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ItaliaOggi: Scuola, perché le regioni dicono no

Ecco il parere messo a punto dai governatori sul piano programmatico Tremonti-Gelmini

21/10/2008
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ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

La riforma riduce il servizio e scarica i costi sugli enti locali

Il parere sul piano Tremonti-Gelmini è pronto. Un parere in cui le regioni smontano le ragioni della riforma della scuola. Accusando il governo di utilizzare, a giustificazione dell'intervento, anche dati vecchi o non corretti, dalla spesa per l'istruzione al numero di insegnanti per studente. Parere che giovedì scorso era stato portato in conferenza unificata stato-regioni-enti locali per il via libera. Ma che poi è stato bloccato. I toni della conferenza sono subito saliti, perché era di pochi giorni prima la notizia che il governo, con il decreto legge n. 154 sulla sanità (si veda Io di martedì scorso), aveva addirittura previsto il commissariamento delle regioni che non riorganizzeranno la rete scolastica (ovvero non chiuderanno le scuole sottodimensionate) entro il prossimo 30 novembre. La protesta si è levata dagli enti non solo di centrosinistra ma anche di centrodestra -per esempio la Sicilia di Raffaele Lombardo- che hanno lamentato da un lato l'invasione delle competenze regionali sulla rete scolastica e, dall'altro, i disagi che un ridimensionamento, come quello previsto dal piano programmatico, rischia di creare all'utenza. Una protesta vibrata -in cui sono stati evidenziati dal presidente dei governatori, Vasco Errani, i rischi di incostituzionalità delle norme sul commissariamento- che ha indotto il ministro per gli affari regionali, Raffaele Fitto, a prendere tempo: il governo si prende una pausa di riflessione. Dalla maggioranza parlamentare trapelano voci che vorrebbero che in sede di conversione del dl 154 al senato la norma sul commissariamento potrebbe saltare. Questo darebbe alle regioni un po' di fiato e di spazi per la manovra che stanno già avviando sulla rete scolastica. Le regioni, infatti, devono definire i punti di erogazione del servizio entro gennaio, in tempo utile per le iscrizioni del prossimo anno. Intanto, però, la pregiudiziale sul decreto 154 ha bloccato l'adozione finale del parere sul piano Tremonti-Gelmini, messo a punto dalla commissione degli assessori regionali dell'istruzione della formazione, presieduta dalla romana Silvia Costa. Dopo aver evidenziato che il piano riguarda competenze delle regioni, il documento evidenzia che «le argomentazioni addotte a sostegno delle decisioni già assunte, e il piano che si propone di adottare, per la loro scarsa consistenza e per la mancanza di riscontri documentali, finiscono per far emergere l'unico obiettivo esplicito e vincolante, quello dei risparmi». Si parte dalle affermazioni sulla spesa per alunno in Italia: non sono accompagnate dai relativi dati. E così non è chiaro se, quando il governo dice che la spesa è più alta della media dei paesi europei, sia ricompresa anche la spesa privata, oppure se ci si riferisca al 2003 o all'ultima rilevazione Ocse (dalla quale emerge invece che la spesa statale per l'istruzione è scesa dal 3,1% del Pil al 2,8%). E poi, per quanto attiene al rapporto insegnanti-alunni, il piano conteggia gli insegnanti di sostegno, ma non considera il minor numero di alunni previsto per le classi che hanno disabili. E ancora, bacchettano le regioni, il ministro dell'economia, Giulio Tremonti, non può pensare di migliorare la spesa riducendo le uscite che sono a carico dello stato (quelle per il personale assunto) senza tener conto delle altre spese correlate, come trasporti e mensa. Che sono a carico degli enti locali e che salirebbero nel caso in cui, riducendo le sedi scolastiche, ci saranno altri studenti da trasportare in scuole più lontane.