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Liberazione-I nuovi proletari, nella futura scuola pubblica

Storie di ordinario disagio. Tutto quello che sta dietro gli attuali corsi per diventare insegnanti I nuovi proletari, nella futura scuola pubblica Storie di ordinario disagio. Problemi di s...

16/01/2004
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Liberazione

Storie di ordinario disagio. Tutto quello che sta dietro gli attuali corsi per diventare insegnanti
I nuovi proletari, nella futura scuola pubblica
Storie di ordinario disagio. Problemi di sfruttamento culturale ed economico. Sofferenze psicologiche. Tutto questo sta dietro gli attuali corsi per diventare insegnanti di ruolo che vengono organizzati nelle Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario (d'ora in avanti Silsis). Il quadro generale è questo: d'ora in avanti solo la frequenza a questi corsi biennali darà la possibilità, avendoli superati, di insegnare nella scuola pubblica. Le suddette Silsis si svolgono presso università, quindi nelle città e preferibilmente nelle grandi città. Due casi che gravitano su Milano.
"Mi chiamo Anna - nome di fantasia - e vengo dalla Valsesia in provincia di Vercelli, più o meno cento chilometri da Milano. Per arrivare fin qui, e fare il tirocinio in questo liceo, nel centro della città, mi sveglio più o meno alle cinque, quando vengo alle otto, se dove venire alle nove la sveglia suona alle sei. Dopo il tirocinio a scuola c'è, quasi ogni giorno il corso della Silsis, dalle due mezza alle sei e mezza, torno a casa verso le nove di sera. C'è l'obbligo della frequenza e dobbiamo anche firmare le presenze. Possiamo assentarci solo una volta su quattro la settimana. E' necessario venire nella grande città. Potevo andare anche a Torino, ma sarebbe stato più o meno lo stesso. La scuola costa mille euro per i due anni. In più ci sono le varie spese vive: abbonamenti treni, tram, pranzi. E per molti, che abitano lontano non è possibile lavorare la mattina. Perciò devo essere mantenuta dai miei genitori. Il tirocinio consiste in 144 ore l'anno, compresa la frequenza agli incontri collegiali. Quest'anno si pensa chiudano i corsi prima, a febbraio, per cercare di sanare una situazione ingarbugliata verso i precari cosiddetti "storici". Pensiamo anche però che sia un ulteriore ostacolo per non permetterci di avere l'abilitazione, dato la concorrenza oggettiva con i precari "storici" che hanno fatto i vari concorsi nel tempo".

"La mia storia è questa - prosegue Marco, altro nome di fantasia -, anch'io vengo da lontano, dal lago Maggiore ed insegno a Domodossola, sette ore alla settimana. Gli altri giorni sono a Milano. Vivo il paradosso di saltare i consigli di classe nella mia scuola di lavoro per poter frequentare, e da estraneo, i consigli di classe in questo liceo. Una delle poche possibilità di lavoro per noi sono le scuole private. Ma vi sono anche alcuni, a Milano, che insegnano per tutte le diciotto ore settimanali, ma è ancora più problematico. Dopo il tirocinio, la mattina, il pomeriggio vi sono lezioni che riguardano la nostra disciplina, anche con l'uso dei computer".

Anna: "Anche se non tutti i corsi sono interessanti. Alcuni sono rituali e fumosi. Alla fine del periodo dobbiamo presentare qualcosa di scritto sul quale veniamo valutati. Le indicazioni sono state all'inizio poco chiare, ora la pratica ci fa capire di più. Dobbiamo costruire unità didattiche, moduli inerenti alla nostra disciplina, preparare una lezione tipo. La tesina finale è la voce più importante per la valutazione. Vanno aggiunti i voti che vengono raggiunti nel periodo dei due anni".

Marco: "I gruppi sono abbastanza numerosi. Il numero varia e diventano affollati per le materie più comuni, per esempio lettere. Gli aspetti negativi sono l'indeterminatezza finale. Dopo la messa in graduatoria non sappiamo bene come le cose andranno. Siamo in preda a troppe variabili ora che riguardano il nostro punteggio finale ed il suo incremento. Il problema della graduatoria permanente si intreccia con i punti in più che ci vengono riconosciuti, che ora sono trenta. Precedentemente vi era anche il riconoscimento del punteggio del lavoro a scuola, ora non c'è più questa sovrapposizione. Di positivo si ha la conoscenza di diverse realtà, per chi già può lavorare. Per me, ad esempio, tra la mia piccola scuola, a Domodossola, privata con pochi studenti e questo liceo pubblico, tanti studenti, in centro a Milano. Dal punto di vista della didattica non c'è stata invece una grande utilità nel frequentare i corsi pomeridiani. Si impara di più sul campo".

Anna: "L'anno scorso è successo che la mia "insegnante accogliente" ad un certo punto non mi ha più voluto. Le motivazioni sono state che "mi ero comportata male". La mia tutor non mi ha difeso. Non so ancora oggi perché sono stata scacciata, senza possibilità di replica. Considerata meno di niente".

Marco: "Noi non abbiamo diritto di parola. Fra i tutor, le scuole accoglienti ed i presidi, che devono firmare un contratto con l'università, non vi sono rapporti organici e frequenti. Quando sorgono problemi di un certo spessore i tutor sovente non si fanno vedere. Per esempio il preside di questo liceo non vuole la nostra presenza durante i collegi docenti, però pretende che stiamo in una stanzuccia vicino al luogo dove si svolge il Collegio docenti, senza farci vedere".

Riassumiamo: scuole pesanti, a livello di frequenza, e costose; difficoltà di incastrare un possibile lavoro in una giornata piena di impegni sia la mattina sia il pomeriggio; posizione debolissima nell'ordinamento scolastico, nessuna possibilità di incidere e di relazionare con le altre componenti dell'istituzione. Ed i tirocinanti di oggi saranno gli insegnanti del domani. Marco: "Io ho imparato ad essere camaleontico. Cerco di farmi andare bene tutto". Ma questa non era una riforma?

Tiziano Tussi