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Liberazione: Critiche su Tfr, Mose e ricerca. E Montalcini boccia la Finanziaria

La senatrice a vita minaccia di non votare la manovra al Senato se restano i tagli alla ricerca

11/11/2006
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Liberazione

Gemma Contin

Tfr, Mose, ricerca, sfratti, lavoro nero, Irpef, evasione fiscale. Ci sono giorni in cui il lavoro parlamentare si trascina un po’ prolisso e ridondante, in questa fase di discussione della manovra Finanziaria, in cui pare che, tranne il susseguirsi delle votazioni e di scaramucce verbali in Aula, non succeda niente: niente di rilevante per la vita reale che scorre fuori dai palazzi.
Poi tutto d’un tratto succede che i grumi di disagio su questioni che proprio non si possono digerire, e di fatica a trovare sempre il punto di mediazione, sfocino all’improvviso con fragore a scuotere il tran tran. Come ieri, a conclusione del Consiglio dei ministri, convocato come ogni venerdì su questioni non di poco conto ma che nell’agenda mediatica sono rimaste un po’ in sordina, sovrastate dalla litania stucchevole fiducia si-fiducia no, ostruzionismo si-ostruzionismo no.

Invece - con il solo voto contrario del ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero - è passato il decreto sulla previdenza integrativa, che vedrebbe il Tfr dirottato sui fondi pensione privati (la nota dice: nuova disciplina della previdenza complementare) a partire già dal prossimo primo gennaio, stando a quanto ha riferito ieri in conferenza stampa il ministro del Lavoro e della Previdenza Cesare Damiano.

Altro colpo di mano di maggioranza - questa volta con il voto contrario dei ministri Ferrero, della Ricerca Mussi e dell’Ambiente Pecoraro Scanio, e con l’astensione di Damiano e del ministro dei Trasporti Bianchi - riguarda il progetto veneziano del Mose, su cui «il Consiglio dei ministri ha preso atto della relazione presentata dal ministro delle Infrastrutture Di Pietro - si legge nel documento finale di Palazzo Chigi - sul progetto di regolazione delle maree (sistema Mose) per la laguna di Venezia. La relazione ripercorre l’iter del progetto e riferisce sulle risultanze dell’esame e degli approfondimenti effettuati da tutti gli Enti interpellati dalla Presidenza del Consiglio - precisa la nota - riguardo alle proposte alternative presentate dal Comune di Venezia. La relazione rileva che non sono emersi elementi nuovi che inducano a modificare il progetto originario».

Non ci sono alternative al Mose, dicono Di Pietro e i suoi tecnici, dunque la controversa “grande opera” andrà avanti, costi quel che costi. Nette e senza appello le reazioni degli ambientalisti. Per Mirko Lombardi, responsabile del Dipartimento Ambiente del Prc-Se: «Il voto a favore del Mose è uno schiaffo al movimento dei cittadini che hanno partecipato in massa il 14 ottobre a Roma alla manifestazione contro le grandi opere. E’ uno strappo evidente al programma dell’Unione, e una provocazione contro Rifondazione che da anni è impegnata a evitare lo sperpero di immani risorse in opere inutili e dannose. Di Pietro ha scarsissima dimestichezza con il programma dell’Unione e un’idea strana della democrazia - conclude Lombardi - che non prevede la partecipazione e conta sul voto disparitario in Consiglio dei ministri».

Il segretario nazionale di Rifondazione comunista-Sinistra europea Franco Giordano, ospite del congresso dei Verdi a Fiuggi, sulle due questioni sollevate dal voto contrario del suo ministro, ha dichiarato: «Siamo da sempre contrari alla previdenza integrativa e quindi, essendo questo un anticipo di un accordo su cui siamo contrari, abbiamo voluto rimarcarlo. Anche perché le modalità di intervento andavano definite con un accordo preventivo nella coalizione. Questo non fa parte del programma di governo. E abbiamo votato contro il Mose, insieme ai Verdi, perché siamo contrari a quella grande opera a cui è contraria anche l’amministrazione locale».

Palazzo Chigi ha anche accantonato la discussione sul disegno di legge riguardante «interventi per contrastare lo sfruttamento della manodopera extracomunitaria». Ancora una volta Paolo Ferrero, con il sostanzioso supporto della ministra della Famiglia Rosy Bindi, ha bloccato il provvedimento del ministro dell’Interno Amato, «rimosso - ha detto il sottosegretario Enrico Letta - perché necessita di ulteriori approfondimenti». E’ passato invece il decreto in materia di sfratti che era stato bocciato in prima battuta con uno scivolone del Senato, ma che adesso verrà reiterato «con alcuni correttivi - afferma Ferrero - in modo da andare a risolvere già nelle prossime settimane situazioni abitative particolarmente urgenti».

Contemporaneamente alla Camera dei deputati venivano approvati gli articoli della Finanziaria relativi all’Irpef (articolo 3, rimodulato con l’emendamento del governo) agli assegni famigliari (articolo 4) e le «disposizioni in materia di accertamento e di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale» (articolo 5). Tre aspetti intuitivamente tra i più sostanziosi dell’intera manovra, perché in essi si concentra gran parte delle scelte di equità e di riequilibrio della pressione fiscale sui lavoratori e sulle famiglie, oltre a rappresentare le fonti primarie di entrata per coprire il grosso del fabbisogno.

Ma non si naviga in acque tranquille, di questi tempi, e ieri si è verificato un nuovo incidente sulla Ricerca, con la dichiarazione della senatrice a vita Rita Levi Montalcini che, dopo la presa di posizione della Conferenza dei rettori italiani che hanno minacciato di chiudere gli atenei pubblici per mancanza di fondi, ha minacciato di non votare la Finanziaria al Senato se non si troveranno le risorse per l’Università e la Ricerca. E, come si sa, un voto in meno al Senato rende molto ma molto concreto il rischio di crisi che le prefiche dei grandi mezzi d’informazione vanno predicendo dal primo giorno di governo Prodi.