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La scuola si basa sempre di più sugli aiuti delle famiglie

Nel 2010 in media 80 euro versati oltre tasse e mensa

04/12/2010
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La Stampa
ROMA

I contributi volontari versati dalle famiglie sono un’entrata sempre più fondamentale per la gestione e la didattica delle scuole statali. Lo rivela il Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese/2010, che dedica un capitolo alla richiesta del cosiddetto “contributo volontario”.

In base ai primi risultati di una indagine del Censis su 1.099 dirigenti scolastici, il 53,1% delle scuole statali di ogni ordine e grado coinvolte nella rilevazione ha richiesto quest’anno il contributo, ma nel restante 43,5% tale consuetudine non si è ancora diffusa. La frequenza della richiesta aumenta al crescere dei livelli scolastici: si va dal 34,7% di scuole dell’infanzia all’85,6% dei licei.

Le somme richieste a livello prescolare o di scuola dell’obbligo sono in media di modesta entità (16,4 euro nella scuola dell’infanzia e 19,8 in quella secondaria di I grado). Nelle scuole di II grado, invece, il contributo medio supera, per tutti gli indirizzi, gli 80 euro pro-capite. Le oscillazioni intorno alla media sono però molto ampie e nelle scuole intervistate si raggiungono anche i 100 euro per scuole dell’infanzia e primarie e i 260 euro dei licei. Il 25% degli istituti che già richiedono un contributo dichiara di averne dovuto aumentare l’importo rispetto allo scorso anno, e solo il 20,6% di dirigenti scolastici ritiene di non aver bisogno di reiterare o introdurre tale modalità di finanziamento nel prossimo anno scolastico.

La risposta delle famiglie alle richieste economiche delle scuole sembra essere di “diffusa collaborazione”. Ricordando che si tratta di contributi volontari, emerge che aderisce mediamente alla richiesta di contributo l’82,7% dei genitori. L’ampiezza del livello di adesione appare dettato non solo dalla consuetudine, ma anche da due crescenti esigenze di segno contrapposto: quella di tamponare le carenze di materiali e strumenti per il funzionamento ordinario dell’istituzione e quella di sostenere la qualità e varietà dell’offerta formativa.

La destinazione d’uso dei contributi familiari si divide quasi equamente tra queste due esigenze, con una leggera prevalenza (54%) degli interventi a supporto dell’offerta formativa, che comunque riguardano soprattutto l’adeguamento della strumentazione e degli ambienti di studio. Gli interventi consistono soprattutto in acquisto di materiali didattici (77,2% delle scuole), miglioramento di dotazioni informatiche, laboratori, palestre (58,3), ma rivestono un peso considerevole (43,1) anche le finalità di supporto economico agli studenti più indigenti per assicurare la loro partecipazione alle attività didattico-formative. Il quadro si completa con i finanziamenti provenienti da soggetti privati esterni all’istituto scolastico, fenomeno che interessa il 36,4% delle scuole intervistate ma risulta molto più diffuso al nord.

Delle oltre 1.000 scuole contattate dal censis, l’84,9% possiede una o più Lavagne interattive multimediali (Lim), dislocate in aule ordinarie o in laboratori e aule speciali, senza particolari differenze tra Nord e Sud Italia (si oscilla tra l’88% nel Nord-Ovest all’83,4% nel Sud).

Stando alle risposte dei dirigenti scolastici, nel 91,4% dei casi le risorse per l’acquisto delle Lim hanno avuto origine ministeriale. In misura notevolmente minore, e spesso in aggiunta all’azione ministeriale, le Lim sono state acquistate dalle scuole con propri fondi (20%) o grazie all’intervento di Regioni e enti locali (10%), o infine donate da soggetti privati (6,6%).

Le lavagne interattive sono state assegnate, in primo luogo, a quelle classi in cui sono presenti docenti che hanno effettuato la formazione prevista per la loro introduzione nelle scuole (35,9%) o con le più elevate competenze nella didattica digitale (31,3%). Secondariamente sono state installate in laboratori o aule speciali (37,9%) in cui a rotazione sono presenti più classi o aule ordinarie (12,4%). Solo nello 0,2% dei casi il criterio adottato è quello della scelta delle classi con connessioni Internet. Il 51,4% dei docenti dichiara che l’uso delle Lime ha prodotto nuovi fabbisogni di formazione non ancora del tutto soddisfatti: «il 48,8% afferma che la scarsa autonomia dei docenti nella creazione di contenuti digitali determina una sotto-utilizzazione delle lavagne e il 34,7% ritiene che l’impiego delle Lim non sia agevolato dalla rigidità dei docenti prossimi alla pensione, che hanno difficoltà a rimettere in discussione il proprio approccio didattico».

Per poco più della metà dei dirigenti (50,9%) il numero ridotto di Lim rispetto a quello delle classi rischia di creare un divario nei livelli d’apprendimento dei gruppi, a discapito del diritto di ciascun alunno ad avere pari opportunità nell’accesso ai saperi e livelli di istruzione paritetici; mentre per il 36,6% influisce sull’organizzazione delle attività scolastiche, in termini di criteri di scelta per la loro assegnazione, rapporti tra docenti e con quelle famiglie che lamentano l’indisponibilità delle Lim per i loro figli.