Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Liberazione-Finanziaria, niente per gli enti locali, molto per le scuole e gli asili privati

Liberazione-Finanziaria, niente per gli enti locali, molto per le scuole e gli asili privati

governo conferma il taglio del 50% del fondo per la spesa sociale, poi il premier si prende 48 ore per una risposta definitiva. Intanto i sindaci confermano la mobilitazione del 10 novembre. Lite nell...

27/10/2005
Decrease text size Increase text size
Liberazione

governo conferma il taglio del 50% del fondo per la spesa sociale, poi il premier si prende 48 ore per una risposta definitiva. Intanto i sindaci confermano la mobilitazione del 10 novembre. Lite nella Cdl per i fondi famiglia
Finanziaria, niente per gli enti locali, molto per le scuole e gli asili privati
Andrea Milluzzi
"Abbiamo impostato una manovra di contenimento e, come un buon padre di famiglia, anche a voi, che siete gli spenditori, abbiamo chiesto di contenere le spese": si sono sentiti rispondere così da Silvio Berlusconi i rappresentanti degli enti locali nell'incontro di ieri a palazzo Chigi sulle misure della prossima finanziaria. A nulla è valso organizzare una "iniziativa nazionale sull'emergenza delle politiche sociali" come quella di ieri mattina nella sala Capranica, a due passi dall'ingresso di Montecitorio: il governo non ci sente, che si arrangino i sindaci e tutti gli amministratori locali.
Del miliardo di euro previsto nel 2004 per il fondo nazionale per le politiche sociali fino adesso ne sono stati erogati 518 milioni ma l'altra metà resterà nelle casse governative. E' scritto a chiare lettere nella finanziaria di Tremonti, lo hanno ripetuto ieri il presidente del Consiglio, lo stesso Tremonti e La Loggia. Ovviamente insoddisfatti, per non dire irati, i rappresentanti delle istituzioni locali che già prima che finisse il vertice hanno descritto a chiare lettere chi dovrà subirne gli effetti: "Noi abbiamo a rischio la chiusura dei bilanci dove ci saranno tagli pesantissimi che ricadranno sulle spalle dei cittadini" ha detto il presidente dell'Emilia Romagna e presidente della conferenza delle Regioni, Vasco Errani. Alla fine Berlusconi si è riservato di dare una risposta entro le 17 di domani sulla seconda tranche del fondo, ma questo non ha impedito la conferma della giornata di mobilitazione nazionale del 10 novembre.

Sarà colpa della congiuntura internazionale, dell'euro, della concorrenza cinese come si è giustificato Berlusconi, fatto sta che per le fasce più deboli della popolazione si preannunciano tempi duri: "Da una prima stima sul territorio nazionale, i tagli riguarderanno per il 50% i progetti per le famiglie, minori ed anziani, il 25% quelli per i disabili e l'altro 25% per l'inclusione sociale" si legge nel documento presentato alla conferenza stampa di ieri, a cui hanno partecipato anche rappresentanti delle comunità montane, di associazioni e della Cgil. Non solo, "la riduzione del fondo significa anche la perdita di posti di lavoro per coloro che operano nella rete del welfare". All'uscita da palazzo Chigi umori contrastanti: da una parte i rappresentanti governativi Tremonti e La Malfa, soddisfatti dell'incontro "molto interessante e proficuo", dall'altra le controparti che in blocco hanno bocciato il vertice. Fra gli altri è doveroso segnalare la presa di posizione di Renato Soru, presidente della Sardegna, regione a statuto speciale come la Sicilia, che ha lamentato l'esclusione dell'isola dall'accordo con lo Stato per risolvere i debiti fiscali pregressi, così come invece è stato fatto per la Regione di Cuffaro. Sospettoso anche Enrico Borghi, presidente dell'unione delle comunità montane che, se da una parte saluta l'impegno di Tremonti a non cancellare la sua associazione, dall'altra avverte: "Senza il rifinanziamento del Fondo per la montagna, nella misura concordata di 60 milioni, l'Uncem non sarà più in condizione di esercitare la sua funzione".

L'altro aspetto che gli amministratori contestano al governo è la mancanza di collegialità nel prendere le decisioni, soprattutto se c'è una riserva di 1.140 milioni di euro destinati alla famiglia e alla "solidarietà" per lo sviluppo socio-economico: "Il ministro Tremonti non ha fornito per questi fondi indicazioni chiare, riservandosi l'utilizzo accentrato che con una distribuzione non filtrata dai servizi locali potrebbe ricadere anche su beneficiari non idonei" continua il documento. Per tentare di ovviare questa lamentela il vertice di ieri sera è servito anche per decidere una serie di incontri, che partiranno oggi, fra il ministro dell'economia e gli amministratori. Ma quei 1.140 milioni fanno gola a molti, tanto che sono stati l'oggetto di una ventilata crisi di governo da parte dell'Udc che, intuita l'intenzione di sottrarre buona parte di quelle risorse dal fondo per le famiglie, ha minacciato di uscire dalla maggioranza. Minaccia rientrata con una mediazione: 140 milioni andranno in un fondo per lo spettacolo e gli altri 1.000 saranno destinati alla famiglia. Qua spuntano le sorprese, come un "bonus bebè" da 1.000 euro per i secondi figli e un aiuto per i bambini che frequentano asili e materne private (a maggioranza cattoliche) al posto del fondo libri per le famiglie più povere. Questa almeno è la piattaforma di discussione all'interno della Cdl, dove tutti adesso sono contenti, compreso Rocco Buttiglione che per un intero pomeriggio si è dovuto districare fra il suo ruolo di ministro della cultura paladino degli artisti scesi in sciopero e presidente dell'Udc che minacciava fulmini se la cultura avesse sottratto soldi alla famiglia. Miracoli di governo, ma a tornarsene a casa con il muso lungo sono stati gli amministratori locali e, se nulla cambierà, noi con loro.