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Il Mattino: Noi, docenti precarie, trattate come numeri

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11/11/2006
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Il Mattino

RISPONDE PIETRO GARGANO

Sono un'insegnante precaria qualunque nell'affollatissima provincia di Napoli. Anzi, precaria dei precari, perché sono supplente temporanea. Quando squilla il telefono, io corro. Mi definisco precaria qualunque perché il signor ministro mi ha fatto sentire così quando ho letto nella nuova finanziaria l'articolo 66 che al comma 1 abolisce le graduatorie permanenti. Ci ha trattato come se fossimo nomi e numeri qualunque, che con un colpo di spugna vanno lavati via. È come se per legge si cancellasse una parte di me, della mia vita, rimettendola in discussione, facendomi sentire umiliata, sfruttata, tradita nelle speranze, nei sogni, nei progetti per un futuro più sereno da offrire a mia figlia. Un castello costruito sulla sabbia, portato via da un'onda anomala. Per anni ho nutrito la speranza che il mio iter professionale, sebbene lento, sarebbe sfociato nell'incarico annuale e poi nel ruolo. Le graduatorie permanenti garantiscono ciò. Una certezza nella precarietà. È così da anni, è vero, quindi si può capire la necessità di un cambiamento; ma quale altro percorso permette di accumulare un patrimonio di esperienza, umanità, competenza che nessun libro ti potrà mai insegnare? Che cosa faremo se saremo esclusi dalle immissioni in ruolo? Il viceministro Bastico ha detto che ci sarà un accompagnamento nel nuovo sistema dei precari esclusi. Ma cosa si intende per accompagnamento? Una lista-parcheggio? Un nuovo concorso? Mi sembra che ci sia notevole confusione e dunque si può immaginare anche in che confusione versiamo noi precari, tra speranze e paure. Come ci reinventeremo un'altra professione a 40-50 anni? Ma poi chi vuole una nuova professione? Io sono insegnante. Ho studiato, vinto concorsi e nessuno lo potrà mai cancellare. Non mi do pace, non trovo risposte rassicuranti. Tremo all'idea di non poter più esercitare più un lavoro che adoro e che tanto mi ha gratificato; all’idea di essere sacrificata alla legge dell'economia e del risparmio; all'idea che fra qualche anno sarò una ex maestra. Ex per legge. Monica C. - NAPOLI

In questa finanziaria la soluzione sarà hitleriana, con l'eliminazione fisica dei precari. Ho quasi 43 anni, sono docente precaria (il contratto scade il 30 giugno 2007) di educazione musicale nelle medie, emigrata nel freddo Nord per ottenere punteggio, senza neppure il doppio punteggio di montagna perché la mia scuola è 500 metri sopra il mare, e non i benedetti 600, lasciando figli e marito al caldo Sud. Senza speranza di ruolo entro il 2010, mi vedrò costretta a cimentarmi nell'ennesimo concorso, incalzata da freschi laureati. Pensate sia umano? Provate a chiederlo voi ai sindacati e al ministro Fioroni. A me non rispondono. Fausta D'Ambrosio - NAPOLI Sono un’insegnante precaria da undici anni. La mia storia è simile a quella di altri 300.000 insegnanti che vivono con angoscia, con il futuro appeso ad un filo. Dal 1996 al 2004 ho vissuto in simbiosi col telefono, nella speranza che squillasse per un giorno o una settimana o un mese di lavoro. Ho sempre continuato la formazione, a mie spese, per dare il meglio di me ed essere al passo con i tempi. Ho tentato di superare ogni disagio, dalla distanza della nuova sede all’inserimento, non sempre facile, nel nuovo ambiente di lavoro, senza farlo pesare a colleghi e alunni. Negli ultimi due anni ho ottenuto l’agognato incarico annuale e la mia vita è diventata un po’ più semplice, grazie alla possibilità di progettare l’azione educativa e formativa su un anno, per la mia tranquillità e soprattutto per quella dei miei alunni e delle loro famiglie. In queste ore però la prospettiva di un futuro migliore sta lasciando il posto ad un senso di angoscia e di impotenza. Il padre di un alunno mi ha chiesto: «Il prossimo anno sarà ancora lei l’insegnante di mio figlio? Dopo quanti anni di precariato si entra nei ruoli?» Non so cosa rispondere. Come faccio a spiegare che forse tra qualche anno la Stato mi darà il benservito? Quale ne sarà la ”giusta causa”? Maria Filardi - NAPOLI

Scongiurate l'abolizione delle graduatorie permanenti nel 2010. Informate l'Italia del dramma che saremo costretti a vivere. Una generazione di precari quarantenni sarà costretta a ricominciare o a perdere il lavoro dopo anni e anni di sacrifici. I nostri diritti? La nostra professionalità? Sono delusa, confusa. Aiutateci. M.M. - NAPOLI

«Il precariato è un problema molto serio. Mi auguro possa essere affrontato nella sede giusta, cioè in Parlamento.» Lo ha detto il presidente Giorgio Napolitano, schierandosi con i manifestanti (e non è la prima volta che lo fa). Il ministro dell’Università, Fabio Mussi, gli ha dato ragione: «La missione del governo deve essere quella di dar lavoro ai giovani e ridurre il lavoro precario nelle professioni intellettuali». Nell’attesa le Monica, le Fausta e le Maria tremano, a ragione.