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La voglia di riscatto

Il decreto è un primo, importante segnale

10/09/2013
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l'Unità

Massimo Adinolfi

Il decreto è un primo, importante segnale. Per anni scuola e università sono scivolati a margine delle politiche di governo e dell’attenzione pubblica, oppure sono stati interessati da propositi di riforma confusi, accompagnati da una sempre più accentuata diminuzione delle risorse, a sua volta coperta da una aggressiva quanto velleitaria ideologia meritocratica. Come se il problema della scuola italiana stesse esclusivamente nel permettere ai migliori di eccellere, con buona pace di tutti gli altri. Come se non fosse invece necessario recuperare la centralità della vita scolastica nei processi educativi, nella considerazione delle famiglie, nel tessuto sociale del Paese. Ci sarà tempo per analizzare nel dettaglio il provvedimento varato ieri, che interviene su diversi aspetti del pianeta scuola: dal caro-libri, che si cerca di contenere, agli interventi per l’edilizia scolastica, che possono rappresentare solo il primo passo di un piano più generale e di stanziamenti più cospicui. Dal fondo per le borse di studio per studenti universitari, che si incrementa (anche se di poco) alla lotta alla dispersione scolastica, che questo decreto prova a rilanciare (anche se, di nuovo, 15 milioni non sono certo un intervento risolutivo). Il piano di immissione degli insegnanti, peraltro, attende ancora di essere definito nel dettaglio. Ma, detto ciò, quel che conta è l’impegno generale del governo a mettere mano a una materia su cui per troppo tempo ha prevalso una logica penalizzante, se non addirittura punitiva, nella convinzione che la scuola italiana fosse un vasto continente di sprechi diffusi, eccessivamente sindacalizzato e pesantemente ideologizzato, da riportare quindi sotto gli standard di razionalità e efficienza che l’imperativo tecnocratico dei nostri tempi prova a dettare in ogni ambito del sociale: che si tratti di scuola o di ospedali, di cultura o di salute, tutto ciò che è pubblico essendo per principio giudicato inefficiente, bisogna, questa è la parola, razionalizzare. Il che equivale a ridurre le spese, efficientare, sburocratizzare, professionalizzare e, in ultima analisi, selezionare, in uno spirito competitivo che appartiene ai dettami concorrenziali del mercato, ma che nulla o poco dovrebbe avere a che fare con i progetti educativi e formativi di un’istituzione scolastica. C’è uno stanziamento, nel decreto di ieri, che merita di essere segnalato a questo proposito. Si tratta, anche in questo caso, di pochi milioni, dieci per l’esattezza, destinati a finanziare l’ingresso gratuito per i docenti nei musei e nei siti culturali. Non è cosa da poco: non certo dal punto di vista della cifra, ma dal punto di vista della direzione che il provvedimento si sforza di indicare. Immaginiamo infatti cosa possa significare presentarsi presso la biglietteria di un museo e, in forza di un tesserino da impiegato pubblico, vedersi riconosciuto il diritto di visitare gratuitamente una mostra: non equivale automaticamente a far parte di una casta di privilegiati? Sembra che finalmente il governo a questo domanda si sia attrezzato per rispondere di no, e che voglia anzi consentire all’insegnante che torna a frequentare i musei con soldi pubblici, e non con piccole economie tolte a un bilancio familiare sempre più magro, di rispondere che quella visita è importante, per il docente certo ma anche per il discente, che troverà in aula, l’indomani mattina, un professore non solo o non tanto più preparato, ma più invogliato a trasmettere ai propri allievi il gusto della scoperta, il piacere del bello e del vero, il valore della cultura. Il corpo docente rischia in questi anni di apparire formato da sfigati incapaci di farsi valere nella giungla del mercato e perciò imbucatisi nella scuola. Con questo decreto possiamo perlomeno augurarci che i docenti ricomincino ad apparire per quel che sono e che devono essere: un pezzo essenziale della classe dirigente del Paese. Aiutiamo l’Italia se restituiamo loro la dignità e il rilievo che la loro funzione merita.