Il Messaggero-PROVACI ANCORA, MINISTRO
PROVACI ANCORA, MINISTRO di LUIGI PEDRAZZI NON SO se le interessanti proposte di riforma del ministro Moratti giungeranno in porto. La materia scuola ha una sua grande difficoltà ad essere legife...
PROVACI ANCORA, MINISTRO
di LUIGI PEDRAZZI
NON SO se le interessanti proposte di riforma del ministro Moratti giungeranno in porto. La materia scuola ha una sua grande difficoltà ad essere legiferata; la storia della scuola italiana, dalla vecchia legge Casati in poi (1859!), conosce più tentativi di riforma che riforme arrivate in porto. Sono disposto a riconoscere che l'idea di accorciare un po' il tempo di formazione è cosa giusta. Non trovo sbagliato puntare sulla modernizzazione dei programmi, compresa l'esclusione del latino dal liceo scientifico. E, lo confesso, non ho nulla in contrario al ritorno del "voto di condotta" e, se deve esserci, che conti davvero.
Il problema è vedere poi se queste cose si possono realizzare, trovando un consenso significativo nella società scolastica reale, cioè negli insegnanti, negli studenti e nelle stesse famiglie. Accelerare, modernizzare, considerare rilevante la condotta, se '#8212; come lo stile Moratti fa pensare '#8212; deve servire ad accrescere la responsabilità e la concretezza, ha un suo costo, non piccolo: senza una volontà di partecipazione, senza finalità condivise, le riforme della scuola non si danno.
Non solo non funzionano dentro la scuola, ma neppure arrivano in porto in Parlamento. Non a caso, le due grandi leggi della scuola italiana (Casati nel 1859 e Gentile nel 1923) furono formulate da governi dotati di pieni poteri, a Parlamento chiuso per così dire, in circostanze eccezionali.
La capacità di fermare le cose, quando si tratti di porre mano davvero a processi riformatori, per la scuola, è altissima: per ragioni che si potranno considerare presto, anche a cominciare dal dibattito che si aprirà.
Condivisione delle finalità e autorevolezza e credibilità di chi legifera, sono due condizioni che forse la riforma Moratti, in partenza almeno, non credo possa dare per scontate. Il rischio è che, dopo molte discussioni nelle quali tutto si annacqua, ben poco delle intenzioni riformatrici si realizzi, si proponga con chiarezza nei testi legislativi che il Parlamento approva e, soprattutto, venga attuato nel vivo e nella coerenza di ciò che nella scuola si pratica. Qualche volta si sono cambiati i nomi, ma la sostanza dei comportamenti e delle pratiche non è mutata per nulla.
Va riconosciuto che l'attuale ministro ha un suo pensiero e una sua intenzionalità. Non so dire se le circostanze storiche e l'intensità della sua convinzione, cioè il contesto reale della politica che sta indicando, abbiano basi sufficienti per esprimere e incanalare le energie che un processo di riforma della scuola richiede. A cominciare anche dal voto di condotta che può ridursi a una barzelletta e a una finzione e che, se dovesse essere cosa seria, è in sé una rivoluzione non da poco.
Certo, non può "passare" e servire se la sua applicazione dovesse essere rifiutata e contestata dalla maggioranza di coloro che vivono nella scuola. Forse è più facile la riforma della giustizia. Se si penserà di praticarlo per via di mera autorità, senza rielaborazione e consenso dentro la scuola, i danni, le lacerazioni, gli sberleffi, prevarranno.
Non vorremmo stesse per cominciare il corso di formazione professionale con cui il ministro Moratti dovrà apprendere quanto è difficile cambiare la scuola italiana a partire dal solo dato di essere titolare del ministero che la governa.