Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Lauree professionalizzanti E’ scontro tra Its e Università

Lauree professionalizzanti E’ scontro tra Its e Università

Polemica sull’ultimo provvedimento del ministro Giannini: la sperimentazione dei nuovi diplomi. Mele (Its): va ritirato. Manfredi: finalmente Università e imprese collaborano

27/12/2016
Decrease text size Increase text size
Corriere della sera

Non c’è solo il pressing dei sindacati sulla ministra Valeria Fedeli per cambiare (o addirittura cancellare) la legge 107, detta La Buona Scuola. La ministra Stefania Giannini le ha lasciato anche una bella grana in fatto di Università, firmando il 12 dicembre, giorno in cui ha giurato il nuovo governo Gentiloni, un decreto che istituisce la sperimentazione delle «lauree professionalizzanti» a partire dal prossimo anno scolastico. Si tratta di percorsi universitari paralleli con lo scopo di fornire una specializzazione a chi si avvia alla professione di perito simile a quella dei pochi Its, istituti tecnici superiori, che da cinque anni con successo diplomano super-tecnici da inserire nel mondo del lavoro. Per ottenere il diploma professionalizzante si studia un anno di teoria, un anno in laboratorio e uno in azienda.

La scelta del Miur di far partire la sperimentazione delle lauree professionalizzanti, richieste peraltro anche dalle norme europee, all’interno delle Università ha scatenato reazioni e proteste da tutte le parti, a dimostrazione dei tanti interessi e della centralità di questi percorsi nel sistema scolastico terziario. Ecco i criteri previsti dal decreto: Ogni ateneo può proporre al massimo un corso di laurea per anno accademico; il progetto formativo va sviluppato attraverso convenzioni con imprese, associazioni o ordini professionali qualificati che assicurano almeno 50 crediti e non più di 60 crediti in attività di tirocinio curriculare; a ogni corso di studio possono accedere un massimo di 50 studenti; entro un anno dalla laurea almeno l’80% degli studenti deve aver trovato un impiego, altrimenti si perde il diritto all’accreditamento.

Non c’è solo il pressing dei sindacati sulla ministra Valeria Fedeli per cambiare (o addirittura cancellare) la legge 107, detta La Buona Scuola. La ministra Stefania Giannini le ha lasciato anche una bella grana in fatto di Università, firmando il 12 dicembre, giorno in cui ha giurato il nuovo governo Gentiloni, un decreto che istituisce la sperimentazione delle «lauree professionalizzanti» a partire dal prossimo anno scolastico. Si tratta di percorsi universitari paralleli con lo scopo di fornire una specializzazione a chi si avvia alla professione di perito simile a quella dei pochi Its, istituti tecnici superiori, che da cinque anni con successo diplomano super-tecnici da inserire nel mondo del lavoro. Per ottenere il diploma professionalizzante si studia un anno di teoria, un anno in laboratorio e uno in azienda.

La scelta del Miur di far partire la sperimentazione delle lauree professionalizzanti, richieste peraltro anche dalle norme europee, all’interno delle Università ha scatenato reazioni e proteste da tutte le parti, a dimostrazione dei tanti interessi e della centralità di questi percorsi nel sistema scolastico terziario. Ecco i criteri previsti dal decreto: Ogni ateneo può proporre al massimo un corso di laurea per anno accademico; il progetto formativo va sviluppato attraverso convenzioni con imprese, associazioni o ordini professionali qualificati che assicurano almeno 50 crediti e non più di 60 crediti in attività di tirocinio curriculare; a ogni corso di studio possono accedere un massimo di 50 studenti; entro un anno dalla laurea almeno l’80% degli studenti deve aver trovato un impiego, altrimenti si perde il diritto all’accreditamento.