ItaliaOggi: La scuola salva il contratto. Forse
Dopo i no dei sindacati, il ministro della funzione pubblica lima il decreto sul lavoro nella pa. Sventato l'accorpamento, verso la conferma del comparto ad hoc
Di Alessandra Ricciardi
Non più 2 contratti per i dipendenti pubblici, al posto degli attuali 12, ma 4. E uno ad hoc per la scuola. Sono queste, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, le novità del decreto delegato di riforma della pa che già domani potrebbe essere inviato alle camere per i pareri delle competenti commissioni (si veda IO di sabato). Già, perché il via libera di venerdì scorso del consiglio dei ministri sarebbe stato subordinato alla «previa intesa con i ministeri competenti». Una formula che ha consentito al cdm di dire sì al provvedimento, attuativo delle legge sull'ottimizzazione del lavoro pubblico, e al tempo stesso all'autore del provvedimento, il ministro della funzione pubblica Renato Brunetta, di riscriverlo su alcuni punti. Per superare le contrarietà di alcuni ministri, ma soprattutto dei sindacati. Alla notizia dell'approvazione del decreto, infatti, Cgil, Cisl, Uil e anche l'Ugl, il sindacato vicino alla destra, sono tornati a compattarsi. Minacciando fuoco e fiamme, persino lo sciopero, ha ventilato la Cisl di Raffaele Bonanni. La scuola assieme all'università, conta quasi 1,3 milioni di dipendenti, il comparto più cospicuo del pubblico impiego. E sarebbe confluita, stando al progetto iniziale di Brunetta, in un comparto unitario con ministeri, afam, ricerca, agenzia fiscali e parastato. Contrapposto all'altro comparto, quello di sanità ed enti locali. In questo modo, l'opra di semplificazione di Brunetta avrebbe portato da 12 a 2 i contratti nazionali del pubblico impiego. Con drastiche ricadute, accusano i sindacati, in termini di rappresentatività per le sigle e di omogeneizzazione dei trattamenti, sia normativi che retributivi, per i dipendenti. La revisione degli accorpamenti a cui sta lavorando Palazzo Vidoni dovrebbe vedere invece attestare la riforma sui quattro comparti: il primo per il grande apparato dello stato, il secondo per scuola, il terzo per sanità, il quarto per gli enti locali. Quattro scansioni contrattuali i cui confini precisi potrebbero essere demandati all'accordo con i sindacati. Sindacati che sono tornati tutti assieme ad alzare la testa. A mettere per primo sull'attenti il responsabile della funzione pubblica, il sindacato guidato da Gugliemo Epifani, che ha parlato di «esproprio». «Ai due mega comparti sottende l'idea di eliminare le specificità delle amministrazioni. Ed è figlia del progetto di Brunetta di rilegificare settori come i codici disciplinari e la carriera, sottraendoli al contratto», spiega Mimmo Pantaleo, segretario della Flc-Cgil. Ma a pesare sulla retromarcia di Brunetta è stata la Cisl, finora molto collaborativa, che è arrivata a minacciare lo sciopero. «Il governo deve ripensarci, come può pensare di adottare gli stessi meccanismi di valutazione per insegnanti e funzionari ministeriali. Impossibile», ragiona il segretario della Cisl scuola, Francesco Scrima. «D'accordo che si deve semplificare, ma bisogna stare attenti alle logiche che si perseguono», avverte Massimo Di Menna, segretario Uil scuola, «perché dopo averle scritte le riforme vanno attuate. E allora bisogna confrontarsi per forza con i lavoratori». Ma che si faccia la riforma, nessun dubbio. Brunetta è arrivato a minacciare le dimissioni.