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“Insegniamo ai bimbi a scardinare i ruoli preconfezionati”

intervista a Benedetto Vertecchi

30/06/2011
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La Stampa

«Qualunque fatto non può essere svincolato dal contesto culturale in cui si attua. E, forse, il caso della scuola materna svedese non è una semplice bizzarria». Ne è convinto Benedetto Vertecchi, professore Ordinario di pedagogia generale della terza università di Roma: «La Svezia, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare, ha avuto parecchi problemi nell’ultimo decennio di differenze di genere, nell’istruzione soprattutto».

A che si riferisce?

«Alle diverse, e inique, opportunità offerte a maschi e femmine. Un tema su cui, per fortuna, l’Italia appare molto più avanti della Svezia. Dunque, questa prassi educativa è mirata? Difficile dare giudizi così, a distanza, ma il collegamento viene spontaneo».

Che riflessioni le suscita questo innovativo percorso educativo?

«Non conosco la lingua del luogo, ma mi viene di pensare che le connotazioni di genere sono molto marcate in alcune lingue, come l’italiano, e quasi inesistenti in altre, come l’inglese: baby è baby sia che si tratti di un maschio o di una femmina. E la lingua è cultura, dunque un fattore per nulla trascurabile sul fronte anche della mentalità di un popolo».

Da dove dovrebbe partire, in un Paese come il nostro, un buon progetto educativo su questo tema?

«Dal recupero della manualità, del “saper fare”. Insegnare ai bambini giardinaggio, disegno, lavorazione di creta e materiali vari, attività creative che impieghino le mani e l’abilità corporea, li aiuta a scardinare i ruoli preconfezionati: i maschi giocano con i soldatini, le bambine con le bambole».

Come siamo messi?

«Piuttosto male. Stiamo facendo di tutto per deprivare i bambini di questa dimensione di relazione diretta con le cose. La scuola, poi, fa i conti con pochi mezzi, ma quando ce li ha li usa malissimo: molti istituti sono pieni di strumenti messi a prendere polvere. Il massimo che sappiamo fare è riempire la vita dei bambini di tecnologie che “mediano” la realtà tangibile».