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La ricetta del rettore di Torino “Così ho abolito i test d’ingresso”

Gli studenti sostengono la necessità di eliminare i numeri programmati, ma senza la disponibilità dei professori non avremmo potuto farlo

03/09/2017
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la Repubblica

Jacopo Ricca

L’ultimo numero chiuso eliminato è quello per la laurea in “Servizio sociale”, quello che permette di diventare assistenti sociali. All’Università di Torino, dal 2013 ad oggi, però sono più di una decina i corsi dove il rettore, Gianmaria Ajani, ha tolto test d’ingresso: «Le nostre analisi evidenziano come i ragazzi che non riescono a entrare nei corsi a numero programmato poi si iscrivano a quelli accesso libero e ritentino l’anno successivo oppure lascino il Piemonte, con una perdita per il sistema economico. Togliere i posti contingentati serve a garantire il diritto allo studio».

Professore, la sua è una posizione politica?

«In alcuni casi il numero chiuso è motivato da esigenze specifiche, penso a quelli imposti a livello nazionale, come Medicina o Veterinaria, ma anche Farmacia a Torino. In altre parti d’Italia, come Lombardia, Veneto ed Emilia, se non entri da una parte puoi provare in un altro ateneo. Qui però solo noi e Piemonte Orientale offriamo una platea ampia di lauree, con il numero chiuso si limita la libertà di scelta dei ragazzi e li si costringe a emigrare».

Come avete fatto a eliminare il numero chiuso?

«Servono investimenti, ma le risorse del governo sono piuttosto limitate per assumere nuovi professori e rispettare i criteri minimi. Per questo abbiamo dovuto fare uno studio sui nostri docenti per capire se facessero già il massimo delle ore di lezione consentite, quando così non era li abbiamo portati alla quota massima. E poi abbiamo dato il via libera ai “prestiti” tra dipartimenti. Se un docente di matematica a Informatica non ha raggiunto il suo massimo di ore nel suo dipartimento lo invitiamo a fare corsi a Chimica o Economia dove avevamo problemi per rispettare le linee guida ministeriali».

Tutti contenti di questa operazione?

«Gli studenti sostengono la necessità di eliminare i numeri programmati, ma senza la disponibilità dei professori non avremmo potuto farlo. Ovvio che servono molte più risorse perché la crescita continua degli iscritti ci costringe ad ampliare gli spazi e cercare anche di fare nuove assunzioni, ma per questo serve l’intervento del governo».