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In aula con l'élite

Rette annuali da 20 mila euro. Per formare i rampolli di buona famiglia con ambizioni artistiche, dal design alla moda. E incassare utili in tutto il mondo.

19/07/2018
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L'Espresso

Sono le strade maestre ai lavori più ambiti la promessa di accedere al mondo scintillante della musica, dell'arte, del design. Per migliaia di ragazzi (66 mila, l'anno scorso) le accademie per i mestieri creativi sono il luogo dei sogni che contano. E costano. Perché anche in Italia le università di formazione allo spettacolo e all'arte sono sempre più nelle mani di privati capaci di offrire speranze e tirocini per rette che vanno dai cinque ai 20 mila euro l'anno. Le somme complessive versate dai genitori di studenti alle aziende dell'alta educazione creativa, per una laurea, sono passate cosi da 78 a 105 milioni di euro l'anno, stando alle ultime statistiche del Miur, che pure non sono complete. E gli enti autorizzati continuano a aumentare, in attesa di un decreto che è in buffering da ormai 18 anni. Mentre il sistema pubblico fatica a stare al passo, diviso fra eccellenze e incagli, gli istituti d'impresa stanno diventando così l'alfiere di un futuro che la politica continua a definire determinante per la ricchezza nazionale. Ma che rischia di restarlo solo per i pochi che se Io possono permettere.

Per capire i porti da cui le forze creative dovrebbero farsi largo, bisogna intanto orientarsi fra le sigle. E non è semplice. Se per gli studi dall'astrofisica all'archeologia c'è infatti una certa chiarezza statutaria (esistono gli atenei pubblici e quelli privati, stop), per il mondo dell'arte esistono ben otto diversi tipi di strutture riconosciute. Ci sono le accademie di belle arti, con 20 enti, i conservatori, 55, gli "ex istituti musicali pareggiati", 18, gli "Isia” per la grafica, 5, le accademie di belle arti private, altre 20, le scuole nazionali, 2, e infine il nuovo mondo degli "istituti Afam autorizzati", 25 indirizzi, privati in costante ascesa. Un groviglio di definizioni, interessi e burocrazie che nella scorsa legislatura si era provato a riformare, senza successo. II disegno di legge, richiesto a gran voce da ogni ministero e forza politica,

si è infatti incagliato tra i veti incrociati del settore. Ed è rimasto il patchwork.

«L'ultima riforma è del 1999», racconta Gigi Caramia della FLC Cgil: «Prevedeva un decreto attuativo mai arrivato». L'attesa è da poco maggiorenne, auguri. Nel vuoto legislativo, ogni ministro si è mosso come ha potuto. e voluto. «Nelle more della legge. nel giugno del 2016 il Miur ha pubblicato una semplice nota», continua il sindacalista. Nella nota stabilisce i criteri che l'Agenzia nazionale per le valutazioni dovrà seguire per distribuire nuove autorizzazioni, e permettere quindi a enti privati di riconoscere titoli di laurea. A leggere lo schema, osserva con L'Espresso un esperto dell'associazione indipendente di ricerca "Roars" non si trovano molti paletti. Si chiede conto di spazi, metrature, sostenibilità finanziaria e curricula dei docenti. Ma non ci Sono limiti. ad esempio, alla proporzione fra docenti di ruolo e esterni. Avere prof a chiamata è una forza nelle accademie, giustificata dalla possibilità di farsi insegnare un mestiere a chi lo fa. Ma può assumere consistenze ingombranti: all'Istituto europeo del Design di Milano i corsi sono tenuti da 19 docenti a tempo indeterminato. nove a termine e 586 esterni. Alla Naba, già diretta dal neo ministro ai Beni Culturali Alberto Bonisoli, ci sono 37 indeterminati e 225 esterni. Nella "nota" mancano anche riferimenti al diritto allo studio - e secondo le statistiche del Miur, ben pochi hanno alunni esonerati dalle tasse (la Scuola civica di Milano, l'Accademia di Moda di Firenze e quella di Napoli sono fra le poche). Non c’èdubbio che l'iniziativa del ministero però, abbia dato linfa al settore. Nel 2017 sono State autorizzate 10 nuove sedi, un record. Fra i neo arrivati ci sono piccole scuole come la "Duofin art" un milione di euro di fatturato nel 2016, oppure l'istituto Modartech di Pontedera. ma anche nuovi indirizzi per colossi come lo led, 53 milioni di ricavi l'anno. A far concorrenza, da parte pubblica. restano eccellenze internazionali come lo Iuav di Venezia per la moda, Brera a Milano per l'arte, i politecnici per il Design.

Ma anche privati che fanno scelte diverse: come Polimoda, che anziché una srl, è un'associazione no-profit, obbligata a reinvestire i ricavi nella struttura, fondata dal Comune di Firenze insieme al "Fashion Institute of Technology" di New York e alle associazioni di categoria. Alternative, su un tavolo su cui le poste per giocare però si stanno alzando.

Providence Equity è un fondo d'investimento sede legale alle Cayman e capitali gestiti per 57 miliardi di dollari. Uno dei suoi principali rami d'affari è l'educazione: suoi sono i brevetti "Padi" degli aspiranti sub, per esempio, o le "International School" che si trovano anche a Roma e Milano. Ma sua è, soprattutto, la Galileo Global Education, multinazionale che conta alcune delle più importanti accademie francesi, e italiane. Dal Lussemburgo, dove ha bandiera e portafoglio, la Galileo smista ogni mattina l'accesso alla conoscenza di circa 60rnila matricole. In un colloquio con "Le Monde", il suo presidente Marc François Mignot-Mahon spiegava come il farsi manager (Galileo possiede la "Paris School of Business") non sia più l'unico orizzonte per i ragazzi ambiziosi. Oggi l’immaginario di successo s'è spostato su altri lidi di maggior valore simbolico: arti applicate, creazione, alta cucina. È lì che bisogna investire, diceva. Il Suo programma ha convinto di recente i ricchissimi eredi l'Oréal: ad aprile la famiglia Bettencourt è diventata azionista della società. Ma i risultati erano già evidenti dalla campagna di acquisizioni portate avanti. Galileo dal 2010 proprietaria di Istituto Marangoni, una delle più famose scuole del lusso in Italia, con aule fino a Londra, Parigi, Shanghai, uffici a Singapore e Miami, dove ha da poco aperto un dipartimento. La Marangoni è una nave veloce nell'economia delle nuove ambizioni: ha chiuso il 2017 con 36 milioni di euro di fatturato, quasi cinque milioni di utili, alunni e corsi sempre in crescita.

Una miniera. per la controllante: in due anni l'accademia italiana ha distribuito al socio lussemburghese 13 milioni di euro di dividendi, presi direttamente e dalle riserve straordinarie. E gli atelier di taffetà Marangoni nel frattempo si sono espansi. con una sede a Firenze, autorizzata nel 2018 dal Miur.

Nel febbraio del 2017, attraverso Marangoni. la Galileo è diventata la principale azionista. con il 20 per cento di quote, della scuola di cucina "Alma", che a Colorno, in provincia di Parma, sforna i futuri chef italiani per 16mila e 500 euro l'anno. Cinque mesi in aula, cinque mesi di stage in ristoranti stellati. Ma il vero salto è stato a novembre: con l'annuncio dell'acquisto di Domus Academy e Naba.«Essere acquisiti da un fondo significa godere di piena libertà», ha spiegato il leader di Marangoni e suo stratega Roberto Riccio, in un'intervista sull'operazione: «Quello che interessa la proprietà sono solo i risultati, la gestione resta in mani italiane». E i risultati, assicura, non mancheranno: «Chi punta sulle scuole di moda sa perfettamente che il margine di crescita dell'investimento è altissimo. Si tratta, in media, del 20-40 per cento in più rispetto al capitale». È un ottimo investimento.

15-LUG-2018


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