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La sfida di Susanna Ricostruire il patto di cittadinanza

«Non ci stiamo a veder affondare il Paese» dice la leader

09/10/2011
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l'Unità
 
Jolanda Bufalini
 
Ha la voce roca e forte Susanna Camusso quando scandisce, dal palco nella piazza del Popolo piena, e allegra sotto il sole romano per le bandiere, per la giornata di dignità e di lotta, per i grandi palloncini colorati, la sua visione di un paese «che non si rassegna», di un sindacato che «non fa invettive ma proposte». «Non ci stiamo a vedere affondare il paese», grida il segretario della Cgil, e le sue prime parole sono per i giovani, «che vengono tenuti fuori dal lavoro, costretti a non diventare adulti, a restare in famiglia», quando invece «scuola, sapere, ricerca, sanità, servizi, sono le cose che fanno di noi dei cittadini».
Se non ora quando. E poi c’è la rievocazione della grande piazza delle donne, il 13 febbraio scorso, per dire «ogni giorno che passa il premier crea un problema in più. Non ci arrendiamo al paese messo alla berlina. Ripartiamo dal linguaggio, l’offesa alle donne non è solo nel corpo ma nella cultura. Per noi le divise di infermiera e di poliziotta sono degne di profondo rispetto ». La repubblica italiana «fondata sul lavoro, nata dalla resistenza non può diventare la casa del premier, con le leggi bavaglio con il processo breve, con le norme per ottenere assoluzioni». Nella visione del paese di Susanna Camusso «bisogna ripartire dallo Stato», basta con quelli che pensano che il paese sia un’azienda, in Italia «hanno dimostrato di non saper dirigere le aziende e ora vogliono dirigere il paese». Basta con l’antipolitica, con i tagli lineari che producono «secessione fra passato e futuro, fra nord e sud, fra poveri e ricchi », tagli alla scuola che vorrebbero spingere le mamme fuori dal lavoro e i bambini piccoli a casa. Un quadro di solitudine foriero di «xenofobia e razzismo, di arretramento del paese».
 Patto di cittadinanza. Il segretario della Cgil chiede un patto di cittadinanza «per unascuola pubblica, laica, nazionale». Ricorda che la scuola «ha costruito l’unità del paese e la democrazia». E accusa il governo che «se ne deve andare» di aver «buttato 3anni, negando la crisi, mentre i maglifici sorgono negli scantinati clandestini, come a Barletta ». Lavoro pubblico, scandisce, è anche «controllare e invece c’è un ministro che sostiene che la legge 626 sulla sicurezza è un costo».
Lo schiaffo. «La lettera di agosto della Bce è stata uno schiaffo al governo e all’Italia». Ma gli schiaffeggiati si mostrano «contenti di essere stati schiaffeggiati». E il ministro Sacconi non ha nemmeno letto bene quel documento, dove non c’è scritto, come nell’articolo 8 della manovra, che bisogna derogare ai contratti e alle leggi. Il governo italiano non ha avuto, «come Papandreu, lo scatto di orgoglio di rispondere che «non si mettono in discussione minimi salariali e contratti ».❖