ItaliaOggi: De Mauro, sarebbe meglio bloccare tutto
Alla fine del secondo conflitto mondiale su 100 italiani 60 erano analfabeti, 30 avevano la licenza elementare e solo 10 titoli successivi. «In oltre mezzo secolo la scuola italiana, in realtà, ha fatto la sua parte.
Di Alessandra Ricciardi
Per spiegare il divario culturale del paese, nel corso del convegno organizzato dalla Fondazione Mondo Digitale nei giorni scorsi, Tullio De Mauro, linguista ed ex ministro della pubblica istruzione, ha proposto anche una lettura storica del fenomeno. Alla fine del secondo conflitto mondiale su 100 italiani 60 erano analfabeti, 30 avevano la licenza elementare e solo 10 titoli successivi. «In oltre mezzo secolo la scuola italiana, in realtà, ha fatto la sua parte. Oggi i numeri sono 11, 25 e 64. Ha preso i figli di una popolazione analfabeta, li ha portati a scuola, li ha portati alle superiori. Li ha rovesciati nell'università assolutamente impreparata a questo fenomeno. È tutto il resto della società che non ha fatto la sua parte, continuiamo a comprare un quotidiano a testa, come 50 anni fa. E continuiamo ad avere 2000 biblioteche su 10 mila comuni».
Domanda. Gli studenti italiani sono tra i meno preparati in Europa. Ora la Gelmini riforma la scuola per renderla migliore.
Risposta. Mi paiono tanti spot televisivi, senza nessuno sforzo culturale e pedagogico.
D. Secondo il governo alle elementari si deve tornare al maestro unico perché i bambini hanno bisogno di un solo punto di riferimento. E che il modulo dei tre insegnanti su due classi è servito esclusivamente a far crescere le cattedre.
R. Tremonti, il ministro dell'economia, non ha titoli per parlare. In realtà, la scuola elementare su cui hanno messo le mani ha dimostrato in questi anni di essere quella che funziona meglio. All'epoca dell'introduzione del modulo ci furono esperti seri e serie indicazioni politiche sul cosa fare. E poi ci sono stati investimenti per l'aggiornamento dei docenti e programmi rinnovati. C'è stata l'attenzione della società e della politica.
D. Perché riformare le scuole superiori è più difficile? Oggi sono quelle che funzionano peggio.
Risposta. Si discute di riforma della superiori dal 1969. Ci sono state tante proposte che si sono elise tra di loro. La scuola elementare è stata riorganizzata nel quadro di valori costituzionali condivisi. Riformare le superiori significa avere in testa un modello di società, sapere qual è lo sviluppo che vogliamo. Ci vuole grande energia intellettuale e morale per disegnare una nuova scuola superiore. Anche una classe politica più coesa e più soldi.
D. La scuola italiana non costa certo meno di quelle di altri paesi europei.
R. I bassi rendimenti vanno imputati anche alla società esterna alla scuola, che in questi decenni non ha fatto nulla per i propri giovani. E poi è una questione di priorità: il governo può decidere che è meglio avere 50 caccia superveloci in più piuttosto che mettere in sicurezza le scuole italiane.
D. Alla fine, la riforma delle superiori della Gelmini è rinviata di un anno e il maestro unico, per il 2009, è facoltativo. Il ministro vuole fare un percorso riformista condiviso con gli insegnanti e i genitori.
R. Mah, io penso che dietro il rinvio non ci sia nessuno sforzo per fare una riforma vera.
Dovremmo eleggere parlamentari competenti, che vogliono effettivamente una scuola migliore. Gli esperti vanno sentiti, ma le decisioni vanno prese dalla classe politica. Nella attuale fase, in attesa di nuove elezioni, sarebbe opportuno bloccare tutto. Meglio tutto bloccato che tutto sfasciato.