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Il Piccolo-Ricerca senza fondi. Una riforma che umilia l'università

RICERCA SENZA FONDI UNA RIFORMA CHE UMILIA L'UNIVERSITÀ di Franco Belci Dopo la riforma del mercato del lavoro contro i lavoratori e quella dell'ordinamento giudiziario contro i magistrati, il ...

12/11/2005
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Il Piccolo

RICERCA SENZA FONDI
UNA RIFORMA CHE UMILIA L'UNIVERSITÀ
di Franco Belci
Dopo la riforma del mercato del lavoro contro i lavoratori e quella dell'ordinamento giudiziario contro i magistrati, il governo Berlusconi ha varato anche quella sullo stato giuridico della docenza universitaria, contro studenti, ricercatori, insegnanti. Dal gennaio 2004, quando il ddl fu varato in Consiglio dei ministri, esso ha raccolto via via la protesta unanime di tutto il mondo universitario, dagli studenti ai rettori, che hanno minacciato, un anno fa, le dimissioni in massa. Ciò nonostante, l'esecutivo ha continuato imperterrito il percorso, senza alcuna forma di confronto con i soggetti interessati.
I contenuti del provvedimento sono pochi, ma forieri di gravi danni. Infatti, sarà posto "ad esaurimento" il ruolo dei ricercatori, e coloro che vi sono attualmente compresi vedranno radicalmente diminuire le proprie possibilità di didattica e di ricerca, subordinate non a un percorso che valorizzi il merito, ma ai rapporti gerarchici dentro l'università e all'anzianità di servizio. I nuovi ricercatori saranno assunti come collaboratori "a progetto", ovvero si istituzionalizzerà anche all'università il precariato come forma ordinaria del rapporto di lavoro. I fondi necessari a finanziare la ricerca saranno ricavati - come ha spiegato alla stampa il ministro Moratti - dalla mancata sostituzione dei 20.000 docenti che andranno in pensione nei prossimi 8 anni. Per 8 anni cioè gli atenei dovranno scegliere se assumere nuovi ricercatori o mantenere un livello degno di ricerca.
Si tratta di interventi che non risolvono uno solo dei problemi dell'università, come ha dichiarato il presidente della Conferenza dei rettori. E che, abbinati ai provvedimenti previsti in Finanziaria, rischiano di demolire il sistema universitario italiano. Se la legge di bilancio ha concesso, lo scorso anno, una deroga alle assunzioni, vincolandole alle disponibilità finanziarie dei singoli atenei, quella di quest'anno prevede che tutti gli enti di ricerca non possano spendere, nel 2006, più del 60% di quanto speso nel 2003. Per le università questo vuol dire licenziare a casa qualche migliaio di ricercatori precari, in pratica uno su due, e ridurre di una quota corrispondente borse di studio e assegni di ricerca.
A questo si aggiungano i tagli ai fondi ordinari delle università (che spendono i 9/10 del finanziamento statale in stipendi), il blocco, da 46 mesi, del Ccnl della ricerca, e il ridimensionamento (ed il commissariamento) del Cnr. Ciò mentre tutti concordano sulla necessità di grandi investimenti su formazione, scuola e ricerca per garantire un futuro di competitività al Paese. Il governo dunque ha come obiettivo non l'autonomia della ricerca, ma il suo contrario. Intende, infatti, assoggettare anche scuola e università a una visione "aziendalista" della società, subordinata alla logica del profitto, priva di qualsiasi orizzonte culturale e formativo. Una prospettiva che, bloccando qualsiasi percorso di rinnovamento e rendendo ricattabili i ricercatori, perpetua baronie e rafforza potentati.
L'autonomia non è un valore accademico, è una condizione indispensabile al ruolo della ricerca nell'economia e nella società, tutelato come tale dalla Costituzione. Per questo la commissione Affari costituzionali ha espresso parere contrario al provvedimento. Per questo la Cgil condivide e sostiene le manifestazioni di studenti e ricercatori. Di fronte a un'arroganza che disprezza il ruolo della cultura e di tutti coloro che vi operano, come dimostrano anche i tagli allo spettacolo, non ci sono altre risposte possibili. Per questo quello della cultura sarà uno dei temi al centro della manifestazione del 25 novembre contro la Finanziaria.
Franco Belci
segretario generale Cgil

di Trieste