Lauree, la riforma è agli inizi
Il Pnrr apre sul progetto dell'ex ministro Manfredi. Dottorati, rispunta il piano di Bussetti
Emanuela Micucci
Con il Recovery Plan le lauree diventeranno abilitanti, ma forse non tutte. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), infatti, prevede la riforma delle lauree abilitanti per determinate professioni, rendendo l'esame di laurea coincidente con quello di Stato. Una rivoluzione copernicana. Sebbene le poche righe che il Pnrr dedica alla riforma non lascino pensare alla possibilità che la previsione sia limitata solo ad alcune professioni, tuttavia una dichiarazione del sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto precisa che «l'ipotesi di lauree idonee da sole a far conseguire abilitazioni professionali non trova applicazione né per gli avvocati né per altre categorie professionali come i commercialisti, gli ingegneri e i notai. Si tratta, infatti, di percorsi professionali che, per specificità, sono esclusi da tali eventuali ipotesi».
Eppure, il testo del Pnrr si riferisce chiaramente alla generalità delle professioni, senza disparità di trattamento. «La riforma prevede», si legge nel documento, «la semplificazione delle procedure per l'abilitazione all'esercizio delle professioni, rendendo l'esame di laurea coincidente con l'esame di stato, con ciò semplificando e velocizzando l'accesso al mondo del lavoro da parte dei laureati». Al centro della questione, dunque, il perimetro di applicazione di questa riforma. Con l'ipotesi nei corridoi ministeriali di coinvolgere solo alcune lauree magistrali a ciclo unico come odontoiatria, farmacia, medicina veterinaria e psicologia, ed alcune lauree professionalizzanti come edilizia e territorio, tecniche agrarie, alimentari e forestali, tecniche industriali.
Del resto, la riforma indicata dal Pnrr si muove sulla scia di quella già proposta dall'ex ministro dell'università Gaetano Manfredi e inserita nel disegno di legge approvato il 19 ottobre dal governo Conte, il cui esame alla Camera è iniziato il 14 aprile con il termine per presentare gli emendamenti oggi, 4 maggio. Ddl che prevede lauree abilitanti proprio per queste professioni e la possibilità, su richiesta dei consigli degli ordini professionali o dei collegi professionali o delle relative federazioni nazionali, di abilitare all'esercizio delle professioni anche ulteriori titoli universitari che consentono l'accesso agli esami di Stato. La laurea abilitante in psicologia incassa l'ok del consiglio nazionale dell'ordine degli psicologi, «purché ci sia un'adeguata revisione del corsi di studi», precisa il presidente David Lazzari. Stessa richiesta del Cnpi, il consiglio nazionale dei periti industriali, che con il presidente Giovanni Esposito aggiunge che «l'esame di abilitazione non deve essere messo in discussione o svilito». Mentre l'associazione italiana giovani avvocati (Aiga) esprime dissenso all'eventualità della laurea abilitante allo svolgimento della professione forense «fino a quando non ci sarà una seria riforma del percorso di studi in giurisprudenza», spiega il presidente Antonio De Angelis: «In Italia ci si può laureare in giurisprudenza senza aver masi messo piede in un'aula di Tribunale, ed è dunque impossibile che un neolaureato sia in grado di svolgere una professione delicata come quella di avvocato».
Nel Pnrr si prevede anche la revisione del sistema delle classi di laurea, allargando i settori disciplinari e consentendo la flessibilità nella programmazione dei singoli corsi di laurea triennali, così da rimuovere i vincoli nella definizione dei crediti formativi, inoltre ampliando le classi di laurea professionalizzanti, facilitando l'accesso all'universalità agli studenti degli Its. La riforma dei dottorati di ricerca, aprendo i percorsi a soggetti esterni all'università e aggiornandone la disciplina, semplificandone le procedure e costruendo percorsi non finalizzati alla carriera universitaria, si muove sulla scia della riforma già preparata dal Dipartimento università e ricerca del ministro Marco Bussetti (governo Conte1).
Prevista, inoltre, l'estensione del numero di dottorati di ricerca e innovativi per la pubblica amministrazione e il patrimonio culturale. Mentre 11,4 miliardi andranno al rafforzamento della ricerca e diffusione di modelli innovativi per la ricerca di base e applicata, condotta in sinergia tra università e imprese, al sostengo ai processi di innovazione e trasferimento tecnologico, al potenziamento delle condizioni di supporto alla ricerca e all'innovazione. E mezzo miliardo di euro a didattica e competenze universitarie avanzate fino al 2026 per l'iscrizione in tre anni di 500 dottorandi a programmi dedicati alle transizioni digitale e ambientale, per creare 3 teaching and learning center per migliorare le competenze di insegnamento dei docenti di università e scuole in tutte le discipline e 3 digital education hub per studenti e lavoratori universitari, per rafforzare le scuole universitarie superiori, per realizzare 10 iniziative educative transnazionali con la Farnesina e 5 progetti di internazionalizzazione delle istituzioni Afam.
Al welfare studentesco sono destinati 1,91 miliardi di euro per triplicare i posti per gli studenti fuorisede, portandoli da 40mila a oltre 100 mila entro il 2026,ed aumentare l'importo delle borse di studio, allargando al contempo la platea degli studenti beneficiari. Con il Pnrr, «per la prima volta, grazie a importanti investimenti avremo l'opportunità di recuperare ritardi e superare divari che rallentano la crescita e aumentano la marginalizzazione», sottolinea la ministra dell'università Maria Cristina Messa. «Ora si apre un'importante stagione di riforme normative e di semplificazione delle procedure, per rendere attuative, nel tempo, le azioni che daranno il via a un circolo virtuoso».