Liberazione: Gli insegnanti s'accampano
Roma, dall'occupazione del provveditorato al giardino del ministero della Pubblica Istruzione
Laura Eduati
Non chiamateli precari. «Siamo insegnanti come quelli di ruolo, mi fa soffrire il solo pensiero che quest'anno non avrò una classe perché amo questo lavoro».
Vera, 37 anni, volantina davanti all'ufficio scolastico provinciale di via Pianciani a Roma dove, da venerdì, un pugno di insegnanti con la cattedra in bilico dorme e resiste contro i tagli imposti da Mariastella Gelmini. Non tutti hanno perso definitivamente il posto. Come Iacopo Iani, 34 anni, docente di latino e italiano con una cattedra temporanea annuale: «Il prossimo anno toccherà a me. Nel 2010 lasceranno a casa 30mila persone, nel 2011 ventimila».
Al presidio convocato per il pomeriggio sono arrivati anche professori di ruolo, prossimi alla pensione: personalmente non rischiano nulla ma vogliono fare parte della lotta «perché questo licenziamento di massa distruggerà la scuola pubblica e la qualità dell'insegnamento». E dunque riguarda tutti. Anche i residenti di via Pianciani che dalla finestra calano bottiglie di acqua fresca alle otto persone che occupano giorno e notte dormendo nella sala al piano terra, di fronte agli sportelli, e mangiando lasagne e melanzane alla parmigiana cucinate da altri insegnanti e dalle Brigate di solidarietà di Rifondazione, di servizio nelle tendopoli aquilane.
Lo dice chiaramente Simonetta Malacone, insegnante alla primaria "Iqbal Masik" e leader delle scuole ribelli romane contro il maestro unico: «Questa protesta sarà forte se riusciremo a coinvolgere anche gli studenti, i genitori e quei docenti con la cattedra sicura». Esprimono qualche malumore contro gli insegnanti di ruolo che stanno accettando cattedre di 24 ore contro le normali 18, in deroga al contratto nazionale: le sei ore aggiuntive sono state ottenute spezzettando cattedre di diciotto ore e affidandole a insegnanti che hanno già un contratto fisso. «In questo modo» denuncia la giovane Mara, «tolgono cattedre ai precari per aggiudicarsi qualche ora di straordinario».
Come non capirli, è il pensiero che serpeggia: gli stipendi sono così bassi che sei ore di straordinario fanno gola a chiunque. Una guerra tra poveri, ed è quello che denunciano gli insegnanti precari: i contratti di disponibilità ideati dal ministero per tamponare l'emergenza di queste settimane, continua Iacopo, «sono un contentino che avvantaggia soltanto quei docenti con un alto punteggio in graduatoria». Conclusione: ai disperati non rimane nulla, e la categoria viene così divisa in tronconi poco solidali uno con l'altro. Anche a livello territoriale, visto che il governo ha scaricato il problema dei sussidi sulle Regioni e soltanto alcune, come Veneto, Lombardia e Campania, hanno raggiunto un accordo con i precari mentre le altre tentennano.
Domani la conferenza stato-regioni deve riunirsi per decidere questo aspetto. «Chiediamo a Vasco Errani di prendere una posizione chiara per rendere omogeneo l'intervento delle regioni altrimenti arriveremo al salario differenziato» dice Gennaro Loffredo (Prc), anche lui con il sacco a pelo negli uffici provinciali. «Ed è assurdo che questi contratti di disponibilità siano finanziati con i soldi destinati alla formazione professionale, perché così si toglie ai poveri per dare ai poveri», ragiona Salvatore Bonadonna (Prc).
Poco a poco via Pianciani, calda e assolata, accoglie trecento persone. Tante le bandiere: Rifondazione, Italia dei Valori, Sinistra critica, Cobas, Flai-Cgil. L'adesione al presidio proviene anche dall'Unione degli studenti, Fiom, lavoratori Telecom, comitato precari della scuola. Ignazio Marino con una fascia rossa al braccio fa una comparsata in nome del Partito democratico, ma non interviene al microfono dove minuto dopo minuto viene deciso che la protesta romana deve crescere e diventare nazionale, forse a fine settembre. Piero Bernocchi approva le proteste clamorose, le salite sui tetti: «Ci danno visibilità e mandano un messaggio ai precari che ancora non manifestano: poco a poco raggiungeremo tutti e sarà giusta una mobilitazione di massa».
Qualcuno lancia un appello ai docenti che tra qualche giorno inizieranno le lezioni: bloccare le aule, gettare scompiglio. E finalmente parte il corteo verso viale Trastevere, di fronte al ministero della Pubblica Istruzione dove dal primo pomeriggio gli esponenti di Sinistra e Libertà hanno simbolicamente tagliato un banco per protestare contro i tagli. Non è un corteo fine a se stesso: l'obiettivo è un presidio permanente che sfocia in tarda serata nella decisione di accamparsi con un camper e qualche tenda. A tempo indeterminato, sotto le finestre della ministra. Per ribadire le richieste degli insegnanti lasciati sul marciapiede: blocco dei tagli, dimissioni della ministra, contratto di ruolo i precari necessari a coprire i posti vacanti. E non solo: diminuzione del numero di studenti per classe, ritiro della proposta di legge Aprea che consenitrebbe una aziendalizzazione delle scuole «mentre i presidi decideranno chi chiamare secondo la logica del clientelismo e non del merito».