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Liberazione-Crocifisso in classe, la parola alla Consulta

Il ricorso di una mamma finlandese. La sentenza a dicembre Crocifisso in classe, la parola alla Consulta Può lo Stato obbligare gli alunni di una scuola pubblica a studiare sotto una cro...

27/10/2004
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Liberazione

Il ricorso di una mamma finlandese. La sentenza a dicembre
Crocifisso in classe, la parola alla Consulta
Può lo Stato obbligare gli alunni di una scuola pubblica a studiare sotto una croce o un crocifisso? Un quesito cruciale posto alla corte costituzionale, nell'udienza pubblica di ieri, dall'avvocato di una cittadina finlandese residente ad Abano Terme (Padova) con due figli che frequentano la prima e la terza media della scuola statale Vittorino da Feltre.
I fatti, di cui ora si interessa la Consulta, per i dubbi di legittimità costituzionale sollevati sulle normative applicate dalle autorità scolastiche, risalgono al 2002. Soile Lautsi, la mamma finlandese, protesta per la presenza del crocifisso nelle aule frequentate dai suoi ragazzi. Il consiglio d'Istituto delibera, con una maggioranza di 10 genitori su 13, che "i simboli religiosi" possono restare esposti. La straniera non si arrende, ricorre al Tar del Veneto che intravede un conflitto tra le disposizioni scolastiche e gli articoli della Costituzione che affermano i principi di laicità e imparzialità dello Stato: nello specifico gli articoli 2, 3, 7, 8, 19 e 20, che garantiscono l'uguaglianza tra i cittadini di qualsiasi fede, il rapporto di reciproca indipendenza tra Stato e Chiesa, la libertà di professare qualsiasi religione. Il tribunale amministrativo rimette la questione alla corte costituzionale.

L'istruzione del giudizio davanti ai giudici costituzionali è affidata a Valerio Onida che poi diventa presidente della Consulta. Potrebbe affidare il fascicolo a qualche collega, ma preferisce essere lui il giudice relatore. E' in gioco una questione che suscita impatti emotivi imprevedibili, come si è visto nel recente caso della scuola elementare di Ofena, in provincia dell'Aquila: le polemiche furibonde, la mobilitazione di un intero paese, la febbre dell'integralismo cattolico contro la decisione del giudice Marco Montanaro di accogliere l'esposto di un genitore musulmano sulla presenza del crocifisso nell'aula frequentata da suo figlio. Una questione a rischio di sconfinare dal piano del diritto costituzionale a quello dei pregiudizi, di confessione cattolica o islamica, che snaturano le immagini sacre in simboli del potere religioso.

L'avvocato Massimo Luciani, che assiste Soile Lautsi, ha chiesto ai giudici costituzionali di non lasciarsi convincere da ragioni di opportunità a dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale posta dal Tar del Veneto. Ha ricordato che un giornale ha scritto addirittura che la Corte rischia la delegittimazione dalla sua pronuncia. "Non si tratta di decidere su temi da guerra di religione - ha detto l'avvocato - ma di verificare se l'esposizione della croce o del crocifisso nelle scuole pubbliche metta in gioco il principio costituzionale della laicità dello Stato". Per il Tar del Veneto i dubbi di costituzionalità sono legittimati dal fatto che il crocifisso ha non solo il valore di "massima icona cristiana", ma anche un "significato confessionale", in quanto è un vessillo della chiesa cattolica.

La tesi della inammissibilità, sostenuta dall'avvocatura dello Stato e dall'associazione dei genitori (un sodalizio cattolico), costituitasi come parte interessata, viene motivata con la natura regolamentare delle normative del 1924 e del 1928 che includevano tra gli arredi scolastici la bandiera nazionale, il ritratto del re e il crocifisso. La Consulta non avendo giurisdizione sui regolamenti non avrebbe titolo a pronunciarsi.

I giudici del Tar e la difesa della ricorrente obiettano che il testo unico del 1994 sulle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione rinviava proprio all'applicazione di quelle normative regolamentari del ventennio fascista, salvo le disposizioni abrogate come quella riguardante l'esposizione del ritratto del re: ma non era abrogato l'obbligo di esposizione del crocifisso. Tale obbligo, quindi, in quanto vigente per effetto della legge del 1994, può essere sottoposto al sindacato della Consulta.

"La Corte - ha detto l'avvocato Luciani - si è sempre pronunciata per l'ammissibilità del controllo di legittimità della legge per come si è integrata col diritto vigente anche regolamentare".

L'avvocato dello Stato Antonio Palatiello non si è fermato alle obiezioni formali contro l'ammissibilità della giurisdizione della Corte. Secondo lui "l'esposizione del crocifisso serve a far capire ai bambini che la società in cui vivono è una repubblica democratica che ha uno speciale patto di alleanza col cattolicesimo. Per togliere il crocifisso dobbiamo abrogare l'articolo 7 della Costituzione". Cioè il concordato. E qui, il povero cristo amato dagli umili e dagli oppressi, non c'entra niente. Sentenza entro dicembre.

Annibale Paloscia