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Insegnare bene, unica salvezza

Mila Spicola

31/08/2011
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l'Unità

Nelle ultime ore ho ricevuto quattro sms. Di Calogero, «bidello precario», che ha iniziato a Palermo lo sciopero della fame (ancora?) da mancato incarico. Di Marco, collega di francese dello scorso anno, che è entrato di ruolo a Reggio Emilia e sta preparando la valigia. Il gatto lo lascia a Palermo. Insieme alla mamma e alla fidanzata. Della mia preside. Anzi ex, in pensione dall’1 settembre: non saremo accorpati, non avremo un nuovo preside, ma un reggente. Di Alessandra «agosto china sui libri per il concorso e tu?». Il concorso per preside: «Tu non lo fai? Lo fanno tutti, prova. Insegnare è un inferno ormai». Quattro storie, quattro problemi: il precario, il prof che dal Sud va al Nord (chissà le maledizioni leghiste), le scuole senza presidi e gli insegnanti stanchi di esserlo. Mi ripeto davanti allo specchio che ho fatto bene: io voglio insegnare, nel bene e nel male «finché morte non ci separi», spero mai giunga. Sono anni che ripetiamo che «difendiamo la scuola statale», ora trasformiamolo in «miglioriamo la scuola». Abbiamo corso il rischio di diventare i paladini dei mali e della voglia di tornare indietro: «eliminiamo i tagli» non vuol dire che la scuola era una meraviglia prima dei tagli. Difetti e malamministrazione la riguardavano come ogni ambito della vita pubblica. La scuola deve cambiare, deve farlo per tutti noi. Deve aggiornarsi, puntare su qualità e professionalità, sul rigore e sulla professionalità. Con l’aiuto di chi «ne ha competenza» e non con «gli allenatori della domenica». Quelli della banalità dei «grembiulini» e del «siete troppi». Si torna a scuola ragazzi. Evviva. Insegnare bene rimane per noi, e anche per voi, l’unica via di scampo