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La Stampa: Finalmente si torna a scuola

Domani si torna a scuola, per un anno scolastico diverso da tutti gli altri. Della natura di questa «diversità», però, studenti, genitori, dirigenti e insegnanti ancora non hanno idea.

13/09/2009
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La Stampa

Al via In 14 regioni si comincia domani

Sui banchi Quasi otto milioni di studenti

ELENA LISA
MILANO
Domani si torna a scuola, per un anno scolastico diverso da tutti gli altri. Della natura di questa «diversità», però, studenti, genitori, dirigenti e insegnanti ancora non hanno idea. La marcia di avvicinamento è stata più tesa del solito: a partire dal dibattito che si è scatenato intorno al virus dell’influenza A: bisognava rinviare l’apertura delle aule? Sarà necessario prolungare le vacanze di Natale?
Domande senza risposta, almeno per ora. Così come resta sospeso il giudizio di molti sui cambiamenti contenuti nella riforma del ministro Gelmini - e attesi per ora alle elementari e alle medie - resta sospeso. Il dato sicuro è che domani la campanella suonerà per le scuole di 14 regioni, comprese le più grandi: Piemonte, Lombardia e Lazio.
Torneranno sui banchi poco meno di 8 milioni d’italiani e quelli più piccoli seguiranno le lezioni di un maestro «prevalente». Questa, con l’abolizione delle «compresenze» di docenti, è stata tra le novità, la più discussa: «Novità? E’ la roba più vecchia mai sentita - dice Carla Motta, presidente dell’associazione dei comitati genitori e scuola - l’idea di un solo insegnante poteva andar bene all’Italia degli anni 20 con il 70 % di analfabeti e il più alto livello di dispersione scolastica. Un insegnante non era sufficiente allora, figuriamoci ora che i bambini sono più attivi. Come genitore sono preoccupata».
La riforma Gelmini introduce anche nuovi orari: aumenta il numero delle scuole a «tempo pieno» (8% in più) - soluzione scelta nelle grandi città del Nord dove le mamme, più che al Sud, sono inserite nel mondo nel lavoro - ma diminuisce di 2 ore il tempo nelle scuole a mezza giornata, quelle cioè che seguono il modulo di 30 ore distribuite in cinque, sei giorni a settimana.
Nelle medie l’orario scende a 30 ore: «E’ vero, la Gelmini avrà pure potenziato l’insegnamento dell’inglese - dice Gregorio Iannaccone, presidente dell’Andis, associazione dirigenti scolastici - ma ha ridotto le ore di italiano. Ogni 6 classi salta un docente di Lettere. E poi ci stupiamo se gli studenti non sanno usare i congiuntivi e non conoscono Manzoni?». Perplessità, il presidente dell’Andis che è anche nel consiglio nazionale della Pubblica Istruzione, la mostra pure nei confronti del voto numerico introdotto a scapito del vecchio «giudizio»: «Gli allievi di oggi sono portati alla competizione e hanno molte fragilità. Il voto in cifra è dannoso perché, l’abbiamo constatato, nei più giovani scatena depressioni». Già al momento dell’annuncio di ciò che la riforma avrebbe introdotto le associazioni di genitori e insegnanti erano entusiaste della possibilità d’iscrivere all’asilo i bambini di due anni e mezzo. Un fatto importante che sarebbe andato incontro alle necessità delle mamme che lavorano e ai precari che sperano in nuove assunzioni. Sarebbe. Perché, nonostante lo stanziamento di 50 milioni di euro, questa è una «novità» che resta in attesa che la burocrazia faccia il suo corso.
Per i cambiamenti alle superiori, invece, bisognerà aspettare il prossimo anno. Questo, infatti, servirà per un confronto tra insegnanti, studenti e genitori che dovranno valutare le trasformazioni: a far media oltre al voto in condotta - la misura anti bullismo - sarà anche quello di educazione fisica, la sufficienza diventerà indispensabile in tutte le materie per essere ammessi alla maturità, verrà ridimensionato il numero delle specializzazioni, rilanciati i laboratori e sarà data la possibilità - solo per gli istituti tecnici - di partecipare a stage durante l’ultimo anno.
«Così oltre alle classi, ci saranno pure i laboratori sovraffollati, e gruppi di stagisti che sgomiteranno per entrare, in prova, in un’azienda. I tagli della Gelmini prevedono per tutta la scuola 150 mila cattedre in meno nell’arco di tre anni. Per poter eliminare gli insegnanti è indispensabile accorpare gli studenti a scapito della sicurezza - dice Olga Romano, trentenne milanese, insegnante precaria da 5, del coordinamento lavoratori scuola “3 Ottobre” -. Nelle aule verranno stipati in 35 e salteranno del tutto le norme sul numero massimo che una classe può contenere. Con così tanti ragazzi poi è impossibile garantire un buon livello di insegnamento». Un punto questo che, forse, possono giudicare solo loro, gli studenti. Dice Pietro Panizza, 17 anni, nel comitato studenti del Liceo Manzoni a Milano: «Sono stato sei mesi in Australia per studio: dal punto di vista della formazione, non ci sono paragoni, la nostra è più ricca. Ma io l’aria leggera, la fiducia nel futuro che ho respirato lì, a contatto con docenti sereni e senza ansia di perdere il lavoro, in Italia non l’ho mai sentita».