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La scuola anticipata piace ai genitori. Profumo: vogliamo allinearci alla Ue

Già oggi un alunno su 10 iscritto sei mesi prima. Fenomeno in crescita

18/09/2012
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Il Messaggero


di ALESSIA CAMPLONE

 


ROMA Favorevoli e contrari. L'ipotesi di anticipare il diploma a 18 anni divide gli esperti. E non solo. Ci sono tanti pro e contro, che hanno implicazioni diverse per gli insegnanti e le famiglie. Il ministro dell'istruzione Francesco Profumo ha creato un gruppo di lavoro ad hoc per studiare la modalità migliore per realizzare questo anticipo e allineare la scuola italiana a quella di molti altri stati europei. Due le ipotesi su cui gli esperti del ministero stanno riflettendo in modo particolare: la prima prevede l'ingresso a cinque anni nella scuola primaria. La seconda, invece, la riduzione di un anno del percorso di studi, cioè, da 13 a 12 anni.
E l'anticipo sembra piacere sempre più ai genitori. Al momento, infatti, secondo le ultimi disposizioni normative, possono essere iscritti alla primaria anche i bambini che compiono i sei anni entro il 30 aprile dell'anno successivo. Secondo gli ultimi dati statistici del ministero dell'Istruzione, nell'anno scolastico 2009/2010 gli alunni che sono entrati alle elementari a cinque anni sono in totale 48.691 sugli oltre 550 mila iscritti al primo anno. E tra questi ci sono anche le eccezioni: 89 bambini iscritti direttamente alla seconda classe. Sempre a cinque anni. La differenza è netta tra nord e sud: al nord, su 100 iscritti alla prima classe, in media tre risultano in anticipo. Mentre al sud e nelle isole sono, in media, 15 gli alunni con una età inferiore di sei anni (all'incirca, in totale, 32mila). In tutto, la percentuale degli anticipi, è superiore al 9%: quasi un bambino su dieci. Nel 2005 gli studenti anticipatari erano l'8,7%.
Una scelta che non convince, tuttavia, presidi e insegnanti. Secondo un monitoraggio realizzato dall'Ansas (Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica) per conto del Miur per l'applicazione delle indicazioni nazionali per la scuola dell'infanzia e primaria (i programmi di studio, per dirla in termini più semplici), pubblicata nella scorsa primavera, il 78% dei docenti intervistati ha espresso un parere critico sui «primini». E solamente il 22% di loro si ritiene favorevole all'anticipo a scuola e lo ritiene una risorsa. In particolare i più titubanti sono i docenti del nord est (91% degli intervistati), seguiti a ruota dai colleghi del nord ovest (89%) e del centro (84%). Nelle paritarie, invece, la criticità è ridotta al 50%.
Entrare a scuola in anticipo è necessario per stare al passo con l'Europa. Lo ha detto ieri mattina il ministro Profumo nel corso di un'intevista radiofonica. «A scuola a cinque anni?», si è chiesto il ministro, «è per creare la scuola del futuro che sia allineata alle direttive europee e alle migliori pratiche europee. Ci stiamo lavorando - ha aggiunto -, non siamo ancora arrivati alla conclusione definitiva e questa dell'anticipo dell'ingresso a scuola deve essere un'opzione». Per il capo del dicastero di viale Trastevere si tratta di una soluzione che non deve spaventare i sindacati che hanno già espresso il loro parere contrario per via dei possibili esuberi dei docenti. «L'obiettivo - ha chiarito sempre Profumo -, al contrario di quanto denunciano i sindacati, non è di tagliare, ma di creare un sistema formativo migliore per avere cittadini più robusti in grado di competere in un mercato sempre più europeo». Nel tardo pomeriggio, da viale Trastevere, hanno preferito seguire una linea più cauta. E l'anticipo del diploma a 18 anni sembra non avere «fondamento pratico». Il gruppo di lavoro non può «produrre un tale progetto - si legge nel comunicato diffuso dall'ufficio stampa - per diversi motivi». Tra questi il fatto che il gruppo stesso «ha natura solo scientifica, culturale e non politica». Ma la motivazione più sostanziale sembra stare nel fatto che il ministro «ha sempre tenuto a sottolineare come abbia inteso tutto il suo mandato sin dall'inizio come opportunità di lavoro per una «oliatura» del sistema e non come occasione di una sua ulteriore riforma. Un proposito che il ministro conferma esistere ancora valido oggi, tanto più essendo imminente la fine della legislatura».