La scuola pensa già a settembre Nodo cattedre, spazi e vaccini
La scuola non ha fatto in tempo a chiudere, che già si guarda alla ripresa di settembre. Che presenta subito due problemi, non di poco conto, da affrontare
Claudio Tucci
La scuola non ha fatto in tempo a chiudere, che già si guarda alla ripresa di settembre. Che presenta subito due problemi, non di poco conto, da affrontare. E, nelle prossime settimane, una serie di nodi da sciogliere, anche in base all’evoluzione della pandemia. Il primo “alert” riguarda le cattedre vuote (112mila solo in organico stabile) e il maxi-piano di assunzioni/stabilizzazioni di circa 70mila posti contenuto nel decreto Sostegni bis, che non è ancora partito, e che, anzi, sindacati, oggi in piazza, e una fetta consistente della maggioranza sono pronti a far cambiare in Parlamento. Se non si correrà in fretta (e in attesa di capire quanto ampia diventerà la sanatoria dei precari per ora contenuta a meno di 20mila cattedre) a settembre si rischia di ripetere il boom di supplenze dello scorso anno, con circa 200mila cattedre da assegnare con contratti a tempo, più o meno lunghi.
Il secondo “campanello d’allarme” in vista della ripresa è legato alle classi pollaio. Con le regole sanitarie attualmente in vigore, distanziamento, reperimento nuovi spazi, mascherine, orari e ingressi scaglionati, le scuole hanno ridotto le presenze in classe dei ragazzi, anche grazie all’organico Covid (circa 60mila prof, e 20mila Ata, il personale tecnico-amministrativo) proprio per consentire “aule” meno affollate. Questo personale è stato assunto con contratto annuale, e non è ancora chiaro se sarà confermato (o no) da settembre.
Il ritorno alla scuola in presenza (e in sicurezza) mai come stavolta è legato, a doppio filo, all’andamento del virus. Da un po’ di giorni è partita la campagna vaccinale per gli studenti: l’obiettivo del governo è arrivare all’inizio delle lezioni con la somministrazione di almeno una dose di siero ai giovani con oltre 12 anni per arrivare a una copertura del 70-80% che consente l’immunità di gregge (è ancora in fase di studio il vaccino per gli alunni più piccoli, ma difficilmente il via libera arriverà prima di settembre). Quello che sembra certo, invece, è che le vaccinazioni degli alunni non si faranno a scuola, ma presso i presidi sanitari, ovvero pediatri e hub di vaccinazione presenti nei territori. È chiaro che un’ampia vaccinazione degli studenti, ammorbidirà le misure anti contagio. Di quanto lo sapremo però solo più avanti quando ministero dell’Istruzione e sindacati si accorderanno sul nuovo protocollo su salute e sicurezza in vista dell’avvio dell’anno scolastico 2021/2022. Le lezioni on line invece proseguiranno: anche qui le innovazioni didattiche e organizzative sperimentate in questi mesi di pandemia potranno essere utilizzate dalle scuole “in via complementare” con le lezioni in presenza.
Settembre sarà anche il mese in cui molte scuole faranno partire i corsi di recupero degli apprendimenti, visto che i fondi stanziati con il Piano estate non si esauriranno con i mesi di luglio e agosto. Per ora le scuole si stanno orientando più sul recupero della socialità, con accordi con enti territoriali e del terzo settore, che su un vero e proprio supplemento di lezioni, considerando anche come tutta l’attività didattica di recupero delle ore perse è volontaria sia per i docenti sia per gli studenti. Il nodo è tuttavia strategico. L’Italia, secondo gli ultimi dati Unesco, ha chiuso le scuole per 37 settimane (dato ponderato tra primo e secondo ciclo). Più di Germania (34), Regno Unito (27), Spagna (15), Francia (12). In Paesi, tecnologicamente più avanzati di noi, come l’Olanda, che ha chiuso le scuole per minor tempo dell’Italia, la perdita degli apprendimenti è stimata in almeno il 20%. In Italia, viste anche le criticità nell’utilizzo della Dad, la situazione difficilmente sarà migliore. Un primo indizio lo avremo a metà luglio quando saranno noti i risultati delle prove Invalsi.