Iscriviti alla FLC CGIL

Home » Rassegna stampa » Rassegna stampa nazionale » Liberazione-Moratti vuole cancellare la figura del ricercatore

Liberazione-Moratti vuole cancellare la figura del ricercatore

L'Italia dice addio alla ricerca. La ministra pensa di affidarla ai precari con contratti a tempo determinato. Oggi la protesta di professori e studenti davanti al Senato, mentre in aula si discuterà...

28/09/2005
Decrease text size Increase text size
Liberazione

L'Italia dice addio alla ricerca. La ministra pensa di affidarla ai precari con contratti a tempo determinato. Oggi la protesta di professori e studenti davanti al Senato, mentre in aula si discuterà il maxi emendamento
Moratti vuole cancellare la figura del ricercatore
Laura Eduati
E'in discussione in questi giorni al Senato un disegno di legge che annulla di colpo il ruolo di ricercatore universitario.
Anzi: in verità continueranno a esistere i ricercatori, ma a loro non verrà più offerto un contratto a tempo indeterminato - che oggi è l'anticamera naturale per una una cattedra universitaria. Peggio: la ricerca verrà affidata ai ricercatori precari, esercito che lavorerà a contratto a tempo determinato per anni e anni, in atenei diversi e con diverse forme di parasubordinazione, senza un reale controllo sulla materia della loro ricerca. Sperando, un giorno, di vincere il concorso e diventare professori.

Stiamo parlando del ddl presentato dalla ministra dell'Istruzione Letizia Moratti e dal ministro delle Finanze Giulio Tremonti, approvato dalla Camera il 15 giugno scorso.

Il disegno di legge ha gettato nel panico migliaia di ricercatori universitari: rischiano la precarizzazione cronica. Ma rischia anche tutto il Paese: "Il futuro della ricerca in Italia sarà gravemente compromesso con l'unica motivazione dei tagli all'istruzione universitaria pubblica". Corollario: "Vogliono ammazzare l'Università pubblica".

Ecco perchè questa mattina docenti da tutta Italia (ricercatori, professori, dottorandi, anche studenti) si sono dati appuntamento davanti al Senato per protestare, mentre nell'aula Moratti proporrà un maxi-emendamento di sotituzione dell'intero testo, ancora ignoto. "Protestiamo da quasi due anni, e siamo esausti", confessa Marco Merafina, il coordinatore nazionale dei ricercatori universitari, davanti al rettorato della Sapienza ieri per un sit-in simbolico contro il disegno di legge. Merafina denuncia anche la violazione dell'iter legislativo: il ddl si trovava al vaglio della commissione Cultura del Senato, quando, senza motivo apparente, il presidente Marcello Pera ha accettato di inserirlo all'ordine del giorno. Senza tener conto dei vari emendamenti presentati dalla Commissione. "E' stato chiaramente il governo a dare indicazioni: la Moratti vuole far approvare il decreto entro la fine di ottobre". Perché? "E' chiaro: vuole candidarsi a sindaco di Milano e si presenterà con un'altra riforma nel sacco, dopo quella delle scuole primarie e secondarie".

Oggi i ricercatori di ruolo in Italia sono 21mila. Se verrà approvata la riforma Moratti tenteranno di diventare professori oppure, se non ce la faranno, andranno in pensione da ricercatori - perhé l'età media di molti ricercatori in Italia sfiora i 50 anni. Fino a che non esisteranno più.

I 55mila ricercatori precari, invece, si barcameneranno tra un contratto e l'altro. E in moltissimi getteranno la spugna, sperando di riciclarsi in altre attività professionali. Con quale ripercussioni sul mondo della ricerca italiana? "Disastrose", assicura Alessandro Panconesi, docente di informatica all'Università La Sapienza di Roma. Ieri, al sit in, c'era anche lui. "Perché questo non è il solito problema dei lavoratori precari, questo è un problema per tutto il Paese, e per il futuro della sua economia. Così si distrugge la ricerca. E non è vero che andiamo verso un sistema americano. L'America investe fior di quattrini nelle sperimentazioni e per i propri studiosi". Non è un caso che i cervelli in fuga italiani spesso si rifugino nei laboratori statunitensi. E magari prendano il premio Nobel.

E' soprattutto il settore scientifico a mobilitarsi contro la legge: fisici, medici, matematici, informatici. Dicono che l'Italia non può perdere il treno della competitività proprio ora, con la globalizzazione. "Lo Stato ha speso molto per crescere i suoi studiosi, e ora li costringe a emigrare", conclude Merafina. "All'estero siamo riconosciuti e apprezzati. Ma qui? Qui la ricerca passerà da investimento a capitolo di spesa".