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La scuola della qualità

Il merito dei professori

24/05/2021
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la Repubblica

di Andrea Gavosto

Il governo ha siglato con i sindacati un Patto per la scuola, che insieme ad affermazioni fumose contiene anche idee, meritevoli di essere discusse, su come migliorare l’istruzione in Italia, a partire da una più efficace formazione dei docenti.

In questi giorni, però, molto si parla del decreto Sostegni bis, che ha definito le misure per il nuovo anno scolastico. Certo, l’esecutivo qui affrontava una prova diabolica: far partire l’anno con tutti gli insegnanti al loro posto, come promesso; evitare un’ulteriore crescita dei supplenti, che dopo decenni di regole dissennate a settembre arriverebbero a 240mila, un quarto dell’intero corpo docente.

Per garantire l’avvio regolare della scuola e coprire tutte le cattedre c’era il rischio di una maxi-sanatoria, assumendo, senza verificarne le competenze, fino a 80mila precari, la maggioranza dei quali priva di abilitazione: con la conseguenza di ipotecare per anni la qualità dell’insegnamento e bloccare per una generazione l’accesso alla scuola dei nuovi laureati. Per questa soluzione spingevano sindacati e Lega, contrario il M5S; la posizione del Pd non è pervenuta.

Alla fine, il rischio estremo è stato evitato.

Tuttavia, una nuova procedura straordinaria che riguarderà docenti precari con almeno 36 mesi di servizio è stata approvata. Sebbene ridotta nei numeri — al massimo 20mila assunzioni extra, probabilmente molto meno — ci sono elementi di una sanatoria, come il ripescaggio dei bocciati dell’ultimo concorso.

È però vero che, opportunamente, i candidati dovranno avere almeno l’abilitazione e per la definitiva assunzione dopo un anno di lavoro faranno una prova con una commissione esterna, speriamo rigorosa.

Bene, invece, che il decreto provi ad affrontare due carenze croniche della scuola: quella di docenti di materie scientifiche e quella di insegnanti di sostegno qualificati a favorire l’inclusione di allievi con disabilità.

Nel primo caso, si accelerano le procedure ordinarie per assumere a breve qualche migliaio di docenti di materie Stem, soprattutto di matematica. È una misura necessaria: oggi non è infrequente che le cattedre scientifiche vengano coperte da laureandi senza esperienza né titoli. Non sarà sufficiente, perché c’è un nodo strutturale da affrontare: come attrarre all’insegnamento i migliori laureati in queste materie, che fuori dalla scuola fanno carriere migliori, guadagnando di più.

La difficoltà di trovare insegnanti di sostegno qualificati non è meno grave. L’anno scorso, delle 21mila assunzioni previste, solo l’8% è andato a buon fine; e degli oltre 100mila supplenti 4 su 5 non avevano la specializzazione (dati Cisl). Oggi sono disponibili alcune migliaia di docenti che la specializzazione l’hanno appena conseguita: giusto, dunque, metterli subito al lavoro, sia pure con la procedura straordinaria.

Neanche quest’anno, tuttavia, si riuscirà a partire con tutti in cattedra. Perciò, guardando al futuro, Draghi ha annunciato che d’ora in poi si procederà con concorsi regolari con frequenza annuale.

Sui nuovi concorsi, che il decreto vuole coerenti con le semplificazioni introdotte dal ministro Brunetta nella Pa, è necessario chiarire se valuteranno solo le conoscenze disciplinari o anche le capacità didattiche dei futuri docenti. Queste ultime sono il tallone d’Achille della nostra scuola, come purtroppo ci suggeriscono gli esiti dell’ultimo concorso straordinario, che molto puntava sulla capacità di sviluppare unità didattiche e sta — ahimè — per chiudersi con un elevato numero di bocciati.

Lo ripetiamo da tempo: un accesso alla professione docente che miri a valorizzare chi non solo sa le cose, ma è anche capace di insegnarle, è l’unica strada per colmare il ritardo della nostra scuola.

L’autore è direttore della Fondazione Agnelli