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La Stampa: Scuole al via, le maestre vestite a lutto
Anche le mamme in piazza contro tagli e insegnante unico
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FLAVIA AMABILE
ROMA
«Il futuro dei bambini non fa rima con Gelmini» c’era scritto ieri sulle magliette di alcune delle migliaia di mamme che hanno protestato in tutt’Italia contro i tagli di 130 mila posti in tre anni e il ritorno al maestro unico. Era il primo giorno di scuola per l’80% delle regioni: in centinaia di istituti gli insegnanti, soprattutto della primaria, hanno accolto i loro alunni con il lutto al braccio, il grembiule nero, volantini e striscioni contro il ministro Gelmini. Davanti al ministero dell’Istruzione alcuni studenti hanno indossato delle orecchie d’asino di cartone con, davanti a tutti, uno studente vestito solo di mutande e canottiera per sottolineare la «povertà della scuola pubblica».
«Manifestazioni organizzate da minoranze», è il giudizio del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ha sottolineato come con il governo di centrodestra «lo Stato è tornato a fare lo Stato» mentre il governo di centrosinistra «aveva portato a considerare azioni di minoranze organizzate contro decisioni prese da organismi istituzionali democraticamente eletti come forme di democrazia». Le proteste non sono piaciute nemmeno al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini: «È vergognoso strumentalizzare i bambini per cavalcare proteste che sono solo politiche. Per tutti i bambini il primo giorno di scuola è una festa, un momento di gioia e allegria, non certo un’occasione per terrorizzarli».
Le maggiori contestazioni si sono svolte nella capitale, dove, secondo i sindacati, sono stati coinvolti almeno settanta istituti e genitori e figli occuperanno per una settimana una scuola primaria. Ma iniziative di protesta si sono organizzate nelle province della Sicilia, in Calabria, in Puglia, nel Casertano, a Napoli, Firenze, nelle Marche, a Genova e a Venezia.
I tagli contro cui protestano i docenti derivano sia dalle scelte fatte dall’ultimo governo Prodi (30 mila cattedre in meno in tre anni), sia, soprattutto, dalla politica avviata dall’attuale esecutivo: attraverso il decreto legge n. 112 è prevista una riduzione di oltre 87.341 cattedre in tre anni. Il ritorno al maestro unico e la riduzione del modello base d’insegnamento alla primaria rientrerebbero in questa dieta complessiva e, secondo alcune stime sindacali, coprirebbero circa la metà dei tagli. A questi numeri, che riguardano i docenti, si va ad aggiungere il 17% del personale Ata (altri 42.500 posti): qualora il numero di studenti non dovesse innalzarsi, il governo prevede quindi di tagliare entro il 2012 complessivamente quasi 130 mila posti. E ieri il ministro ha annunciato che ad alcuni docenti in esubero nelle materie umanistiche «chiederemo uno sforzo per apprendere l’insegnamento della lingua straniera».
Nei prossimi giorni si annunciano altre proteste e scioperi. I sindacati confederali attendono l’esito dell’incontro di venerdì con il ministro Gelmini. Ma alcune rappresentanze sindacali e associazioni di docenti hanno già deciso: il 19 settembre, la Cub ha proclamato lo sciopero dei precari di tutta la pubblica amministrazione; il 2 ottobre scenderanno in piazza gli specializzandi dell’Anief; il 3 si ferma l’Unicobas; il 16 ottobre tocca alla Gilda degli insegnanti; il giorno dopo ai Cobas. Enrico Panini, segretario generale dell Flc Cgil ripete: «Il ministro spaccia per modernizzazione e qualificazione un'operazione di puro taglio, togliendo a questo Paese risorse che appartengono a tutti i cittadini perché realizzano il diritto universale alla conoscenza».www.lastampa.it/amabile