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La Stampa: La musica boccia la scuola

Verrebbe da supporre che la Storia della musica dovesse penetrare e integrarsi nella riforma dei Licei presentata con encomiabile solerzia dal ministro Gelmini al Consiglio dei ministri il 12 giugno scorso; invece, nulla di tutto questo, anzi

12/07/2009
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La Stampa

Barbara Spinelli Giorgio Pestelli

Da circa mezzo secolo, poco alla volta, la Storia della musica è penetrata in tutte le Facoltà umanistiche dell’Università italiana; oggi è insegnata secondo le indispensabili limitazioni cronologiche e settoriali, e attraverso corsi, seminari, esercitazioni, tesi di laurea e di dottorato ha raggiunto l’articolazione e la dignità intellettuale delle consorelle discipline letterarie e artistiche; non pochi musicologi italiani insegnano oggi in illustri università straniere e i corsi tenuti a suo tempo, per citarne alcuni, da Nino Pirrotta, Fedele d’Amico, Massimo Mila, Mario Bortolotto, Luigi Rognoni, Francesco Degrada, Lorenzo Bianconi sono diventati libri che hanno circolato ben oltre i soli addetti ai lavori, creando un livello di cultura diffusa in campo musicale impensabile nel pubblico italiano prima del 1960.
Stando così le cose, verrebbe da supporre che la Storia della musica dovesse penetrare e integrarsi nella riforma dei Licei presentata con encomiabile solerzia dal ministro Gelmini al Consiglio dei ministri il 12 giugno scorso; invece, nulla di tutto questo, anzi. La creazione di un «Liceo musicale e coreutico» sembra aver giustificato la scomparsa della musica da tutti gli altri Licei, secondo uno specialismo (copiato dalla scuola americana in quello che ha di più triviale e arretrato) che vuol dire perpetuare l’attuale ignoranza musicale nelle future classi dirigenti del nostro paese; nemmeno nei Licei artistici, in connessione con l’insegnamento di Scenografia, si sentirà mai parlare di una Storia del melodramma. Ma anche i giovani che s’iscriveranno al Liceo musicale, di Storia della musica, che dovrebbe essere la base della loro educazione, ne avranno ben poca: due ore settimanali nei primi due anni e solo un’ora negli ultimi tre, ossia proprio nella fascia d’età più adatta a collegare i suoi contenuti con quelli delle discipline storiche, filosofiche e linguistiche; è quasi incredibile che la Storia della musica nell’indirizzo musicale del nuovo Liceo totalizzi un numero di ore inferiore alla Storia dell’arte, e che sia del tutto assente nell’indirizzo coreutico.
Evidentemente al Ministero penseranno che quella disciplina sia un insegnamento nozionistico di dati ordine cronologico (anche se un po’ di nozionismo non farebbe male: vedi la gaffe recente del tema proposto all’esame di maturità dove una Sonata di Beethoven è stata attribuita a Haydn), mentre è una storia di fatti espressivi inseparabili dall’evoluzione dell’individuo e della società cui appartiene, quindi un insegnamento formativo al massimo grado. Tanto più colpisce questa depressione dell’approccio storico quando si leggono i così detti «profili in uscita» elaborati dal Ministero: il giovane che esce dal «Liceo musicale e coreutico» dovrebbe «essere in grado di conoscere i repertori significativi del patrimonio musicale e coreutico nazionale e internazionale», «conoscere e analizzare le principali tecniche della scrittura musicale», «conoscere i diversi elementi di stile della coreografia attraverso le varie epoche»; ma si può immaginare tutto ciò, anche la sola nozione di «repertorio» o di «stili differenti», senza un maturato contatto con la storia? E’ davvero auspicabile che venga dato ascolto al movimento che si sta organizzando presso insegnanti di Storia e Pedagogia musicale per chiedere al Ministero di modificare questo quadro desolante