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La scuola che verrà

I quattro intervistati raccontano quello che già oggi fanno, ogni giorno, nella scuola e per la scuola. Illustrano i loro metodi pedagogici, raccontano la fatica e la gioia dell'apprendimento, le strategie a beneficio dell'inclusione. Una scuola viva, creativa, a misura di studente. Di ogni studente. 

13/01/2021
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La Stampa

Come sarà la scuola fra dieci anni? Qual è il modello pedagogico post Covid? Il mondo dell'istruzione - stravolto dalla pandemia e inghiottito dal dibattito su didattica a distanza o in presenza - tenta di guardare oltre. La sfida è immaginare la scuola che sarà, la scuola possibile. Proviamo a farlo dando parola a quattro protagonisti, pionieri nei loro rispettivi campi.

Le idee sono innovative: classi disomogenee ma con un massimo di venti studenti; laureati formati dalle Università per insegnare nella secondaria di primo e secondo grado; il giuramento dei docenti sul terzo articolo della Costituzione, quello sulla pari dignità dei cittadini.

Realtà o utopia? I quattro intervistati raccontano quello che già oggi fanno, ogni giorno, nella scuola e per la scuola. Illustrano i loro metodi pedagogici, raccontano la fatica e la gioia dell'apprendimento, le strategie a beneficio dell'inclusione. Una scuola viva, creativa, a misura di studente. Di ogni studente. 

Il "maestro d'ITALIA"

"Variare i linguaggi e curare gli spazi"

Franco Lorenzoni, pilastro del Movimento di Cooperazione Educativa, scrittore (l'ultimo libro è "I bambini ci guardano", Sellerio) è il maestro dei maestri. Trent'anni nella scuola come insegnante a Giove, in Umbria, e come ideatore di Casa Cenci, centro di sperimentazione educativa ad Amelia.

Come la vorrebbe fra 10 anni?

«Nel 2021 festeggiamo i 50 anni del tempo pieno: fu attuato su richiesta. E così nelle grandi città del Nord e in parte al Centro circa l'80% degli alunni fa scuola anche nel pomeriggio, al Sud meno. In due terzi delle scuole italiane alla fine delle elementari ci sono bambini che hanno fatto un anno in meno di scuola. Pazzesco».

L'altra faccia, trascurata, dell'inclusione scolastica.

«La moltiplicazione dei linguaggi offre le migliori possibilità: se i bambini fanno teatro, musica, arte, sport studiano meglio matematica storia e grammatica».

Oltre al tempo pieno cosa serve?

«Classi disomogenee con massimo 20 studenti e cura degli spazi».

Quali qualità ha un buon insegnante?

«Dovremmo giurare sulla Costituzione. I nostri compiti sono riassunti nell'articolo 3: bisogna dare dignità, ovvero ascolto, a tutti. Se un bambino non è ascoltato non crede in sé stesso e non ha motivazioni per imparare. Dobbiamo rimuovere gli ostacoli e consentire agli studenti di riuscire». —

PREMIATO AL Teacher Award

"I prof uniti come un'equipe medica"

Quando inizia l'anno scolastico lui, prima di ogni altra cosa, vuole familiarizzare con i suoi studenti: il professor Daniele Manni dedica il primo mese alla costruzione dell'alleanza empatica. Senza occuparsi del programma ministeriale «lo stesso da almeno 10 anni».

Lei è il primo italiano vincitore del Global Teacher Award. Al "Galilei-Costa-Scarambone" di Lecce insegna informatica e imprenditorialità. Un modello vincente. Lo sarà anche fra 10 anni?

«La scuola vince quando il Collegio docenti si comporta come una equipe medica di Pediatria: quando arriva un piccolo paziente tutti assieme cercano di capire come aiutarlo. La scuola vince se è "studentocentrica". Se a fine quadrimestre ci sono studenti con brutti voti abbiamo fallito».

Fiducia e reciprocità sono il suo credo.

«Io posso insegnare loro come creare una start up, come realizzare un sito Internet ma loro possono spiegarmi, ad esempio, cos'è la trap e il parkour. Non ne sapevo nulla: sono andato a un allenamento, ho applaudito un mio studente bravo in questo sport: si è rotto il paradigma di disinteresse per la scuola.

Cos'altro deve cambiare?«Va risolto l'annoso conflitto docenti-istituzione. Il ministero non lo sentiamo, e non da oggi, come qualcosa di nostro. Serve una proficua vicinanza». —

LA STUDIOSA del modello SEM

"Personalizziamo i percorsi di studio"

Dal 2015 Lara Milan è l'unica Specialist italiana in Gifted and Talent Education. Ha studiato all'Università del Connecticut. È l'ambasciatrice del modello Sem (Schoolwide Enrichment Model): il vangelo pedagogico adottato da 40 anni in molte scuole americane scritto da Joseph Renzulli ,vincitore del McGraw Prize. Il metodo consente di avere nella stessa aula gli studenti super brillanti e quelli che necessitano di più tempo e aiuto.

Cosa fa una Specialist in Gifted and Talented Education?

«Motiva e forma i docenti: in classe diventano talent scouts. Oltre all'insegnamento della loro materia costruiscono esperienze di apprendimento creative auto-selezionate dagli studenti per valorizzare i talenti di tutti».

In Italia ci sono già classi Sem?

«Sì, in una scuola media di Vicenza. A Varese è già nata la prima scuola Sem d'Italia, all'Istituto Salesiano "A.T. Maroni"».

È la scuola del futuro?

«Sì, la scuola che vorrei esistesse: si serve di strategie didattiche di differenziazione e di personalizzazione dei percorsi di studio».

Come cambia la vita scolastica?

«I docenti trasformano l'aula in "luogo per lo sviluppo" del talento e considerano gli studenti non più fruitori di conoscenza ma produttori creativi. Tutti i materiali sono open source, in inglese. Presto saranno pubblicati in una guida in italiano». —

la storica delle riforme

"Classi di 20 studenti e orari aumentati"

Alessandra Laurenti, docente di Storia e Filosofia, è coautrice del volume "La scuola italiana. Le riforme del sistema scolastico dal 1848 ad oggi" (Novalogos editrice) scritto con Fabrizio Dal Passo.

Quali riforme secondo lei hanno consentito di fare passi in avanti?

«Dalla riforma Berlinguer passando da quella Moratti fino ad oggi, esclusa la riforma Gelmini che ritengo disastrosa perché ha tolto soldi all'istruzione secondaria e universitaria, sulla carta ciascuna aveva un bel progetto».

Ma…

«Tutto si ferma con i decreti per attuare le riforme. Si deve decidere dei soldi e si finisce schiacciati nei compromessi politici. I buoni propositi si trasformano in progetti di Capodanno».

Per quali altri motivi la scuola è la nostra eterna Cenerentola?

«Mancano i percorsi universitari che preparano all'insegnamento, sono pochi i master universitari e si rivolgono solo a chi insegna nella primaria».

La sua riforma ideale?

«Non serve inventarsi nulla di nuovo: occorre far funzionare tutto quello che di buono è già stato scritto».

Se fosse lei a decidere cosa farebbe subito?

«Venti studenti in classe. Orario aumentato sul modello della scuola diffusa con attività pomeridiane, dalla musica agli sport. Poi, va completato l'operato della ministra Fedeli: laureati formati per medie e superiori». —