La rivolta dei prof
Dal contratto ai concorsi, la rabbia dei docenti in sciopero migliaia in piazza con i sindacati: "Ora il governo ci ascolti"
Niccolò Carratelli
«Docente con lo stipendio più basso d'Europa». Questa la definizione scritta sul cartello che Cleo si è attaccata al petto, esponendolo sotto al sole di piazza San ti Apostoli. Ha 36 annie insegna da 10: spagnolo, in un liceo. Ci tiene a precisare di avere «due lauree, due master, un dottorato, oltre ad aver passato il concorso statale». Ma il suo stipendio è «fermo a 1. SOU euro al mese - spiega - non ne faccio solo una questione economica, vorrei che il mio lavoro venisse valorizzato». Non è andata a scuola, Cleo, e come lei si sono fermati decine dimigliaia di docenti, dipendenti tra e amministrativi in tutta Italia. DaRomaaTorino, da Genova a Bari ci sono stati sit-in, presidi e flash mob in una giornata di sciopero proclamatoda Cgil, Cisl,Uil,SnalseGilda. Secondo i dati forniti dal Dipartimento della Funzione pubblica, l'adesione alla protesta è stata poco sotto il 16% della platea dei lavoratori interessati. Comunque, come dice lo stesso ministro dell'Istruzione Patrizio Bianchi, «al di là del numero, c'è un significato politico, ho un grandissimo rispetto per i sindacati e i docenti». Poi ammette che per la scuola «è unmomentodelicato», per questo è rimasto a Roma, intervenendo a distanza a un convegno dell'associazione dei presidi, organizzato a Torino. I dirigenti scolastici, del resto, non hanno sostenuto lo sciopero, ritenendo che questo «non fosse il momento migliore per farlo, alla conclusione di un anno abbastanza travagliato», dice il presidente dell'Anp Antonello Giannelli. In piazza Santi Apostoli, tra i 5mila manifestanti, c'è chi polemizza per il no della questura a organizzare il sit-in davanti a Montecitorio e chi denuncia proprio «l'incapacità di muoversi compatti, perché tanti oggi sono andati a lavoro, come se niente fosse», ammette Salvatore, cinquantenne segretario scolastico, arrivato da Napoli. Ha un cartello appeso al collo, con scritto semplicemente «No al decreto 36/2022», che poi è il nocciolo della protesta. Perché il provvedimento, varato un mese fa dal governo e ora in discussione al Senato, interviene su materie che dovrebbero essere oggetto di contrattazione: dalla formazione al reclutamento degli insegnanti. Dietro al palco, Maurizio Landini si concede alle foto con alcuni docenti, poi va all'attacco: «II governo è andato per conto suo, ha fatto un decreto senza discutere con le organizzazioni sindacali - dice a La Stampa il segretario della Cgil - è un grave errore e una riduzione della democrazia. I cambiamenti si devono fare insieme a chi lavora nella scuola, al- trimenti è supponenza». I motivi di preoccupazione sono tanri, a cominciare dalle risorse necessarie per il rinnovo del contratto nazionale, scaduto da tré anni, che riguarda un milione e mila persone: «Cè uno stanziamento offensivo, parliamo di 40-50 euro netti prò-capite a fronte di un'in flazione al 7%,chesta impoverendo la gente», avverte Rino Di Meglio, coordinatore del sindacato Gilda. Poi c'è il tema dei precari, «usati come scudopolitico", dice Pino Turi della Uil Scuola, ribadendo la necessità di prevedere una stabilizzazione, che tenga conto degli anni diservizio. Il tema dei concorsi sarà terreno di battaglia in Parlamento, promette Giuseppe Conte: «Non possiamo farci prendere in giro - dice il presidente del Movimento 5 stelle - per i concorsi servono test dignitosi, non i quiz. Il progetto di riforma che ci è stato presentato è molto insufficiente». Un altro ex premier come Matteo Renzi se la prende, invece, con il ridimensionamento di una sua creatura, la "Carta del docente", il bonus da 500 euro destinato all'aggiornamento professionale, die potrebbe essere ridotto di un terzo. «Decurtarla è un autogol, ho firmato un emendamento per chiedere al ministro di riconoscere l'errore e tornare indietro", dice il leader di Italia Viva. Quello della formazione è un altro tema di scontro: la creazione della "Scuola di alta formazione" e i bonus da elargire ai docenti ritenuti più meritevoli, saranno finanziati anche con un taglio all'organico di potenziamento, "11.600 cattedre in meno nei prossimianm», fa notare Ivana Barbacci della Cisl Scuola. La maestra Monica, arrivata da una scuola elementare di Castel Maggiore, Bologna, sintetizza cosi: «Da una parte cilevano soldi a tutti per pagare i premi in busta paga a pochi, dall'altra penalizzano gli studenti, che continueranno a fare lezio ne ammassati in classi pollaio». Nessuno sembra fidarsi delle rassicurazioni di Bianchi. «Il decreto va letto meglio, non c'è nessuna intenzione di fare tagli o di smantellare la scuola pubblica - dice il ministro nel pomeriggio a SkyTg24 - dal 2021 al 2032 avremo un milione e 400 mila bambini in meno, ma fino al 2026 il numero dei docenti resterà inalterato e tutte le risorse rimarranno nella scuola». Detto ciò, lascia intendere il ministro, non si può pensare di rivoluzionare in Parlamento l'impianto della legge, strettamente connessa ai progetti del Pnrr. Ma, oltre al M5s, tutte le forze di maggioranza, dal Pd alla Lega, chiedono di andare incontro alle istanze di sindacati e lavoratori, che promettono di «dare continuità alla protesta».— Pronti alla battaglia sul taglio delle cattedre ma i presidi non hanno sostenuto la protesta Non dobbiamo fare passi indietro bisogna assumere con test dignitosi non con i quiz.