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La FLC CGIL è con Mimmo Lucano, senza se e senza ma. Ecco perché

L’articolo di Francesco Sinopoli, Segretario generale della FLC CGIL, pubblicato sull’Huffington Post.

03/10/2018
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L'Huffington Post

Siamo costernati e inquieti dinanzi al provvedimento della procura di Riace, che ha disposto la restrizione della libertà personale di Mimmo Lucano, sindaco di quel comune. Nonostante il rispetto che portiamo alla magistratura, il provvedimento appare abnorme e probabilmente non dettato dalle esigenze previste dal Codice Penale.

Attendiamo, tuttavia, che la giustizia faccia il suo corso con la massima celerità e il massimo rigore, nella certezza che Mimmo Lucano saprà uscire innocente da questa drammatica vicenda giudiziaria e umana, senza aver smarrito l’entusiasmo per quanto realizzato per la comunità di Riace, per la Calabria, per i migranti. Anche noi della FLC CGIL siamo con Mimmo Lucano, senza se e senza ma, e gli rivolgiamo l’abbraccio di stima fraterna che egli merita, e il sostegno concreto della nostra organizzazione.

Perché siamo con Mimmo Lucano? Perché la sua storia, il modello di accoglienza che egli ha messo in piedi - ossia, la trasformazione di un paese calabrese destinato all’abbandono e all’emigrazione in centro dinamico, multiculturale, e solidale - sono gli elementi che rendono la sua opera simile a quella di altri, fin dagli albori della civiltà giuridica europea.

Provo a spiegarmi meglio. Da Antigone ai giorni nostri, parte dell’umanità ha dovuto affrontare un enorme problema: cosa fare quando le leggi della città, della polis, sono contrarie al diritto umano, quando sono repressive e quando limitano la libertà? Antigone scelse di dare sepoltura a suo fratello Polinice dentro le mura della città, restituendogli la dignità che altrimenti avrebbe perduto, secondo le leggi della polis disposte da Creonte. Per questa trasgressione, Antigone venne imprigionata a vita in una grotta, dove però si uccise. Da venticinque secoli, Antigone è simbolo della lotta tra la dignità dell’uomo (o, se si vuole, l’obbedienza alle leggi non scritte) e le leggi della polis che la negano.

L’intero Novecento è stato attraversato da questa tragica disputa. L’età dei totalitarismi, come direbbe Hannah Arendt, si è alimentata delle leggi repressive della polis, contro ogni presupposto relativo alla dignità umana che lo precede. Ovunque, nel mondo, questa disputa ha creato eroi ed eroine che sulla loro pelle hanno tentato di abbattere leggi repressive, inique e lesive della dignità dell’uomo. Ne cito alcuni, solo a mo’ di esempio.

Nei primi decenni del Novecento, passando per le leggi razziali del 1938 e fino alla lotta partigiana, antifascisti ed ebrei hanno vissuto sulla loro pelle, e su quella dei loro cari, l’opposizione alle ingiuste regole della polis dominante. Basta rileggersi le lettere dei condannati a morte della Resistenza.

Dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti degli anni Cinquanta e Sessanta, la battaglia contro le leggi razziste produsse l’iniziativa di Martin Luther King. E in India, la lotta contro le caste e la povertà ebbe come simbolo del riscatto Gandhi. Nel Sudafrica dell’apartheid, le leggi inique della polis furono avversate da Nelson Mandela, che solo dopo 27 anni di ingiusto carcere riuscì a vedere vinta la sua battaglia. Difficile, infine, non citare la lotta che negli anni Sessanta vide protagonisti decine di giovani che rifiutarono di prestare il servizio militare, e per questo finirono in galera. Solo Don Lorenzo Milani, allora, ne comprese le ragioni profonde che risiedono in quella distanza tra le leggi non scritte della dignità umana e quelle scritte, malamente, della polis, e ne fece oggetto della lettera ai giudici, nella quale si legge che "l’obbedienza non è più una virtù".

Sono tutti esempi, tra gli altri, di come questo dissidio, nel Novecento, sia stato superato grazie al sacrificio e all’incrollabile tenacia di personalità straordinarie che hanno fatto la storia di liberazione, del mondo e di intere popolazioni e comunità. E l’hanno fatto in virtù di un precetto prezioso della non violenza: credo a tal punto in questa lotta di liberazione dalla pessima legge della polis, che sono disposto al carcere per salvaguardare i diritti e la dignità di ogni uomo. Esattamente come nel caso di Antigone, 2500 anni dopo la storia si ripete. Segno che il potere totalitario resta immutato, nonostante il divenire della storia.

La vicenda umana e politica del sindaco di Riace, con l’elaborazione e l’attuazione del suo straordinario modello di accoglienza, ricorda molto gli episodi di lotta nonviolenta del Novecento. La legge della polis, la famigerata Bossi-Fini, non consente forme umane di accoglienza e solidarietà e richiama il reato di favoreggiamento alla clandestinità quando si aiuta un migrante in difficoltà? Se la legge è iniqua, incivile (proprio nel senso che esprime una forma di barbarie), disumana - e la Bossi-Fini lo è - cos’altro resta da fare se non rischiare di trasgredirla o forzarla, qualora vi ricorrano le necessità? Persino quando si ricoprano incarichi istituzionali.

La verità è che il modello Riace aveva bisogno di essere sostenuto da una diversa legge della polis sull’accoglienza, aperta e inclusiva, mentre ha dovuto scontrarsi contro una legge repressiva, poliziesca, illiberale, e non inclusiva. Ma nessun Parlamento in questi anni ha voluto cancellarla, ed è questo che fa rabbia. Si poteva abrogare la Bossi-Fini, renderla inefficace, sostituirla con una legge della polis diversa e più solidale. E così, Mimmo Lucano è incappato in questa enorme contraddizione, e l’ha risolta secondo il modello di Antigone, scegliendo l’umanità e la dignità contro ogni inciviltà e barbarie.

E su Mimmo Lucano va aggiunta un’ultima e decisiva riflessione. Nel corso di questi anni egli si è impegnato a spiegare e raccontare il modello di Riace ovunque, ma soprattutto nelle scuole, a tanti studenti e a tanti docenti, presentando loro un modello Calabria alternativo rispetto alla vulgata che la vuole attanagliata dalla ‘ndrangheta e da altre organizzazioni criminali.

Così, se da una parte egli ha indossato con coraggio i panni di Antigone, testimoniando che "un’altra accoglienza è possibile", dall’altra ha ricordato al resto d’Italia che il sud cresce se segue i valori della solidarietà, della fraternità, dell’apertura, della comunità coesa. Esattamente quelli che la Costituzione ci indica. Mimmo Lucano è entrato nelle scuole, nelle istituzioni, nei centri sociali, nelle università per raccontare la sua vita e quella dei suoi concittadini di Riace, nella speranza che qualcuno ne comprendesse il senso di civiltà e lo sostenesse.

La sua è una battaglia per i diritti umani contro le leggi sbagliate della polis, diventando battaglia di civiltà comune, a cominciare dalle giovani generazioni di studenti. Per queste ragioni, tra le altre, noi siamo vicini a Mimmo Lucano e vorremmo esprimergli con queste righe tutto l’appoggio e la solidarietà che egli merita.