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L’Inno di Mameli si studierà a scuola Protesta la Lega

Il Senato vara la legge. Gli studenti: siamo soddisfatti

09/11/2012
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La Stampa

 

FRANCESCA PACI ROMA
Alcuni alunni durante i festeggiamenti per il 150° dell’Unità d’Italia, che sarà celebrata il 17 marzo

All’inizio furono i calciatori. Dopo anni di polemiche sui campioni azzurri che smozzicavano incerti le parole dell’inno nazionale, gli Europei del 2012 hanno consacrato l’immagine di Buffon e Balotelli enfaticamente rapiti dalle patriottiche note. Ora la palla passa agli studenti. Ieri, dopo un lungo braccio di ferro con il Carroccio, il Senato ha varato in via definitiva (208, 14 no e 2 astensioni) l’insegnamento scolastico di Fratelli d’Italia e ha istituito la «Giornata dell’Unità della Costituzione dell’Inno e della Bandiera» il 17 marzo. D’ora in poi i versi composti nel 1847 dal giovanissimo Giuseppe Mameli e musicati da Michele Novaro dovranno essere insegnati, imparati e cantati in classe.

La legge, che prolunga idealmente il festeggiamento dei 150 anni dell’Unità con ciclici percorsi didattici sul Risorgimento, è stata duramente osteggiata prima e dopo l’approvazione del ddl dagli eredi di Bossi, coralmente polemici con un provvedimento definito in sequenza «retorico», «antistorico», «ideologico», «coercitivo», «illiberale» e «totalitario». Solo il segretario Bobo Maroni smorza un po’ i toni a fine serata, ironizzando che «quando si canta, purché non sia stonato, per me va sempre bene...». Ma a riecheggiare sono gli anatemi dissonanti del collega Paolo Franco contro «gli schiavi di Roma».

Il resto è plauso istituzionale. Il Pd loda l’iniziativa che, secondo Antonio Rusconi, affida alla scuola il compito solenne di «recuperare e rinnovare le radici di una Nazione, dei sacrifici compiuti e di quelli che si è ancora disposti a compiere insieme». Il Pdl si associa - ad eccezione della senatrice Diana De Feo, contraria come la maggioranza dei 24 rappresentanti leghisti - e affida al capogruppo Maurizio Gasparri (ex An) l’encomio di un voto che «riafferma i valori dell’identità nazionale» e rende omaggio a «una memoria finalmente condivisa». La materia è particolarmente cara ai fuoriusciti da Alleanza Nazionale come Gasparri ma anche come Giorgia Meloni e Ignazio La Russa che non esita a definire l’inno «parte integrante della nostra storia».

«Fratelli d’Italia» insomma, esce dagli stadi (dove viene alternatamente applaudito o fischiato) e entra nei sussidiari, ambizioso collante identitario per classi sempre più meticce.

Difficile immaginare che i destinatari disapprovino. «Siamo soddisfatti, i padani che si sono opposti all’approvazione del progetto di legge se ne facciano una ragione anche perché non è un testo difficile da imparare» afferma il coordinatore nazionale degli studenti Udc Filippo Pompei. Come lui si rallegra il Presidente Nazionale del Movimento Studentesco Nazionale Gianfranco Manco: «Questo atto politico arriva in un momento difficile per l’Italia che si confronta con egoismi sia sociali che territoriali».

Qualche critica al ddl si leva invece dal presidente dell’Associazione presidi Giorgio Rembado. Se non sui contenuti, certamente sul metodo «ottocentesco»: «Il fatto che il Parlamento si occupi dei contenuti dell’insegnamento è anacronistico e sbagliato. Non compete a Camera e Senato dire cosa bisogna studiare a scuola, ma piuttosto dare indirizzi strategici». Giusto dunque che gli studenti imparino le note di Mameli, molto meno che l'input si presenti nella forma di «legge dello Stato».