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ItaliaOggi: Atenei pronti al cambiamento

Parla il presidente del Cun

05/08/2009
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ItaliaOggi

Benedetta P. Pacelli

Lenzi: la rivoluzione parte dalla nuova governance

«L'università risponde, l'università è pronta al cambiamento. E lo dimostra il fatto che il movimento di riforma in atto, seppure dibattuto, è condiviso dal mondo accademico che, però, non è più in grado di reggere l'immobilismo in cui è tenuto da anni». Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale, parla così dell'università italiana in un'analisi a tutto tondo, non solo all'indomani del pacchetto di provvedimenti appena varato, ma soprattutto alla vigilia di una stagione di riforme. E annuncia le novità in cantiere, come la revisione dei settori scientifico-disciplinari, su cui il Cun sta lavorando dopo richiesta del ministro dell'istruzione e università Mariastella Gelmini.Domanda. Partiamo da questa novità.Risposta. Alla luce della prossima riforma che riguarderà le procedure di reclutamento e progressione di carriera, la semplificazione della governance, la Gelmini ci ha chiesto una revisione e riduzione dei settori: da 370 li abbiamo portati a circa 190, ognuno di questi inquadrato, a sua volta, in circa 80 macrosettori. Con questo lavoro ci siamo allineati alle classificazioni standard internazionali della ricerca scientifica.D. Che cosa vuol dire in concreto?R. Unificare aree della scienza a volte piccolissime fino a ora completamente autonome. I nuovi settori saranno il riferimento per le procedure di abilitazione nazionale, per i concorsi locali e per l'attribuzione della didattica. Questo sarà garanzia di equilibrio tra le esigenze didattiche e di ricerca, le competenze dei docenti e una maggiore ampiezza del gruppo disciplinare che esprimerà le commissioni concorsuali. D. La Gelmini ha annunciato la riduzione dei corsi, quanto è stato frutto del vostro lavoro?R. Fin dall'inizio della riforma il Cun ha indicato delle linee guida che, in collaborazione con gli atenei, hanno già ridotto il numero di corsi di circa il 20%. D. Solo pochi giorni fa il ministero ha reso noto un primo ranking italiano delle università suscitando grandi polemiche. Che cosa ne pensa?D. Che non è una graduatoria di qualità delle università: ci sono atenei che nelle classifiche internazionali fanno grande il nostro paese e che qui sono collocati in fondo alla classifica.D. Come è stato possibile?R. Sono stati utilizzati indicatori non sempre adeguati a valutare la complessità del sistema universitario italiano dove sono presenti differenze che non è possibile analizzare con un'unica tipologia di parametri né con un'unica graduatoria.D. Quindi?R. Credo che sia opportuno modificarli tenendo conto della specializzazione, della dimensione, della collocazione regionale, comparando in questo modo atenei simili e favorendo una premialità corretta.D. Favorevole comunque alla quota premiale e alla valutazione?R. Assolutamente sì. Anzi, secondo il Cun, la quota premiale andrebbe aumentata, non per punire le università ma per giungere a un rapporto costo-beneficio corretto. Quanto alla valutazione gli atenei la chiedono da sempre. D. Nessuna riforma però salverà l'università se questa rimarrà senza soldi.R. Il problema delle risorse è il problema vero dell'università. Per questo bisogna capire se il paese ha la volontà di investire nel sistema universitario. L'università sta facendo la sua parte, ora sta alla politica fare la propria.