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Liberazione: L’università sciopera per sopravvivere

Docenti, ricercatori, tecnici e studenti si mobilitano contro una finanziaria assurdamente punitiva e che non dà risposte all’esercito di precari

17/11/2006
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Liberazione

Fabio de Nardis*

Oggi è sciopero generale di tutto il comparto universitario. Lo hanno indetto i sindacati confederali per protestare contro una finanziaria assurdamente punitiva nei confronti del mondo della ricerca e della conoscenza. Docenti, ricercatori, tecnici si mobilitano contro un progetto di ridefinizione dell’università che poco o nulla fa per ridurre i limiti di un paese che investe nei settori della conoscenza meno della Repubblica Ceca e della Slovenia.
L’Unione, che nel suo programma aveva definito università e ricerca come i settori strategici su cui investire per la crescita democratica e civile, oggi fatica a barcamenarsi nelle contraddizioni aperte da una legge finanziaria che penalizza la ricerca e non dà risposte a quell’esercito di quasi 50.000 precari che oggi tengono materialmente in piedi le università italiane a discapito di una ricerca libera da condizionamenti economici e sociali.

La mappa degli universitari-lavoratori, tracciata da una ricerca commissionata per conto dell’Udu e della Flc-Cgil, disegna il quadro drammatico di un sistema universitario in cui circa il 70% dei lavoratori agisce senza un contratto regolare, il più delle volte remunerati meno di 500 euro al mese, mentre solo un misero 8,8% raggiunge la soglia comunque irrisoria dei 1000 euro.

Se è vero ciò che afferma il rettore della Federico II di Napoli - secondo cui la conoscenza è l’arma della democrazia - allora il governo di centrosinistra, che tanto abbiamo sostenuto, sembra aver inspiegabilmente scelto di disarmarla riducendo al minimo i margini di una convivenza civile e democratica entro gli spazi di un sistema della conoscenza pubblico. Prima con il decreto Bersani che prescriveva un taglio di oltre 200 milioni di euro sui consumi intermedi (mense, biblioteche, aule, ecc.), e che grazie a un pronto intervento del ministro Mussi pare possa essere almeno parzialmente scongiurato; poi con una finanziaria che taglia ulteriori risorse, salvo correzioni dell’ultima ora mosse dallo sdegno di Rita Levi Montalcini.

Si prolunga il blocco delle assunzioni a tutto il 2007, vincolandole nei due anni successivi a parametri rigidi che consentirebbero solo a una piccola parte degli attuali lavoratori irregolari di aspirare a un’assunzione a tempo indeterminato. L’importanza della posta in gioco impone a tutte le forze democratiche di questo paese di sostenere la mobilitazione del comparto. Rifondazione Comunista non si tirerà indietro e coerentemente con la sua storia e la sua identità sarà al fianco degli universitari e dei sindacati in questa lotta per la dignità e per una democrazia sostanziale.

Anche l’Unione Europea, verso cui noi siamo stati e siamo tanto critici, prescriveva a tutti i paesi membri di aumentare entro il 2010 il numero dei ricercatori, chiedendo all’Italia addirittura di raddoppiarlo, sottolineando che lo stato di precario mal si addice alla professione di ricercatore perché ne limita la possibilità di estrinsecare tutte le sue potenzialità. Anche l’Unione, d’altronde, nel suo programma poneva il superamento del precariato come uno degli obiettivi prioritari e questa è stata la principale ragione del nostro sostegno a quel programma che oggi va rispettato e applicato.

Se la finanziaria rimarrà immutata ne verranno penalizzati i docenti, che vedono tagliati i fondi per la ricerca, i tecnici e gli amministrativi, a cui non verranno garantiti livelli retributivi dignitosi e che vedranno allontanarsi i tempi di un rinnovo contrattuale, i giovani cervelli in fuga, che vorrebbero smettere di scappare tornando a prestare il loro servizio intellettuale in Italia, e gli studenti, che saranno costretti a studiare in università inadeguate, senza aule, senza proiettori, senza mense, senza borse, privati di quel diritto allo studio prescritto dalla nostra Costituzione repubblicana.

Non è un caso che protestino anche gli studenti nell’ambito della terza giornata mondiale di mobilitazione studentesca decisa ad Atene nel maggio 2006 durante il IV Forum Sociale Europeo. Quella di oggi, dunque, è anche la giornata mondiale dei diritti degli studenti che si oppongono all’idea tanto in voga di una libertà senza democrazia e di un lavoro senza diritti.

In Italia si mobiliteranno gli stessi ragazzi che il 25 ottobre scorso si ribellarono in 100 mila nelle strade di Roma al grido: «Il nostro tempo è qui. E comincia adesso!». Scenderanno per le strade d’Italia con lo stesso spirito degli studenti francesi che la scorsa primavera hanno occupato le università sotto lo slogan di “Resistenti alla precarietà”. Qui c’è il filo rosso che lega studenti e lavoratori, universitari e non. E’ la lotta per una vita degna di essere vissuta, contro la natura corrosiva della precarietà del lavoro e delle esistenze.

Il Partito della Rifondazione Comunista, con i movimenti, con i lavoratori, con i migranti, ha fotografato da tempo questa realtà e l’ha fatta propria. Oggi la lotta alla precarietà è la nostra ragione d’essere e la porteremo avanti ovunque, nelle piazze e nel governo, consapevoli di avere alle spalle il sostegno di un intero mondo.

*Dipartimento Università
e Ricerca Prc