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«Il rischio dispersione aumenta le diseguaglianze Pagheranno i ragazzi»

Intervista. Anna Maria Ajello

25/01/2021
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Il Messaggero

Le lezioni che viaggiano online, i disagi della didattica a distanza e la paura per il futuro: professoressa Anna Maria Ajello, presidente dell'Invalsi, che cosa resta agli studenti di questa scuola investita dalla pandemia?
«Dal punto di vista dell'esito scolastico possiamo supporre che sicuramente ci saranno esiti insufficienti. E possiamo anche mapparli, purtroppo. Probabilmente emergeranno più problemi e lacune in determinate aree del Sud, come la Calabria, la Sicilia e la Sardegna. Quelle regioni che erano in difficoltà anche prima» .
Di cosa si deve preoccupare innanzitutto la scuola? 
«L'aspetto più preoccupante sarà la quota di dispersione scolastica. Nelle lezioni online ci sono ragazzi che non si connettono. La dad farà alzare la quota della dispersione che in Italia aveva iniziato a scemare. Purtroppo la parte più complicata e drammatica sta nel fatto che il costo della pandemia lo pagheranno i ragazzi delle classi sociali più svantaggiate. Se si abbassa la media formativa, va in crisi tutto il sistema. Non dobbiamo pensare alle singole eccellenze ma alla media nazionale».
In che senso?
«Esistono forti diseguaglianze sociali e la scuola le registra. Riesce anche a livellarle ma non in questa fase di emergenza. Ecco, credo che dovremmo aiutare la scuola a fare il suo lavoro».
Come ci si riesce?
«Dobbiamo individuare le lacune e organizzare il recupero. I test Invalsi servono proprio a questo: non con uno scopo punitivo ma di aiuto concreto. Possiamo intervenire dove ce ne è bisogno, con corsi di recupero anche attraverso il terzo settore. Coinvolgendo le associazioni nei corsi pomeridiani, non solo di studio ma anche di attività extra». 
È tardi per recuperare questi due anni compromessi? 
«No, i ragazzi della maturità faranno i test a marzo quindi potranno fare attività compensative prima della fine del corso di studio. Oggi gli studenti sono in emergenza, come se stessero al pronto soccorso: prima di uscire dall'ospedale devono passare alle cure di un reparto normale. Altrimenti rientreranno nella cosiddetta dispersione implicita, portando a termine gli studi con punteggi troppo bassi e restando incompetenti» .
I corsi possono funzionare in maniera così mirata?
«Certo, dove è stato fatto ha già funzionato: in Puglia ad esempio, con l'allora presidente di regione Vendola, vennero organizzati interventi nelle scuole coinvolgendo i docenti precari sulle materie che creavano difficoltà ai ragazzi. Gli esiti dei test sono migliorati. Erano ovviamente altri tempi, ora viviamo una situazione di emergenza e la scuola avrebbe anche bisogno di un bel cambiamento».
Che tipo di cambiamento?
«Credo sia arrivato il momento di apportare quelle modifiche della didattica che aspettiamo da 30 anni. Per cambiare il modo di fare lezione, serve anche cambiare la struttura delle scuole e delle aule. Esistono già esperienze innovative come la flipped classroom o la Scuola senza zaino. Con i fondi del Recovery possiamo ragionare ad una riorganizzazione profonda». 
Lo spazio c'è? 
«Sì, adesso parliamo di aule piccole in relazione al distanziamento ma non sarà sempre così. Una volta usciti dalla pandemia torneremo a parlare di calo demografico: è in corso da anni, quindi le aule ci sono per poter gestire diversamente gli spazi. Comincerei, ad esempio, dai laboratori».
Lorena Loiacono


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