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L'OCSE promuove la valutazione italiana... anzi no (Un Profumo "smart")

restano molte questioni aperte che la sperimentazione non ha dissipato. Anzi.

08/12/2011
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ScuolaOggi

di Red Rom

Parterre delle grandi occasioni, quello allestito dal MIUR il 7 dicembre al CNR, a Roma, per parlare di valutazione di sistema, soprattutto dei progetti sperimentali che lo stanno implementando, e di ciò che l’Europa ci chiede nelle ormai famose domande n. 13 e 14 rivolte al Governo italiano, che riguardano direttamente la valutazione delle/nelle scuole. Il meeting ha dato anche il destro al neoministro Francesco Profumo per “esternare” la sua visione di scuola, alle prese con le inedite ma affascinanti sfide della società contemporanea, ma ancora attardata dai suoi annosi malanni.

Diciamo pure che la “vision” è forte: costruire una “smart” school (intelligente, elegante, efficace, forse risparmiosa..) in una “smart” city (una comunità che deve riscoprire la voglia di guardare al futuro e di coinvolgere tutti ad un più alto livello di cittadinanza).

Ma in questa sede non parleremo né di questo (non mancheranno i commenti, mano a mano che il disegno sarà “svelato”), né della piega che sta assumendo il dibattito sul sistema di valutazione, a partire dalle risposte che il governo italiano (il vecchio? Il nuovo?) ha inoltrato ai nostri commissari europei. Argomenti che meritano spazi più distesi e un supplemento di informazioni.

Qui ci concentriamo sull’oggetto specifico del seminario, che era la presentazione degli esiti della ormai famosa sperimentazione “Valorizza”, che ha coinvolto lo scorso anno 33 scuole italiane nella ricerca di meccanismi per individuare e premiare gli insegnanti migliori, anzi quelli con la migliore “reputazione”.  Va anche ricordato che è in atto, contemporaneamente, un secondo progetto sperimentale, denominato “VQS”, che è orientato invece a valutare le scuole, 77 nel campione prescelto, sulla base della misura del valore aggiunto negli apprendimenti dei ragazzi e di una osservazione diretta del modo di operare, compiuta da equipe coordinate da ispettori.

Del complessivo sistema nazionale di valutazione (SNV) in fieri, articolato su tre “gambe” (Invalsi, Indire, Corpo Ispettivo), ha parlato il Capo-Dipartimento Giovanni Biondi, che ne è in larga parte l’ispiratore. Il nuovo SNV, comunque, è già in Gazzetta (legge 10/2011 e legge 111/2011).



Com’è andata la sperimentazione?



Il progetto “Valorizza” ha coinvolto 33 scuole italiane, collocate in Piemonte, Lombardia e Campania, che “volontariamente” si sono impegnate in un percorso di valutazione interna (condotta da un nucleo formato dal dirigente scolastico e due docenti scelti dal collegio), per scegliere i colleghi considerati migliori, secondo il giudizio espresso dai genitori, dagli studenti (nelle scuole superiori) e (appunto) dai colleghi (oltre che dal preside).

Ciò è avvenuto attraverso un approccio definito “reputazionale” (chi sono gli insegnanti che godono di miglior fama in questa scuola?), di natura olistica (non si va a scomporre la professionalità in minute competenze, per poi ricomporle, ma si coglie l’insieme delle impressioni), affidato alle componenti interne della scuola (dunque una peer review), evitando di focalizzare l’attenzione sui test Invalsi (per cui non entrano in gioco i risultati degli allievi) o su un sistema di osservatori esterni (per cui non entrano in gioco i processi di insegnamento effettivo).

Tali aspetti sono stati illustrati dai ricercatori che più si sono dati da fare per validare il nuovo modello, come Luisa Ribolzi e Andrea Ichino, che ha messo in evidenza come i 2/3 dei “premiati” siano stati segnalati in modo condiviso dalle diverse componenti scolastiche (…ma il 40% dei docenti interpellati ha dichiarato di non fidarsi della valutazione dei colleghi).

L’operazione sperimentale si è conclusa con l’erogazione di un premio (una 14esima mensilità) a circa il 30% dei docenti che si erano sottoposti volontariamente a valutazione (i cui nominativi non erano noti). Dunque, in ogni scuola il gruppo docente si è sfilacciato in tre tronconi: il gruppetto di testa, in fuga solitaria; il gruppo di chi non ce l’ha fatta, all’inseguimento dei primi; ed il gruppone di chi non si è mosso (cioè non ha voluto partecipare alla sperimentazione). Sull’ammiraglia, il direttore di corsa (il dirigente scolastico) e due “decani” di prestigio (i valutatori).

La metafora ciclistica consente di fotografare bene le dinamiche che si sono messe in  moto nelle scuole sperimentali e che sono di estremo interesse, come ha ricordato il rappresentante di Bankitalia, Paolo Sestito (ente da un po’ di tempo insolitamente attento anche allo “spread” degli apprendimenti).

Se la valutazione delle prestazioni individuali serve per promuovere il miglioramento delle performances dell’organizzazione (ci scusino i lettori se ci attardiamo ancora con il lessico brunettiano), allora è necessario assicurarsi bene che le logiche della premialità selettiva (ed il progetto “Valorizza” è pienamente dentro questo schema) non creino un effetto depressivo nei confronti dei non premiati e comunque una perturbazione “forte” all’interno della comunità scolastica.

L’obiettivo, infatti, resta quello di promuovere e diffondere la qualità in tutto il sistema, con un dosaggio equilibrato tra accountability (parola magica che potrebbe essere tradotta in valutazione e rendicontazione pubblica dei risultati sulla base di controlli esterni) ed improvement (sviluppo favorito da strutture di supporto e di accompagnamento). E’ su questa linea che si è assestato al momento il nuovo Ministro, che però aggiunge un forte richiamo alla trasparenza delle informazioni che ogni scuola è tenuta a dare ai suoi utenti potenziali ed alla comunità, a partire dal momento delle iscrizioni.



La pagella dell’Europa



I responsabili dell’Ocse (Mad.me Barbara Ischinger) e del Ceri (Mr. Dirk Van Damme) hanno espresso grandi elogi per la sperimentazione italiana sul merito e la valorizzazione delle professionalità, dando atto della originalità della proposta (la stima della buona reputazione dei docenti), dei bassi costi e della praticabilità dell’operazione (svoltasi in tempi insolitamente rapidi), dell’affidamento all’autonomia scolastica del compito valutativo (evitando la messa in campo di uno stuolo di “professionisti della valutazione”), del notevole gradimento dei genitori (elemento da non sottovalutare, se il problema è quello di un recupero di credibilità della scuola nei confronti della società civile), del clima di empowerment mostrato dai partecipanti (soprattutto dai dirigenti scolastici).

Tutto bene, quel che finisce bene, dunque? Tanto da meritare una promozione sul campo? Inclusa la ripetizione dell’esperimento e la sua estensione? Così hanno chiesto con piglio il responsabile della Fondazione Treellle, Titti Oliva, e  della Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, Anna Maria Poggi, sponsor e supporter del progetto ministeriale.

La cautela è d’obbligo e il Ministro, saggiamente, si è astenuto dall’esprimersi sulla vexata quaestio. E, a guardar bene, leggendo in controluce tra le righe delle felpate dichiarazioni dei rappresentanti internazionali, restano molte questioni aperte che la sperimentazione non ha dissipato. Anzi.

Gli appunti, che valgono come esigenza di approfondimenti sinceri, riguardano:

-       la mancanza di standard professionali di riferimento, sulla base dei quali giudicare un buon insegnante;

-       l’eccessivo peso dato ai fattori contestuali, per cui resta il dubbio di un approccio troppo “localistico”;

-       lo spostamento verso una immagine “solitaria” del docente, quando le buone imprese di insegnamento sono certamente collaborative;

-       il premio alla carriera prestigiosa (tradizionale?) piuttosto che a giovani talenti emergenti, con scarsa visibilità per gli elementi di effettiva innovazione nell’insegnamento;

-       la scarsa ricaduta sulle dinamiche didattiche dell’intera scuola, perché è importante per i docenti avere un riscontro sulla qualità del loro lavoro (la ricerca internazionale Talis, 2008, lo testimonia).

Sono controdeduzioni di un certo peso, che non vanno sottovalutate, e che dovranno essere attentamente analizzate dai decisori politici, tanto più se si vuole –come è negli auspici di tutti – costruire un sistema di valutazione con gli insegnanti e non contro la scuola