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Liberazione-A lettera morta.La scuola per MAstrocola

Chi frequenta la letteratura scolastica sa che esiste una libellistica scolastico-sentimentale che parassita il dibattito pedagogico, traducendone il livello culturale “alto” in un lessico sentimentale “basso”.

28/03/2006
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Liberazione

A lettera morta.
La scuola per Mastrocola
Girolamo De Michele
Chi frequenta la letteratura scolastica sa che esiste una libellistica scolastico-sentimentale che parassita il dibattito pedagogico, traducendone il livello culturale “alto” in un lessico sentimentale “basso”. Sono in genere opuscoli la cui memoria svanisce rapidamente. Eppure oggi non poco successo di pubblico raccoglie un’autrice molto amata dallo staff di Letizia Moratti, Paola Mastrocola, che nei suoi libri ci propone una verosimile caricatura della vita scolastica. Montaggi in stile Striscia la notizia, qualche bugia, una mescolanza kitsch di riflessioni pseudo-didattiche e bozzetti patetici, il risultato è garantito: un registro delle lamentele da sala insegnanti, su cui val la pena di spendere qualche parola. La sala insegnanti è il luogo nel quale dovrebbero confrontarsi le pratiche didattiche attraverso l’incontro tra soggettività differenti; ma è anche una pubblica via nella quale il caso decide i presenti e gli assenti, e la dimensione temporale prevalente è la provvisorietà. Sono le pratiche dei docenti che la disambiguano, verso la produzione di idee concrete piuttosto che verso il discredito e il sarcasmo.
Ma Mastrocola rivendica la sua estraneità a commissioni, progetti comuni e quant’altro sia vita scolastica: come «insegnante di letteratura italiana», lei «ha scelto di potersi occupare di una determinata faccenda che si chiama letteratura. E poi sì, anche insegnare tutto ciò, ma come conseguenza». Ecco, in nuce, il modello-Moratti: lo scambio ammiccante, proposto ai docenti, tra lo sgravamento dall’onere della progettazione e della gestione in cambio dell’autoritarismo dirigenziale. La scuola del farsi i fatti propri e del laissez faire (all’autorità) in cambio della libera gnagnera in libera sala insegnanti. Del resto, Mastrocola la scuola degli obiettivi, progetti e motivazioni non la comprende, continua a chiedersi: «Perché la scuola vilipende tanto i contenuti?» - e non sa rispondersi. Forse non sa che nelle società complesse la molteplicità di informazioni necessarie per orientarsi nel mondo richiede un apprendimento orientato all’acquisizione di competenze e capacità, e non di pacchetti contenutistici. Una ricerca del 2000 attesta che circa il 50% degli scolarizzati in età compresa tra i 26 e i 35 anni ha perso o sta per perdere le abilità linguistiche acquisite in quella scuola nella quale «si insegnavano i contenuti»: la scuola dei contenuti (proposta da Moratti, rimpianta da Mastrocola) produce soggetti incapaci di reggere il confronto con la globalizzazione.

A Confindustria piace una scuola che produce soggetti condannati alla subalternità, alla flessibilità, alla mobilità forzata. E a Mastrocola? Lei è un’insegnante, perché dovrebbe occuparsi anche della società? «Io non posso passare il mio tempo a convincere una classe che deve studiare. Perché non accettiamo davvero che un ragazzo possa avere un altro tipo di intelligenza e possa quindi felicemente lasciare la scuola per andare a fare l'idraulico?»: ecco l'alternanza scuola-lavoro con cui la riforma espelle dall’apprendimento gli studenti per condannarli a una vita da subordinati.

E come si dovrebbe insegnare per Mastrocola? Non per percorsi: la letteratura è storia della letteratura, e solo così va insegnata - Benedetto Croce dorme sonni tranquilli. Non facendo analisi del testo: la letteratura è lo studio dei classici, e i classici non si analizzano. La cultura è trasmissione del passato, non rottura dei canoni per creare il nuovo. Perché dare agli studenti gli strumenti critici? C’è l’insegnante con la sua “autorevolezza” (parola molto usata da Fini, con la quale viene sempre mascherato l'autoritarismo) a dire cosa leggere e cosa no, cosa è “classico” e cosa no: a lasciar fare agli studenti, c’è il rischio che leggano «Camilleri, Stephen King, Harry Potter» (tutti testi che propongono un rapporto critico con l’autorità). «Insegnare è entrare in classe e dire: sentite che bello questo brano. E allora dobbiamo entrare in classe e leggere. Poi chiudere il libro, alzare gli occhi, guardare gli allievi e uscire. Basta, la lezione è finita». Che meraviglia! La scuola di Povia che fa: ohh! Anche la riforma Moratti propone, contro la cultura del dubbio e della critica, la “meraviglia” come stimolo all’apprendimento: è con motivazioni di questo tipo che si “suggeriva” la rimozione di Darwin!

Ma Mastrocola di tutto questo nulla vede: come Bartleby, lo scrivano alienato proveniente dall’ufficio delle lettere morte (cioè respinte) che risponde ad ogni domanda “preferirei di no”, anche lei, alienata nella difesa di un mestiere che si ripete sempre uguale, è diventata un’insegnante a lettera morta e risponde di no ad ogni argomento che incrini le sue certezze.