La Stampa: I giudici non possono violare il Concordato.
Il ministro: Farò ricorso subito al Consiglio di Stato
I docenti di religione, 25 mila in tutta Italia, sono sul piede di guerra rispetto alla sentenza del Tar del Lazio che li escluderebbe dagli scrutini, sottraendo loro la facoltà di valutare i propri allievi. In questo, peraltro, hanno man forte da parte del ministero dell’Istruzione che, come già aveva fatto in passato, ha attivato i propri uffici legali per presentare tempestivamente ricorso al Consiglio di Stato contro una sentenza che non condivide. L’ora di religione, inoltre, come pochi altri temi ha la capacità di risvegliare attriti mai sanati tra le varie anime del paese, e così ieri, dai mari e dai monti in cui sono in vacanza, i politici e i sindacalisti della scuola hanno fatto sentire la loro voce.
In tutto questo, lei, signora ministro Mariastella Gelmini, ha deciso di non temporeggiare e ha dato subito battaglia, è così?
«Mi comporto come questo ministero si è sempre comportato in circostanze analoghe, difendendo le sue posizioni e le sue interpretazioni vidimate dalle leggi».
I cattivi dicono: i vescovi hanno fatto la voce grossa e il governo è subito scattato sull’attenti.
«Non c’entra nulla. Io ho risposto al Tar del Lazio che ha interpellato il mio dicastero e le mie competenze. I vescovi poi hanno protestato perché hanno visto attaccare il ruolo dei docenti di religione, ma tra questo fatto e il mio operato non c’è alcuna relazione. Io sono un membro del governo, non della Cei».
Perché, comunque, questa replica così repentina e perfino stizzita?
«Perché quella del Tar è una sentenza che discrimina non solo gli insegnanti, ma tutti gli studenti e le famiglie che scelgono di seguire l'ora di religione. E questo non è accettabile».
Quali sono le motivazioni alla base del vostro ricorso?
«Il Tar del Lazio sostiene che i ragazzi che non scelgono l'insegnamento della religione cattolica sarebbero svantaggiati. Le cose non stanno affatto in questi termini: l’insegnamento della religione cattolica non dà crediti scolastici, ma crediti formativi».
Ci spieghi, prego.
«Significa che non incide direttamente sul voto finale e non svantaggia quindi i ragazzi che liberamente decidono di non seguire quest'insegnamento».
Gli insegnanti di religione sono docenti come tutti gli altri e possono valutare i propri allievi, oppure per loro vigono delle limitazioni?
«Nel modo più assoluto non esistono insegnanti di serie A e di serie B. I docenti di religione sono insegnanti al pari di tutti gli altri. Non capisco perché non possano valutare gli allievi come fanno i loro colleghi. Questa sì che sarebbe una vera discriminazione».
Per 700 mila insegnanti arrivare a un posto ha significato una lunga gavetta e vari concorsi. Per i 25 mila docenti di religione è bastata la designazione di un vescovo. Le sembra questa una discriminazione o no?
«Voglio ricordare che gli attuali insegnanti di religione sono stati reclutati attraverso una concorso che ha valutato le loro capacità e la loro preparazione. Le procedure di selezione comunque sono stabilite dalle norme del Concordato, recepite dalla nostra Costituzione».
Considerando le proteste e le controversie che si sono succedute in questi anni a proposito dell’ora di religione, non crede che sarebbe il caso di rivedere questa materia?
«Su questa domanda devo dare due risposte diverse. La prima: l’ora di religione è stata in effetti oggetto di moltissime controversie dagli Anni Ottanta in avanti. Ma proprio per questo motivo è stato possibile affrontare molte questioni, sia quando sono state sollevate dalla magistratura amministrativa sia quando i rilievi sono venuti da altri soggetti istituzionali. Il risultato è che la materia è ormai largamente chiarita in tutti i suoi aspetti. Non può essere una sentenza del Tar, che peraltro fa seguito ad altre sentenze analoghe e che solleva un aspetto assai circoscritto, a indurci a rimettere in discussione tutto. Seconda questione: l’insegnamento della religione cattolica è definito nel Concordato tra Stato e Chiesa e non può essere rivisto senza rivedere il Concordato medesimo. E non mi pare che la cosa sia all’ordine del giorno».
Presto alcune minoranze religiose (per esempio quella islamica) potrebbero diventare delle presenza importanti nella scuola italiana: è pensabile una apertura anche ad altre confessioni religiose?
«Nessuno mette in discussione la libertà di religione e il rispetto nei confronti di chi appartiene ad altre confessioni religiose. La scuola è laica, e non a caso l'insegnamento della religione cattolica è facoltativo. Ma questo non significa rinunciare ai valori del cattolicesimo che fanno parte della storia del nostro Paese e sono alla base della cultura dell'Occidente. La vera laicità non ha nulla a che fare con il laicismo».