L'Unità - Ferrovie e scuola in attesa dei metalmeccanici. Insomma è già "autunno caldo"
ECONOMIE Ferrovie e scuola in attesa dei metalmeccanici. Insomma è già "autunno caldo" di Giovanni Laccabò MILANO È già l'"autunno caldo": non strabolle e forse per questo motivo non tutt...
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Ferrovie e scuola in attesa dei metalmeccanici. Insomma è già "autunno caldo"
di Giovanni Laccabò
MILANO È già l'"autunno caldo": non strabolle e forse per questo motivo non tutti lo avvertono, ma già va salendo la scaletta rossa del termometro sociale agitato da lotte sempre più grandi. Prima lo sciopero bis dei ferrovieri, venerdì scorso il pubblico impiego, lunedì la scuola, venerdì 16 i metalmeccanici, il 19 gli aerei e a ruota lo scontro su pensioni, fisco e Libro bianco e l'articolo 18, temi su cui il governo cerca solo l'accordo di chi è d'accordo e con le deleghe osa sottrarre ai sindacati persino il diritto di parola prendendo a pesci in faccia anche chi gli ha dato corda come il leader della Cisl Savino Pezzotta. Tutte le vertenze da cui nascono gli scioperi di questi giorni sottendono problemi irrisolti che tirano in ballo il premier e i suoi ministri i quali possono far sbollire i conflitti oppure aggravarli. I ferrovieri, poiché dopo il loro sciopero del 29 ottobre il ministro Lunardi non ha battuto ciglio, proprio oggi sono costretti a tornare in campo per lo stesso scopo, una richiesta che sarebbe normale in un Paese normale, e che invece in questo Paese sembra un traguardo irraggiungibile: il contratto che deve regolare i rapporti di lavoro nell'epoca della liberalizzazione, ma che Confindustria rifiuta a vantaggio della deregulation dove prolificano dumping e business di cui si saprà quando avranno spolpato le parti migliori del pollo. Il governo benevolo non vede e non sente, come nell'odissea drammatica degli 11 mila addetti delle pulizie dei treni e delle stazioni, licenziati perché senza preavviso le Fs hanno aperto le gare al massimo ribasso stracciando i precedenti accordi che riconoscevano le clausole sociali. Stessa linea nella crisi del trasporto aereo: tutte le sigle sindacali, compresi autonomi e sindacati di destra, hanno proclamato una seconda tornata di agitazioni sperando che stavolta la terapia sia adeguata a guarire l'assordante silenzio del ministro Lunardi.
Non che i ministri di Berlusconi siano tutti malati di acusia. Non certo nel caso del pubblico impiego al quale, dopo lo sciopero di venerdì, il governo risponde non solo con l'ostinato silenzio sulla Finanziaria che non copre i rinnovi contrattuali, ma anche con la provocazione, con l'emendamento approvato proprio venerdì che blocca la mobilità volontaria, e che peraltro puzza come anticostituzionale. Sciopero riuscito, venerdì, con adesioni sopra l'80% che hanno sguarnito persino il Circo Massimo e Villa Borghese, ma poiché dal ministro non si avvertono aperture, i sindacati senza indugio nei prossimi giorni discutono quando e come tornare nelle piazze. È regola per tutti che la seconda volta il gioco è più duro.
Domani tocca alla scuola. Alle 10 tutti sotto le finestre del ministero per rispondere anche alla graziosa "letterina ai docenti" del ministro Moratti che annuncia megastanziamenti per la scuola, i quali altro non sono che risparmi reinvestiti, e tace sui megatagli di oltre duemila miliardi degli investimenti per nuove risorse e dei 30 mila posti di lavoro soprattutto tra gli insegnanti. E che piccona un pezzo di stato sociale privatizzando gli asili nido. Scioperano Cgil scuola, Gilda, Unicobas e Cub-scuola, un'ora sola la Cisl ma non lo Snals che accorda fiducia alla Moratti anche se non pienamente soddisfatto. Assieme allo scenario di guerra che mette la sordina sui temi sociali, rotture e dissensi tra sindacati sono l'altro elemento negativo che segna l'avvio dell'autunno caldo, soprattutto tra le tute blu che con il terziario sono il fronte avanzato dei lavori precari, e quindi dell'affermazione della nuova frontiera dei diritti dove è in gioco il futuro dei giovani, i nostri figli, e il tipo di civiltà del lavoro da costruire. Proprio quest'anno, quando grandi categorie come Filtea e Fiom celebrano il centenario, con la Lega di Bossi nel ruolo di punta, e Fini in cabina di regia, il duetto governo-Confindustria sta per sferrare il più micidiale attacco che, dopo il Ventennio fascista, abbia tentato di scardinare il sistema di diritti e garanzie e lo stato sociale conquistati in un secolo di fatiche e sangue dal movimento dei lavoratori nelle sue articolazioni, compresa la Cisl di Pezzotta. Venerdì 16 le tute blu della Cgil sono in lotta - e con loro migliaia di ragazze e ragazzi che per la prima volta caleranno a Roma per manifestare - non solo per un contratto rispettoso della dignità di tutti, perché cancella il trucco dell'inflazione che nell'accordo separato usurpa il posto dei profitti di settore, ma soprattutto per affermare diritti universali come la democrazia sindacale di cui anche il governo, lo voglia o no, sarà chiamato a rispondere.
Caludio Castelli
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