L’INERZIA come cifra di governo dell’Università italiana
Non si tratta sempre di INERZIA dettata da colpevole incapacità decisionale o da inettitudine organizzativa. A volte essa sottende uno specifico disegno, o meglio una tattica di governo ben precisa.
Mentre è ormai noto a tutti che nel nuovo governo tutte le risorse del Recovery Plan hanno istituzionalmente preso altre strade per concepirne l’utilizzazione nel prossimo futuro, il termine INERZIA (con le maiuscole) sembra contraddistinguere l’operato dei ministri che si sono succeduti alla guida del MUR in questo tempo di pandemia. Non si tratta sempre di INERZIA dettata da colpevole incapacità decisionale o da inettitudine organizzativa. A volte essa sottende uno specifico disegno, o meglio una tattica di governo ben precisa. Vediamo in rapida successione tre esempi di questa INERZIA, che potremmo essere tentati di descrivere, evocando un antico slogan che campeggiò sui cartelloni pubblicitari delle città italiane, come le tre I (-nerzie) di cui il MUR ha dato e sta dando prova, con rimarchevole continuità, nel mesto succedersi dei dicasteri Manfredi e Messa.
La PRIMA INERZIA riguarda quella che è ormai una poco divertente barzelletta su cui ROARS si è più volte intrattenuto e su cui i media italiani, pur così attenti alle vicende che riguardano la pandemia in atto (banchi a rotelle, forniture di mascherine, ritardi nei piani pandemici nazionali o nelle campagne di vaccinazione), continuano a non voler attirare l’attenzione dell’opinione pubblica. Parliamo del Bando speciale per i progetti di ricerca volti contrastare l’emergenza COVID. Il conta-giorni del ritardo segna ormai più di 230 giorni.
Questo è il tempo che è passato dalla data nella quale un ministero efficiente ed avvertito della eccezionalità della procedura avrebbe dovuto predisporre e divulgare le graduatorie per favorire l’impiego di risorse pubbliche per la ricerca in tema di pandemia, come del resto hanno fatto i principali paesi UE nel medesimo frangente. Non resta che rinviare il lettore alle amare considerazioni che abbiamo già formulato su questa assurda modalità di distribuire i fondi di ricerca che uno dei Paesi del G8 ha voluto mettere in campo per contrastare con l’ordinaria lentezza burocratica l’improvviso insorgere di una emergenza nazionale.
La SECONDA INERZIA è tattica e riguarda l’incredibile saga della Presidenza del CNR, il principale ente di ricerca pubblico del nostro Paese, su cui abbiamo già pubblicato diversi contributi. Al momento stiamo assistendo alla condotta dilatoria della Ministra in perfetta continuità con il suo predecessore Manfredi. Dopo aver dato fiato all’indomani della sua designazione alla pubblica dichiarazione che “in settimana nominerò il presidente”, qualche giorno fa, incurante di una petizione pubblica che ha superato le 3000 firme, Messa ha pensato bene di avviare una nuova procedura per selezionare chi ricoprirà questo ruolo apicale.
La Ministra ha introdotto, con avviso pubblicato solo in lingua italiana, una duplice novità: (1) non sarà formata una graduatoria nella rosa dei selezionati da rimettere alla scelta politica; (2) per il candidato ideale è più richiesto che «risponda a elevata qualificazione tecnico-scientifica [in precedenza era solo scientifica], attestata da particolari competenze ed esperienze professionali acquisite nel settore della ricerca nazionale e internazionale, ed evidenzi altresì comprovata esperienza gestionale nel settore della ricerca».
I nomi elencati nella graduatoria pubblicata dallo stesso MUR a seguito di una precedente regolare procedura restano lì a testimoniare – al netto di ricorsi giurisdizionali sempre possibili in casi del genere – il verificarsi di un odioso spoiling system politico. Che in Italia si declina sul metro della scelta della persona reputata “amica” dal decisore di turno, quella che potrebbe rispondere al placet di intrasparenti portatori d’interesse. A questo spoiling system sembra consegnata nel nostro paese la capacità istituzionale di identificare col metro della competenza scientifica il sommo studioso che, per caratura internazionale ed esperienze, sia ritenuto il più idoneo a guidare il principale ente pubblico di ricerca italiano.
La TERZA INERZIA si sta consumando silenziosamente, sottratta all’attenzione dei più, nell’unica istituzione (sopravvissuta alla visione gelminiana impressa al sistema universitario) che ancora esprime la flebile voce dell’autonomia accademica nelle vicende che governano l’Università italiana. Ci riferiamo al CUN. Il quale vive, per definizione, della sua capacità di rappresentare attraverso un mandato elettorale la voce di esponenti dell’accademia democraticamente eletti, secondo i tre ruoli e i 14 settori disciplinari nei quali è ripartito il ruolo della docenza universitaria.
Arbitro del sollecito svolgimento delle tornate elettorali periodicamente necessarie per garantire che il ruolo dei PO, dei PA e dei RU nei 14 settori disciplinari sia effettivamente rappresentato in quest’organo, affinché possa assumere a ranghi completi le decisioni che gli competono, è il Ministero.
Ebbene, in alcuni settori disciplinari, e segnatamente in quello di Area 12 (Scienze giuridiche), per pensionamenti o avanzamenti di ruolo che hanno interessato membri eletti, si sta manifestando una preoccupante INERZIA nel bandire le elezioni che dovrebbero designare i nuovi rappresentanti.
Sappiamo che le funzioni del CUN dopo la legge Gelmini sono per lo più consultive, ma esistono importati ambiti di competenza nei quali il CUN svolge ancora un ruolo decisionale decisivo. Uno di questi attiene alla revisione delle tabelle delle classi di laurea, che notoriamente disegnano il perimetro strutturale dell’offerta formativa impartita dagli atenei italiani. La definizione di questo tema deve rispondere a molteplici e delicati interessi e, nel contempo, appare cruciale per definire l’esercizio della libertà accademica in modo conforme a Costituzione. Sono scelte che contribuiscono a conformare, con lo scrutinio del CUN, ambiti di rilevanza disciplinare che impattano in modo decisivo non solo la didattica, ma anche, indirettamente, la ricerca scientifica in ambito universitario.
Accade che, mentre si discute di una revisione delle classi di laurea di Area 12, l’accademia delle scienze giuridiche continui ad aver voce nel CUN per il sol tramite della rappresentante eletta appartenente al ruolo dei RU, mentre gli altri ruoli della docenza (PA e PO) restano sguarniti ormai da mesi. Al Ministero si resta INERTI anziché indire le procedure elettorali, i cui termini di legge (due mesi, art. 1, comma 7, l. 16 gennaio 2006, n. 18) sono da tempo vanamente trascorsi.
È vero che la legge che disciplina il funzionamento del CUN all’art. 1, comma 2, prevede anodinamente che «la mancata elezione o designazione di uno o più membri appartenenti alle categorie di cui al comma 1, lettere b), c), d), e) e f), non comporta l’invalidità della costituzione dell’organo”, lasciando intendere a contrario che la mancata elezione o designazione di uno o più membri appartenenti ai ruoli della docenza universitaria determini l’invalidità della costituzione dell’organo, invalidando ovviamente a cascata le delibere assunte da un organo non validamente costituito per la mancata designazione dei membri previsti dalla legge. Ma, nel frattempo, il CUN non è messo nelle condizioni di esprimersi in modo pieno sul dibattito in corso, sullo sfondo di un quadro generale nel quale il PNRR annuncia grandi cambiamenti all’orizzonte che investiranno tutte le classi di laurea.
Elencata nella Mission 4 (Education and Research) del PNRR che è in corso di definizione e che a fine aprile dovrà essere presentata dal governo alle istituzioni europee, la riforma 3.4 (Reform of university degree groups) annuncia i suoi obiettivi, chi la realizzerà, chi ne sarà oggetto, tempi di realizzazione e costi.
Objectives: The reform foresees the removal of constraints in the definition of credits to be assigned to the different disciplinary areas, in order to allow the construction of teaching systems that strengthen multidisciplinary skills, on digital technologies and environmental field, as well as on soft-skills. The reform will also be extended to job-oriented degree classes.
Implementation: The program is managed by the Ministry of University and Research.
Target population: University professors, researchers and students.
Timeline: The reform will be implemented through D.M. to be adopted in 2021, for the application of updated teaching regulations starting from the academic year 22/23.
Costs: The estimated cost related to the RRF is equal to 0.
In questo contesto, ci sarà ancora una volta un nesso tattico che lega l’INERZIA ministeriale al processo di revisione delle classi di laurea di area 12, in modo che la riforma possa essere sviluppata e portata a compimento da qualcuno al di fuori del CUN, senza che la comunità scientifica possa compiutamente far sentire la propria voce istituzionale nell’organo di rappresentanza dell’autonomia universitaria?