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Liberazione: Il vasto mondo della scuola chiede una società più colta e laica

di Loredana Fraleone

16/01/2007
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Liberazione

Forse l'assidua frequentazione di scuole paritarie ed il solido legame con settori rilevanti della formazione professionale stanno facendo perdere al ministro Fioroni il senso di una realtà più complessa e vasta. Per la verità, le scuole paritarie fanno registrare una certa crescita, pompate come sono da finanziamenti di tutte le risme, ma la loro entità, rispetto a quelle statali, rimane tutto sommato marginale. E' anche vero che le risorse destinate alla formazione professionale, in rapporto a quelle della scuola, sono percentualmente più elevate.
Tuttavia le iscrizioni di ragazze e ragazzi, che escono dalla terza media, continuano a riversarsi in massa nel sistema dell'istruzione.
Alla luce di questi dati, c'è da rilevare che, rispetto all'accesso all'istruzione, due cose non hanno " bevuto" gli italiani in questi anni d'egemonia liberista.
La prima è quella che, anche rispetto alle istituzioni scolastiche, il privato sarebbe migliore del pubblico; la seconda è che una formazione finalizzata ad un precoce ingresso nel mondo del lavoro possa misurarsi davvero con un modello di sviluppo adeguato ad un Paese come l'Italia.
L'idea che persino una sfida sul terreno economico richieda conoscenza più alta e diffusa sta entrando nel senso comune, ma non sembra raggiungere alcuni settori del governo Prodi.
Rispondere ad interessi particolari non consente quasi mai di poter affrontare una prospettiva di lungo e, persino medio, periodo. Non siamo in piena crisi della cosiddetta delocalizzazione e del ritorno a "casa" delle imprese che fanno capo ai settori trainanti della nostra economia?
Il modello di scuola " berlinguer- morattiano", prima che da forze politiche e sociali "estremiste", più che da docenti " agitatori politici", come continuano a definirli Berlusconi e i suoi accoliti, è battuto dalla Storia, dal presente e dal futuro.
Se c'è un ritardo che può diventare drammatico, da parte di questo governo, è proprio rappresentato dalla difficoltà di misurarsi con le domande che pone la società della conoscenza.
Si pensi, oltre al riferimento che fanno ormai a questa anche i settori più intelligenti dell'imprenditoria, al bisogno crescente di controllo sociale sulla scienza, specialmente in campo ambientale e genetico.
Il persistere di una sottovalutazione della domanda di conoscenza sarebbe come " scherzare col fuoco", non solo perché i soggetti sempre più numerosi che vi fanno riferimento sono i naturali e più consistenti elettori di uno schieramento progressista, ma anche perché l'Unione non offrirebbe alcuna prospettiva credibile, rimanendo ancorata ad una politica fallimentare, perché priva di qualsiasi possibilità di sviluppo. Da questo punto di vista, le responsabilità che si va assumendo il ministro della Pubblica istruzione cominciano ad essere molto pesanti.
Le parole che vengono pronunciate sono diverse e contraddittorie, ma i fatti parlano chiaro, come nell'ultima circolare per le iscrizioni al prossimo anno scolastico, che lascia sostanzialmente la scuola di base nelle spire della riforma Moratti e prefigura un elevamento a sedici anni di un obbligo scolastico e/o formativo, in una sorta di continuismo con tutto ciò che il programma dell'Unione si è impegnato a cancellare. Di questo passo saremo costretti a richiamarci al programma anche per chiedere l'abrogazione di qualche provvedimento del ministro Fioroni, facendo riferimento a quel sudatissimo punto in cui si afferma che " verranno abrogate le norme vigenti in contrasto con il programma dell'Unione".
Non vorremmo certo arrivare a tanto, nel senso che non gioverebbe alla scuola, oltre che al governo Prodi, un tale ritorno al passato.
Di questo dovrebbe convincersi, per primo, il ministro, che, nel frattempo, straparla in occasioni pubbliche e private, arrivando, come a Caserta, a prefigurare una scuola azienda, gestita da consigli di amministrazione ed altre amenità in funzione di una commistione sempre più stretta tra pubblico e privato.
Non siamo così ingenui da pensare che Giuseppe Fioroni sia un distratto o un politico sprovveduto, ma piuttosto un astuto comunicatore alla ricerca di consenso da parte di quei settori che intende rappresentare.
Peccato che tra i destinatari non vi sia il vasto mondo della scuola con tutte le sue forme associative e quella intellettualità diffusa, che chiede in varie forme una società più colta e laica. E' anche assai imprudente un atteggiamento di autosufficienza, che non tiene in conto né gli alleati di governo, né le soggettività interessate.
Ben altre individualità ed intelligenze hanno pagato atteggiamenti, che hanno trascurato il consenso di un settore della società, tanto maltrattato quanto decisivo per il quadro politico.
Loredana Fraleone