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La Stampa: Il banco in aula? Lo compri

In un istituto di Catania non ci sono soldi per due nuove classi a tempo pieno e il preside organizza una colletta per banchi, sedie, lavagne, cattedre

06/06/2009
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La Stampa

FLAVIA AMABILE

Il preside ha avvertito i genitori pochi giorni fa: «Sono quasi certo che per dare un avvio regolare all’anno scolastico dovrò chiedere la vostra collaborazione». Ovvero, per mandare a scuola i figli dovranno sobbarcarsi una colletta da 120 euro ciascuno per comprare sedie, banchi e lavagne.
Accade a Catania, all’istituto comprensivo Parini, scuola nella zona mare, con elementari e medie, molte famiglie benestanti, liberi professionisti, medici. Quest’anno si sono formate due prime elementari che chiedevano il tempo pieno: in totale 44 bambini, e quindi 44 sedie, 44 banchi, 2 cattedre, 2 lavagne, 2 armadi e 2 aule da mettere a disposizione.
Il preside, Giuseppe Adernò, ha fatto una verifica e si è reso conto di avere le aule ma non il resto. E quindi ha scritto una lettera ai genitori e li ha convocati per il 18 giugno a scuola per discutere. Finora padri e madri dei bambini delle scuole statali si erano visti chiedere sempre più spesso soldi per la carta igienica o per i fogli. Ma la richiesta di Giuseppe Adernò è molto diversa. Per l’entità della colletta ma anche per quello che andrebbe finanziato.
«Facciamo attenzione - avverte Mimmo Pantaleo, segretario generale della Flc-Cgil - qui si sta chiedendo qualcosa di illegale. Si chiede ai genitori di farsi carico del finanziamento strutturale della scuola. Capisco molto bene le difficoltà del caso ma si tratta di una spesa di competenza comunale. E il preside rischia una denuncia: non si possono chiedere contributi per la scuola dell’obbligo».
I genitori delle due classi del Parini, infatti, non sono stati molto contenti di sapere di dover pagare da soli i banchi e la riunione del 18 si annuncia abbastanza movimentata, ma Giuseppe Adernò è convinto. «Vorrei far capire che ci vuole senso di responsabilità, che non ci si può più aspettare tutto dallo Stato e che senza il contributo dei genitori anche la scuola pubblica si ferma. Quest’anno i miei alunni hanno potuto avere il servizio mensa perché l’hanno pagato i loro genitori: il Comune è riuscito a bandire solo in ritardo la gara e il servizio è iniziato a marzo, quando l’anno scolastico stava per terminare».
Certo, tutto questo accade a Catania, città dalle finanze disastrate: centinaia di milioni di euro di buco e l’ex-sindaco Umberto Scapagnini rinviato a giudizio insieme a due dirigenti e 16 ex assessori. Ma è anche vero che il governo aveva provveduto a inviare lo scorso ottobre un aiuto da 140 milioni di euro.
Giuseppe Adernò è andato a bussare alla porta del Comune il 26 maggio. Ha scritto una lettera al sindaco e all’assessore alle Politiche scolastiche per chiedere i 44 banchi, le 44 sedie, le 2 cattedre, i 2 armadi, le 2 lavagne. Costo della richiesta: 5 mila euro. In questi casi, in genere, si procede con una gara e un mutuo ma il comune di Catania nelle condizioni in cui è non può chiedere aiuto alle banche. L’acquisto insomma dovrebbe essere fatto con fondi municipali.
«Ho incontrato due giorni fa l’assessore - spiega Adernò - mi ha detto che il problema si risolverà, mi ha assicurato di aver predisposto un monitoraggio nelle altre scuole della città per capire se esistano arredi in più da portare nelle nostre due nuove prime elementari». Insomma si sta tentando di recuperare qualche banco e qualche sedia qui e lì, in giro per Catania. «Ho fatto anch’io alcune telefonate ma non mi sembra che si trovi nulla».
L’assessore alle Politiche Scolastiche, Sebastiano Arcidiacono, invece, è ottimista: «Abbiamo qualche mese di tempo. Troveremo una soluzione, si tratta di cinquemila euro, non è un problema insormontabile».
Tre mesi di tempo, quindi: nel frattempo i genitori non sanno se e come i loro figli andranno a scuola. Se il comune non riuscisse a trovare i fondi e se i genitori non dovessero essere tutti d’accordo a finanziare banchi e sedie che cosa potrebbe accadere? «Quello che possiamo dare, lo daremo. Quello che non possiamo dare, non lo daremo», risponde Adernò.