presidenti inviati dallo stato nelle scuole private saranno uno per scuola, essi assolveranno al ruolo di commissario governativo: una figura storica grazie alla quale lo stato ha da sempre garantito la trasformazione in titolo di studio riconosciuto dallo stato dei pezzi di carta comprati. Può essere che un risultato immediato sia appunto questo, che sottintende il disegno di svuotare il titolo di studio.
E' tuttavia necessario guardare meglio e tentare di capire che è la figura del commissario ad essere cancellata dalla riforma. Il commissario era nella tradizione una figura esterna il cui tratto giuridico consisteva nel fatto che al suo arrivo ogni autorità scolastica locale era sospesa. La commissione d'esame recava con sé implicita la sospensione dell'autorità della scuola per la durata della sessione d'esame. Il che era giuridicamente del tutto ovvio: l'arrivo del gruppo dei controllori deve comportare la sospensione ipso facto del potere scolastico locale. Era la tipica procedura attraverso cui lo stato controllava se stesso - e che, come ogni controllo, poteva non andare esente da una certa asprezza. Dal momento che si trattava, per lo stato, di controllare scuola per scuola il grado di pertinenza del corso di studi seguito dai candidati. In questo modo il controllo statale era finalizzato all'assicurazione del carattere generale - non particolare, non eccentrico, non locale - dell'istruzione impartita e appresa in una scuola di un luogo qualsiasi. Tanto che alla logica commissariale apparteneva la redazione di relazioni riservate stilate dai presidenti (e ricomprendenti quelle dei singoli commissari) commissione per commissione. Proprio perché agiva in questo modo nei propri confronti, lo stato poteva inviare commissioni nelle scuole private che avevano preteso e ottenuto il riconoscimento. Ora tutto questo è stato cancellato da una maggioranza di governo che usa a vanvera l'aggettivo "liberale" senza conoscere Croce, e che con un solo articolo di legge ha ridotto la scuola secondaria superiore a una questione locale. E' infatti venuta meno la procedura per cui lo stato controlla se stesso. E poco importa che gli sciocchi argomentino che, dopotutto, nel nuovo sistema morattiano, le commissioni d'esame delle scuole statali saranno formate da professori statali. E' venuta meno la logica giuridica commissariale: per cui è del tutto evidente che quelle prefigurate da Moratti non potrebbero, propriamente, chiamarsi commissioni d'esame. Non essendo più operante il criterio della sospensione dell'autorità scolastica locale, è sostanzialmente - infatti - più plausibile che il corso di studi si concluda con uno scrutinio. Ragionamenti troppo sottili per le menti degli staff trasteverini?
Antonio Peduzzi