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Liberazione: I sindacati: «Sulle pensioni non la pensiamo ugualmente»

L'affondo del governatore non piace a Cgil, Cisl e Uil

01/06/2007
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Liberazione

Fabio Sebastiani

«Non ha parlato dei salari troppo bassi e del fatto che per questo i consumi sono in discesa», e sulla previdenza «non abbiamo le stesse opinioni». Così il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, a commento della relazione del governatore di Bankitalia Mario Draghi. In attesa di salire le scale di palazzo Chigi (la data ancora non c'è), i sindacati rimangono cauti sul delicato tema della previdenza. Non è solo l'innanzamento dell'età a non trovare d'accordo la Cgil, ma anche il taglio dei coefficienti e il dirottamento di parte dei contributi pensionistici - come ha proposto Draghi - sulla previdenza complementare. Proposte, queste, secondo Epifani «molto, molto ardite». Per il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, le parole di Draghi sono «una opinione di cui terremo conto».
La sensazione del sindacato è che Bankitalia si stia concentrando in questo momento più sull'attuazione completa della Dini, piuttosto che stare appresso allo scalone e agli scalini, chce ieri Damiano ha rivendicato. «Il governatore ha detto di applicare i coefficienti - spiega Epifani - ma noi non è che non vogliamo applicarli. Intendiamo poterli rivedere e renderli più intelligenti, perché così come sono penalizzano troppo i giovani che domani andranno in pensione». Una controproposta non nuova da parte della Cgil, che finora ha trovato poco ascolto all'interno del governo. I coefficienti così come sono strutturati, infatti, rappresentano la classica media del pollo. E quindi l'eventuale taglio avrebbe effetti reali diversi sugli assegni previdenziali di diverso importo. Una opinione, questa, condivisa anche dagli altri sindacati. Luigi Angeletti, leader della Uil, parla di «coefficienti assolutamente infondati», mentre l'Ugl sottolinea che la discussione sui coefficienti «ignora il fatto che abbiamo una generazione di pensionati sempre più poveri».
La riforma della previdenza, sempre ieri, ha trovato un altro sponsor, il commissario Ue agli Affari eocnomici Joaquin Almunia. L'affondo del guardiano dei conti pubblici europei - intervenuto al Brussels Economic Forum - arriva a quattro giorni dalla riunione dell'Eurogruppo. I ministri economici di Eurolandia si troveranno lunedì a Lussemburgo per esaminare - spiega Almunia - la situazione di tutti i Paesi della zona euro alle prese con la messa a punto delle linee guida delle leggi di bilancio per il 2008. Sotto osservazione, dunque, anche l'Italia, in vista del Dpef, della riforma previdenziale e dei provvedimenti che stabiliranno definitivamente l'entità e la ripartizione del tesoretto. Il tutto entro la fine di giugno. Nel Granducato è atteso il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa: «Non credo questa volta ci saranno incontri bilaterali col ministro italiano», afferma il commissario Ue, che però fa capire di attendersi alcuni chiarimenti sugli sviluppi delle ultime settimane. Almunia non lo dice esplicitamente, ma fa capire che a Bruxelles si guarda con ansia al ritardo con cui procede il negoziato sulla previdenza. Il rischio, per la Commissione, è che nella maggioranza e nella discussione coi sindacati prevalga un orientamento che non garantisca i risparmi sperati. Almunia cita il capitolo sull'auamento delle "attese di vita". «L'invecchiamento della popolazione avrà un impatto considerevole sulle nostre economie, dal 2010 a partire da Paesi come Italia e Germania», spiega Almunia, per il quale «anche se l'impatto negativo complessivo sui nostri sistemi previdenziali sarà evidente solo dal 2020, la sfida è più che mai urgente». Dunque, «ora è il tempo di agire», «e se no lo si farà le conseguenze potrebbero essere gravi». A rispondere ad Almunia è stato il segretario confederale della Uil Domenico Proietti. «L'Italia ha fatto nel 1995 con il sostegno delle forze sociali, la riforma delle pensioni presa, poi, ad esempio da molti paesi europei». Ma non è finita qui, perché Almunia ha anche parlato del tesoretto, di quei 54 miliardi di extragettito fiscale che tutti i paesi europei si ritrovano in cassa in questi mesi. Ecco dunque che i governi devono evitare il rischio del deficit «con delle politiche adeguate», e facendo in modo di evitare «la tentazione di spendere di più per spingere i consumi». Alla conferenza di Bruxelles è intervenuto anche il vicedirettore dell'Fmi John Lipsky, che ha posto l'accento sulla necessità di «rendere più flessibilie e competitivo il mercato del lavoro in Europa». Il tema è quello della flexicurity. Per la prossima settimana è previsto il voto presso la commissione Lavoro del Parlamento europeo sul Libro verde della Commisione europea.