«Insieme per la giustizia»: si comincia dalla scuola
Sciopero e corteo a Roma contro una manovra totalmente insoddisfacente per le lavoratrici e i lavoratori del settore. Stipendi, aule sovraffollate, precari: per il mondo dell'istruzione le cose non cambiano mai
Stefano Iucci
Quando in una legge Finanziaria si legge che per gli insegnanti italiani sono disponibili – oltre agli 87 euro stanziati dalla precedente manovra – 12 euro che andranno a premiare la “dedizione” di alcuni di loro, è chiaro che qualcosa non va. È evidente che è in gioco non solo una rilevante questione economica, ma il rispetto per una categoria che pure in questi anni di pandemia si è voluto incensare a colpi di retorica per il grande lavoro svolto. Questo economico è però solo uno dei motivi che hanno spinto Flc Cgil e Uil Scuola, insieme a Snals e Gilda, a proclamare lo sciopero generale per oggi (10 dicembre), con un corteo che parte a Roma dalla Piramide per arrivare al ministero dell’Istruzione. La mobilitazione apre di fatto la vertenza paese, con lo sciopero generale di tutte le categorie di lavoratori pubblici e privati indetto da Cgil e Uil per giovedì 16 dicembre per “chiedere un’inversione delle politiche del governo che sinora hanno ricalcato quelle neoliberiste degli ultimi venti anni, in cui a pagare sono stati lavoratori dipendenti e pensionati” e per il quale è stato scelto lo slogan esplicito di “Insieme per la giustizia”.
“La scuola, soprattutto in questa fase delicata, rappresenta un pilastro essenziale per la tenuta sociale e democratica del nostro Paese, ne rafforza la coesione e la giustizia sociale. Da parte del Governo occorre un segnale di attenzione vero e tangibile”. Così in una nota i segretari generali di Cgil e Uil Maurizio Landini e Pier Paolo Bombardieri. Per i leader di Cgil e Uil “le professionalità di tutti coloro che operano nella scuola sono indispensabili, la pandemia l’ha dimostrato, e vanno valorizzate attraverso un investimento vero, importante e non con spiccioli a dedizione, inoltre i precari vanno stabilizzati”.
“La battaglia delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola - affermano Landini e Bombardieri - fa parte di una più ampia battaglia che tutti insieme stiamo portando avanti contro una manovra insoddisfacente, in particolare su fisco, pensioni, politiche industriali, contrasto alla precarietà del lavoro”.
Lo sciopero, sottolineano i segretari generali delle due Confederazioni “è uno strumento di partecipazione democratica, uno strumento per incidere nelle dinamiche sociali, per far crescere la nostra democrazia. Insieme si può fare la differenza”.
I lavoratori della scuola pubblica dunque si fermano oggi 10 dicembre (il 16 toccherà a università, ricerca, scuola non statale e Afam) per nodi essenziali che riguardano non solo la propria professione, ma anche le condizioni disastrose in cui versa l’istruzione nel nostro paese. La questione retributiva è nota da tempo: a fronte di un divario di 350 euro con i colleghi degli altri paesi europei – ma la stessa cifra li separa più o meno dai pari livello della pubblica amministrazione italiana – la finanziaria prevede le sopra citate e che sono totalmente inadeguate: 87 euro, più 12, ma solo per alcuni “meritevoli”.
Come commentato da Francesco Sinopoli in un’intervista su Collettiva, “è la solita retorica che rappresenta la scuola come un covo di insegnanti fannulloni che vanno dunque spinti a competere tra di loro per un po’ di briciole. L’intento è molto chiaro e ripropone un’idea presente nella vecchia ‘Buona Scuola’, la legge 107”.
Sul tappeto c’è anche la questione dell’organico covid, utilizzato durante la pandemia per garantire le misure di sicurezza nelle scuole e per sdoppiare le classi troppo numerose e che è stato prorogato solo per i docenti, escludendo quindi il personale Ata, che pure è fondamentale per la pulizia e la sanificazione degli ambienti. Nulla di fatto anche sulla stabilizzazione del precariato, su cui siamo stati più volte bacchettati dall’Europa: tanti tavoli, discussioni, ma alle viste nessun provvedimento concreto, a partire da una riforma del reclutamento.
Anche sulle classi troppo numerose non è stato previsto alcunché, così come su temi apparentemente tecnici, ma fondamentali per il funzionamento della scuola e la dignità delle persone: le misure legate a situazioni professionali come quella dei dirigenti amministrativi facenti funzione, o attinenti al lavoro del personale come il blocco della mobilità per legge, invece che regolato per contratto, sono due esempi di misure che possono essere prese a costo zero.
Ad aggravare la situazione, il fatto che nel Patto per l’istruzione, siglato la scorsa primavera, ben 21 punti erano dedicati alla centralità della scuola e si promettevano interventi su molti di quei temi su cui il sindacato è ora costretto a scioperare. Uno sciopero, dice Sinopoli, la cui responsabilità è “tutta del governo stesso che ha fatto una scelta: disinvestire sulla scuola, così come è accaduto negli ultimi 15 anni, ma, a rendere questa decisione ancora più odiosa, è il fatto che arriva dopo due anni di pandemia e con tutta la retorica sulla centralità della scuola pubblica”.